PieroNuciari https://www.pieronuciari.it/wp/ Controlli commerciali e igienico annonari - novità legislative e pratica operativa Wed, 13 Mar 2024 08:42:54 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.3 Ed anche l’obbligo di esposizione dei prezzi medi dei carburanti è finito definitivamente in soffitta! https://www.pieronuciari.it/wp/ed-anche-lobbligo-di-esposizione-dei-prezzi-medi-dei-carburanti-e-finito-definitivamente-in-soffitta/ Tue, 05 Mar 2024 11:32:40 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4420 Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con Sentenza n. 1806 del 23 Febbraio 2024 ha messo una pietra tombale sulla

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Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con Sentenza n. 1806 del 23 Febbraio 2024 ha messo una pietra tombale sulla vicenda stabilendo che l’obbligo di esporre cartelli con il prezzo medio su base regionale, sia settimanalmente che quotidianamente è “un onere di pubblicizzazione obiettivamente sproporzionato rispetto al fine perseguito gravemente ingiusto a danno di operatori che agiscono in regime di libera concorrenza e che già sono sottoposti ad un dovere di informativa completa presso il punto vendita che non dà alcun concreto vantaggio né informazione utile all’homo oeconomicus».

In questo modo il Consiglio di Stato ha dichiarato l’illegittimità della previsione contenuta nell’articolo 7 del decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy del 31 marzo 2023, recante “Modalità dell’obbligo di comunicazione dei prezzi praticati dagli esercenti l’attività di vendita al pubblico di carburante per autotrazione”.

Come si ricorderà, il Governo Meloni, aveva previsto per i distributori di carburante l’obbligo di esporre “con adeguata evidenza” un cartellone riportante i prezzi medi, relativi alle tipologie di carburanti disponibili presso il punto vendita, assicurando l’aggiornamento con frequenza giornaliera.
Successivamente, due Federazioni e alcune imprese avevano presentato un ricorso al Tar Lazio che aveva dato loro ragione.
Tale sentenza, tuttavia, fu oggetto di ricorso al Consiglio di Stato da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Con la sentenza del 24 febbraio 2024, il Consiglio di Stato ha messo una pietra tombale sull’argomento.

ATTENZIONE al nuovo sistema sanzionatorio previsto dal  DECRETO-LEGGE 14 gennaio 2023, n. 5

Nonostante la dichiarata illegittimità dell’articolo 7 del Decreto 31 Marzo 2023, il sistema sanzionatorio previsto dalla norma resta in piedi e  si applica anche in caso di:
– violazione delle altre disposizioni in materia di pubblicità dei prezzi dei carburanti di cui all’articolo 15, comma 5, del D.Lgs. n. 206/2005;
– di omessa comunicazione dei prezzi praticati nei singoli impianti di distribuzione ai sensi dell’articolo 51, comma 1 della legge n. 99/2009;
– applicazione di un prezzo superiore a quello comunicato.

L’autorità competente diventa il Prefetto e i proventi  vanno allo Stato.

Non si applicano più, quindi, in caso di violazione degli obblighi di comunicazione dei prezzi praticati e di trasparenza della cartellonistica le sanzioni pecuniarie da 516 a 3.098 euro previste dall’articolo 22, comma 3, del D.Lgs. n. 114/1998, a cui rinviavano le disposizioni in materia.

L’articolo 1, comma 6, del DECRETO-LEGGE 14 gennaio 2023, n. 5 ha infatti modificato l’articolo 17, comma 1, del codice del consumo di cui al D.Lgs. n. 206/2005, per coordinarne il testo alle nuove disposizioni sanzionatorie contenute al precedente comma  4.

Il citato articolo 17, infatti, prevede che “Fatto salvo quanto previsto dalla disciplina di settore per la violazione dell’articolo 15, comma 5 (*),” chiunque ometta di indicare il prezzo per unità di misura o non lo indichi in violazione del codice del consumo sia soggetto alla sanzione da 516 a 3.098 euro prevista dall’articolo 22, comma 3 del D.Lgs. n. 114/1998, di riforma della disciplina relativa al settore del commercio.

(*)5. I prezzi dei prodotti petroliferi per uso di autotrazione, esposti e pubblicizzati presso gli impianti automatici di distribuzione dei carburanti, devono essere esclusivamente quelli effettivamente praticati ai consumatori. È fatto obbligo di esporre in modo visibile dalla carreggiata stradale i prezzi praticati al consumo

La modifica in commento fa salvo quanto previsto dalla disciplina di settore, per i casi di violazione delle disposizioni che impongono l’esposizione del prezzo dei prodotti petroliferi praticato presso gli impianti automatici di distribuzione dei carburanti. Conseguentemente, come sopra evidenziato, in caso di violazione degli obblighi di pubblicità dei prezzi dei carburanti, si applicherà, la sanzione da 200 a 2.000 euro prevista al comma 4 dell’articolo in commento.

Piero Nuciari

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Morti improvvise. Forse hanno trovato la soluzione ma i media la tengono nascosta. https://www.pieronuciari.it/wp/morti-improvvise-forse-hanno-trovato-la-soluzione-ma-i-media-la-tengono-nascosta/ Tue, 09 Jan 2024 19:01:20 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4397 Chi frequenta i social non avrà potuto non notare i bollettini di guerra quotidiani relativi a persone, spesso giovani, che

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Chi frequenta i social non avrà potuto non notare i bollettini di guerra quotidiani relativi a persone, spesso giovani, che muoiono improvvisamente.  Bambini che muoiono di infarto, ischemia, atleti che si schiantano durante le gare o le partite di calcio, medici, forze dell’ordine, soldati, persone piene di salute che all’improvviso muoiono di infarto, ictus  o hanno gravi problemi cardiaci.
Solo uno stupido non riuscirebbe a collegare queste morti al vaccino!

Sul fronte Giudiziario è calma piatta! La nostra Magistratura si è attivata prontamente contro la Ferragni e i suoi panettoni ma sulle morti improvvise le Procure nazionali che hanno aperto un’inchiesta si contano sul palmo di una mano.
Sembra che il problema non le riguardi, anche se risulta che siano morti improvvisamente anche diversi magistrati.
Il popolo italico è ormai diventato un gregge di agnelli sacrificali, in fila disciplinatamente all’ingresso del mattatoio!

Sul fronte politico sta venendo lentamente a galla la verità: i nostri politici che tanto hanno spronato i cittadini a vaccinarsi, arrivando addirittura al ricatto del lavoro, in altissima percentuale non si sono vaccinati, evidentemente perché erano a conoscenza degli eventi avversi.

Vi ricordate Zaia e di come nelle interviste minacciava chi non si voleva vaccinare?
Bene. Lui non si è vaccinato, dice per scelta!
Ed ha avuto pure la faccia tosta di dirlo in pubblico!
Facebook
In sintesi, tutti fanno finta di nulla per esorcizzare quello che potrebbe accadere.
Ma si può vivere così?

Si può vivere “sperando che a me non tocca” oppure è il caso di adottare contromisure per rimettere le cose a posto o quantomeno per limitare i danni?
Io penso che la seconda ipotesi sia la migliore!

Purtroppo gli ultimi due anni abbiamo tutti sperimentato che non si può più contare sulla classe medica, tenuta “per le palle” dall’Ordine dei Medici,  che anziché fare gli interessi della categoria (vero motivo per il quale esiste!), sembra che stia li per mettere sistematicamente i bastoni tra le ruote di coloro che vogliono rispettare il giuramento di Ippocrate, sospendendo o addirittura radiando chi prova a fare il proprio dovere!

Sempre negli ultimi anni abbiamo visto la Stampa asservita al potere, fare da grancassa al sacro siero spandendo terrore in tutte le forme dimostrando di essere anche questa al soldo di chi comanda.
Un tempo esisteva il reato di procurato allarme, ma in questi due anni, sembra che alle Procure non interessi più!  In pratica, leggendo i fatti, è un reato che è stato tacitamente soppresso!

Ma allora, visto che non ci si può più fidare di nessuno, cosa fare per tutelare la salute?
Penso che l’unica soluzione sia quella di informarsi su canali alternativi.
Telegram è uno di questi visto che non vi è censura.
TikTok, nonostante che lo considero un servizio dove circolano video di dementi, ultimamente sta pubblicando video di medici cosiddetti “alternativi” che incuranti delle minacce, stanno cercando di aiutare i danneggiati da vaccino e le persone che si sono vaccinate o per paura o perché costrette dal ricatto del Governo di perdere il posto di lavoro.

In questo articolo farò una sintesi di quello che è stato scoperto e che si può fare per eliminare/limitare i danni reali o potenziali da vaccino.

Per prima cosa dovete controllare il D-Dimero.
E’ un esame del sangue che costa circa 20 euro e che vi consente di vedere se il vostro sangue si sta addensando.
Quando si parla di D-Dimero, ci si riferisce a un frammento proteico (di fibrina), risultato della naturale degradazione dei coaguli presenti nel nostro organismo.
Il valore massimo è 500. Purtroppo se si addensa il sangue la persona  non ha sintomi e se ne accorge alla fine quando sopraggiungono infarti o altro. Il d-Dimero è un ottimo campanello di allarme e soprattutto se si è vaccinati, andrebbe monitorato mensilmente per  minimo un anno.

Pensate a tutti gli incidenti di autisti di pullman avvenuti negli ultimi mesi. Tanti!
Se le loro aziende, che in alcuni casi li hanno obbligati a vaccinarsi commettendo tra l’altro il reato di violenza privata ed estorsione (anche questi reati  – chissà perché –  non vengono visti dalle Procure italiane!), si facessero carico attraverso la medicina del lavoro, di monitorarli mensilmente facendo magari solo questo esame del sangue, salverebbero loro la vita e quella dei trasportati!
In sintesi si gioca di anticipo!

Ma i nostri politici e le grandi menti mediche italiane non sono ancora arrivati a capirlo!
Tempo fa  due persone mi dissero che una lo aveva (il D-dimero) a 8000 e l’altra a 7000.
Se non avessero fatto nulla si sarebbero aggiunte al lungo elenco di deceduti per malori improvvisi.

Invece sono andate dai rispettivi medici che hanno prescritto farmaci anticoagulanti e ora stanno bene.
Tenete conto che qualsiasi medico è in grado di rimettere a posto i valori!
Quindi se lo troverete alto, dovrete solo andare dal vostro medico di famiglia e farvi prescrivere gli anticoagulanti.

Altri esami importanti sono il fibrinogeno , l’omocisteina e la PCR.

Il test del fibrinogeno è un indicatore utile sia per:  valutare la presenza di processi flogistici (infiammatori); determinare un possibile disordine della coagulazione, con episodi di difetto o di eccesso di questo fattore della coagulazione; determinare possibili rischi cardiocircolatori.

L’esame dell’omocisteina è importante perché valori elevati di questo aminoacido (iperomocisteinemia) sono stati messi in relazione ad un aumento del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari anche gravi, quali arteriosclerosi, embolia, infarto del miocardio, ictus cerebrale e trombosi.

L’esame della Proteina C Reattiva serve invece a valutare la presenza di un’infiammazione organica.

Sono esami del sangue che se alti oppure se superiori al limite massimo, evidenziano un’infiammazione in corso.

E’ ormai assodato da un paio di anni che nei vaccini, o meglio, nel diluente dei  vaccini era presente il grafene, sostanza non dichiarata nel bugiardino dei sacri sieri.
Il grafene ha la capacità di danneggiare il tessuto endoteliale delle arterie oltre a creare danni in alcune parti dell’organismo.
Il grafene è paragonabile a una limatura di ferro che gira liberamente dentro i vasi sanguigni creando, con lo sfregamento, infiammazione.

Questo è stato accertato dai medici e biologi del gruppo spagnolo “La quinta colomna”.  In seguito l’informazione venne data in Italia dal Biologo Domenico Biscardi.

La buona notizia è che può essere eliminato dall’organismo umano.
I medici de “La quinta columna” trovarono e resero poi nota la soluzione al problema. Scoprirono infatti che il grafene si degrada nell’organismo assumendo ogni giorno, per  cinque sei mesi, 600 mg di NAC  (N-acetilcisteina) che, peraltro è facilmente reperibile su Amazon o in farmacia (Fluimucil).
Questa informazione è stata confermata in Italia dalla Dottoressa Bolgan e dal Dottor CItro.

Altro problema non di poco conto causato dal vaccino è la famosa proteina spike.
Di seguito si riporta una breve descrizione prelevata da un’intervista al Dottor  Mauro Mantovani, immunologo: [omissis] “I ricercatori di Harvard e del MIT (Massachusetts Institute of Technology) hanno individuato la presenza persistente ad alti livelli della proteina Spike libera nel plasma che risulta essere all’origine delle rare miocarditi finora osservate nella fascia d’età compresa fra 12 e 21 anni in seguito alla vaccinazione anti Covid-19 con i vaccini a Rna messaggero (mRna). Non tragga in inganno l’aggettivo “rare”. È la solita foglia di fico messa per anestetizzare le coscienze.” [omissis]

Nota: l’intervista completa è possibile visualizzarla a questo Link: «Vaccino, la protezione è a zero, ma la spike fa danni» – La Nuova Bussola Quotidiana (lanuovabq.it)

E ancora (Sempre il Dottor Mantovani in un’altra intervista:
“Effetti avversi, imputata una spike modificata e resistente

«Dietro gli eventi avversi da vaccino c’è una spike diversa da quella virale, che non c’è in natura ma è più resistente. E rimane nel sangue anche dopo 10 mesi. Così il sistema immunitario continua a produrre anticorpi per un’immunizzazione non neutralizzante, ma che provoca gli eventi avversi». Il bioimmunologo Mauro Mantovani svela alla Bussola la sua scoperta che sarà pubblicata in ottobre: «Secondo i produttori doveva rimanere in corpo massimo 9 giorni, ora la scienza deve spiegare perché la spike da vaccino resta così tanto tempo».
Fonte: Effetti avversi, imputata una spike modificata e resistente – La Nuova Bussola Quotidiana (lanuovabq.it)

Per farla breve, tra i danni più importanti causati da questa proteina, vi è l’abbassamento delle difese immunitarie.  Conosco persone vaccinate che questo inverno si sono ammalate già tre-quattro volte!

Come fare per rimediare?
La buona notizia è che ormai hanno trovato le sostanze naturali in grado di limitare (se non azzerare!) i danni della Spike!
Sono sostanze semplici, acquistabili anche su Amazon e che costano addirittura poco!
Il problema è che queste informazioni vengono censurate sistematicamente dai media servi delle multinazionali farmaceutiche e della politica.
Informazioni del genere, che possono salvare vite, dovrebbero essere stampate a caratteri cubitali su tutti i giornali (visto che vengono finanziati dal Governo con i nostri soldi!). Dovrebbero essere la prima notizia data dai telegiornali (che invece parlano esclusivamente della Ferragni e del suo panettone! Sic!)!
E invece nulla!

Sui social, ad eccezione di Telegram e TikTok, vengono sistematicamente censurate dai fact checkers di Mentana, che dall’alto del suo diploma di scuola media superiore (non è nemmeno laureato!) si arroga il diritto di censurare gli studi e le scoperte di eminenti scienziati!
Uno di questi, un cardiologo- epidemiologo americano di fama mondiale, il Dr. Peter MCCULLOUGH,  ha scoperto che si può contrastare gli effetti della proteina Spike, degradandola,  assumendo giornalmente : nattochinasi (2000 unità al giorno), bromelina ( 500 mg al giorno), curcumina liposomiale (500 mg due volte al giorno).
Nota: la versione liposomiale serve per un migliore  l’assorbimento della sostanza.

Questo il link su TikTok : Cerca ‘proteina spike MCCULLOUGH’ su TikTok | Ricerca TikTok
Questo il link su facebook con i sottotitoli in Italiano : Facebook
Naturalmente in Italia nessuno ne ha parlato!
I media perché altrimenti perderebbero i finanziamenti statali e quelli delle multinazionali, i medici per paura del loro Ordine!

Questa signori è l’Italia, un tempo Patria della Democrazia ed ora, a causa dei politici al soldo dei potenti, una dittatura mascherata da Repubblica democratica dove la vita dei cittadini non conta più nulla!

Un’ultima cosa relativa alle difese immunitarie.
In questi due anni ho letto tantissime interviste dei pochi medici “alternativi” che curavano (e curano) persone con eventi avversi da vaccino.
Praticamente tutti evidenziavano le difese immunitarie a terra, come se il sistema immunitario fosse andato in stand by!
Tutti i vaccinati avevano una Vitamina D3 bassa. Molto bassa.
Non ho potuto non notarlo!
Se siete vaccinati, provate a fare l’esame del sangue; vedrete che anche voi l’avete bassa.

E’ fondamentale alzarla e, se possibile, velocemente.
Sui social ci sono dei medici esperti di questa sostanza: il Dottor Orlandini di Firenze, il Dottor Citro, il Dottor Prinzi e il Dottor Claudio Sauro.
Tutti sfatano la leggenda metropolitana che una D3 alta è pericolosa perché calcificherebbe le arterie.

A mio avviso i medici che sostengono questa tesi dovrebbero studiare un pelettino prima di pronunciare queste “minchiate”!

Visto che la medicina ortomolecolare non si studia all’università di medicina, evidentemente parlano per sentito dire di una cosa che non conoscono.

Personalmente io e la mia famiglia da circa 8-10 anni teniamo la D3 attorno al valore 160.
Il Dottor Citro, in una intervista in TV ha dichiarato di tenerla addirittura a 300!
Sotto covid andai a casa di un collega al quale era deceduto il padre e per circa un’ora parlai con lui a una distanza di ½ metro e senza mascherina. Il collega il giorno dopo si ammalò di covid, io niente!
E potrei portare tanti esempi di gente che ha valori alti di D3 e che non si ammala!

Quindi, come dicono i medici sopra elencati, provate a portarla oltre 100. Per farlo velocemente, il Dottor Claudio Sauro, uno dei medici che seguo e che stimo di più, consigliava ai suoi pazienti oncologici in un suo protocollo, di acquistare una confezione di vitamina D3 in fiale da 100.000 ui (DBase). Ne sono sei.
Si prende una fiala (anche se è iniettabile si può mangiare) si versa il contenuto su una mollica di pane, si aggiunge un cucchiaino di olio di oliva e si mangia una volta al giorno.
Se si è fortunati al sesto giorno di può arrivare a valori attorno a 50-60. Dopo di che, seguendo il consiglio del Dottor Orlandini, si acquista in farmacia Olea D3 Plus e si assumono 5 gocce al di (circa 10000 ui di D3 che è la dose fisiologica che il nostro organismo produce in estate nelle ore più calde se si è esposti al sole).

Se uno invece vuole superare il valore di 100, acquista due confezioni di fiale di dbase da 100.000 ui.
Se non si ha dimestichezza con le fiale, un’alternativa è acquistare in farmacia  Olea D3 Plus e assumere 50 gocce al di che corrispondono a 100.000 ui (lo stesso valore della fiala di DBase). Questo per sei-sette giorni e poi passare a cinque gocce al giorno.
Pericoli non ce ne sono come, dichiarato e provato dagli esperti che ho elencato.
Addirittura una prova che non è pericoloso l’ho pubblicata su un libro che ho scritto qualche anno fa e che aggiorno di continuo “Come sono riuscito a guarire il cuore dopo un infarto e tornare a vivere una vita perfettamente normale” dove mostro il risultato della mia angiotac dove si vede chiaramente che non ho la minima traccia di calcio nelle arterie cardiache dopo quasi un decennio in cui mantengo la d3 attorno al valore di 160.

Se ritenete importante quanto ho scritto, vi chiedo la cortesia di condividerlo dove potete. Più condivisioni verranno fatte e più possibilità avremo di SALVARE VITE!
Penso che sia un dovere di tutti aiutare il prossimo in questo momento difficile della nostra Nazione.
Dobbiamo aiutarci da soli visto che “Loro” non ci aiuteranno!
Con il periodo Covid la nostra società ha raschiato il fondo ed ora, inevitabilmente, si dovrà risalire.
La solidarietà tra individui dovrà essere la nuova base della nostra nazione!
SALVIAMO VITE! Cerchiamo di fermare questa mattanza di Stato!

Piero Nuciari

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La farina di grillo entra ufficialmente negli alimenti italiani https://www.pieronuciari.it/wp/la-farina-di-grillo-entra-ufficialmente-negli-alimenti-italiani/ Tue, 02 Jan 2024 17:57:54 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4375 Nell’ultimo anno i politici capitanati dalla Meloni hanno gridato ai quattro venti che prima vengono gli italiani, le loro famiglie

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Nell’ultimo anno i politici capitanati dalla Meloni hanno gridato ai quattro venti che prima vengono gli italiani, le loro famiglie e che il loro obiettivo era quello di curare gli interessi economici del nostro Paese.
In questo ultimo anno, tutti ormai hanno notato una qualità della Meloni, ovvero la coerenza.
Infatti non ha mantenuto nemmeno una delle promesse fatte in campagna elettorale. Nemmeno Una!
Siamo passati dal regalare 74 miliardi di euro (per la verità insieme a Draghi!) agli ucraini per le armi a tassare i pannolini e, addirittura, i seggiolini per le auto portando l’IVA dal 5% al 22%!
La sorpresa di Capodanno ha però superato ogni aspettativa: sulla Gazzetta Ufficiale del 29 Dicembre hanno pubblicato la norma (sarebbe il caso di dire “le norme” visto che per ogni insetto hanno redatto un decreto) che autorizza in Italia l’uso della farina dei seguenti insetti:  grillo (Acheta domesticus), larve di Tenebrio molitor (larva della farina), Locusta migratoria,  larve di Alphitobius diaperinus (verme della farina minore).
Non si è preferito aspettare, come avrebbe voluto il buon senso,  che fosse risolta la problematica relativa alla sicurezza di queste farine sorta in fase di approvazione del regolamento Europeo; il nostro Governo ha scelto la via più breve come se la sicurezza e la salute dei cittadini valesse di meno rispetto al business che gira attorno a queste farine provenienti in prevalenza dai paesi asiatici.

Ne avevo già parlato in un precedente articolo del  10 gennaio scorso. Un articolo che ha suscitato parecchio interesse visto che lo hanno letto 38.775 persone!

Come si ricorderà, il 3 gennaio 2023 l’UE aveva autorizzato l’entrata e l’immissione in commercio di polvere parzialmente sgrassata di grilli domestici  (Acheta domesticus) e degli altri insetti da inserire nei cibi.

Il via libera era stato previsto dal Regolamento di esecuzione Ue 2023/5 della Commissione del 3 gennaio 2023, pubblicato previo parere favorevole dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) richiesto da Bruxelles a luglio 2020.

La commercializzazione di insetti a scopo alimentare è resa possibile in Europa dall’entrata in vigore dal primo gennaio 2018 del regolamento Ue sui “novel food”, che permette di riconoscere gli insetti interi sia come nuovi alimenti che come prodotti tradizionali da Paesi terzi.  Al momento la Ue ha già autorizzato per la vendita, come cibo da portare in tavola, oltre ai grilli domestici (Acheta domesticus), la larva gialla della farina (Tenebrio molitor) e la Locusta migratoria.

La farina di carcassa di grillo, è scritto nel regolamento, potrà essere usata nei seguenti alimenti:

nel pane e nei panini multicereali, nei cracker e nei grissini, nelle barrette ai cereali, nelle premiscele secche per prodotti da forno, nei biscotti, nei prodotti secchi a base di pasta farcita e non farcita, nelle salse, nei prodotti trasformati a base di patate, nei piatti a base di leguminose e di verdure, nella pizza, nei prodotti a base di pasta, nel siero di latte in polvere, nei prodotti sostitutivi della carne, nelle minestre e nelle minestre concentrate o in polvere, negli snack a base di farina di granturco, nelle bevande tipo birra, nei prodotti a base di cioccolato, nella frutta a guscio e nei semi oleosi, negli snack diversi dalle patatine e nei preparati a base di carne, destinati alla popolazione in generale.

Il primo problema: il pericolo allergie

Al punto 8 della prefazione al regolamento, viene candidamente riportato che tale farina potrebbe creare allergie.

Viene infatti scritto: “Sulla base delle limitate prove pubblicate sulle allergie alimentari connesse agli insetti in generale, che collegavano in modo ambiguo il consumo di Acheta domesticus a una serie di episodi di anafilassi, e sulla base di prove che dimostrano che Acheta domesticus contiene una serie di proteine potenzialmente allergeniche, nel suo parere l’Autorità ha concluso che il consumo di questo nuovo alimento può provocare una sensibilizzazione alle proteine di Acheta domesticus. L’Autorità ha raccomandato di svolgere ulteriori ricerche sull’allergenicità di Acheta domesticus.”

E ancora al punto 9:

“Per dare seguito alla raccomandazione dell’Autorità la Commissione sta attualmente esaminando le modalità per svolgere le ricerche necessarie sull’allergenicità di Acheta domesticus. Fino a quando l’Autorità non avrà valutato i dati generati nell’ambito della ricerca e in considerazione del fatto che, ad oggi, non vi sono prove conclusive che colleghino direttamente il consumo di Acheta domesticus a casi di sensibilizzazione primaria e allergie, la Commissione ritiene che non sia opportuno includere nell’elenco dell’Unione dei nuovi alimenti autorizzati alcun requisito specifico in materia di etichettatura relativo alla possibilità che Acheta domesticus causi una sensibilizzazione primaria”

L’incongruenza…

Dopo aver letto il punto 9, è impossibile non notare che il punto 10 dice esattamente il contrario di quanto riportato al punto precedente:

Punto 10:

“Nel suo parere l’Autorità ha inoltre rilevato che il consumo di polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico) può provocare reazioni allergiche nelle persone allergiche ai crostacei, ai molluschi e agli acari della polvere. L’Autorità ha inoltre osservato che, se il substrato con cui vengono alimentati gli insetti contiene ulteriori allergeni, questi ultimi possono risultare presenti nel nuovo alimento. È pertanto opportuno che gli alimenti contenenti polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico) siano adeguatamente etichettati conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) 2015/2283.”

I reali pericoli per la salute umana

La polvere di grillo (e degli altri insetti) può provocare reazioni allergiche nei consumatori con allergie note ai crostacei e ai prodotti a base di crostacei, ai molluschi e ai prodotti a base di molluschi e agli acari della polvere.

E’ da evidenziare che gli insetti contengono CHITINA che non può essere digerita dal nostro intestino. Questo nessuno ce lo dice! Ma la chitina è un polisaccaride molto “appetitoso” per cancro, parassiti, funghi e quasi tutto ciò che causa malattie.

Le chitine inoltre contengono anche steroidi metamorfici, specialmente ecdisterone. Questo non è un cibo per mammiferi e quindi, per l’uomo.

Solo gli uccelli possono trattare in sicurezza il cibo costituito da insetti.

Il sistema digerente degli uccelli è completamente diverso da quello dell’uomo.

Esistono poi anche due categorie di insetti tossici: i fanerotossici, le cui tossine vengono attivate nel tratto gastrointestinale e la cui pericolosità per l’uomo è limitata a possibili danni provocati durante il passaggio dalla bocca all’esofago;

e i criptotossici, portatori di sostanze tossiche per l’uomo.

Tra questi vi sono ad esempio alcuni scarafaggi che contengono testosterone, e il cui consumo prolungato nel tempo può provocare, tra gli altri, problemi di fertilità e cancro al fegato.

BATTERI.
Come i pesci, anche gli insetti possono essere contaminati da alcuni patogeni come la salmonella, l’E. coli o il Campylobacter.

Gli insetti ospitano spesso PARASSITI e perciò PESTICIDI e ANTIPARASSITARI, vengono usati come acqua fresca.

Uno studio del 2019 (quindi, recente!) ha stabilito che il 30% degli insetti d’allevamento contengono parassiti dannosi per l’uomo. Lo studio completo descrive ogni parassita che è stato scoperto ed ha notato che sono particolarmente dannosi per l’intestino e i polmoni.

I parassiti sono stati rilevati in 244 (81,33%) su 300 (100%) allevamenti di insetti esaminati. In 206 (68,67%) dei casi, i parassiti individuati erano patogeni solo per gli insetti; in 106 (35,33%) casi, i parassiti erano potenzialmente parassiti per gli animali; e in 91 (30,33%) casi, i parassiti erano potenzialmente patogeni per l’uomo. “

Uno studio del 2017, pubblicato su Pubmed ha stabilito che la chitina presente negli alimenti a base di farine di insetti induce tempesta citochinica proinfiammatoria che può portare a fallimento funzionale multiorgano (asma, dermatite atopica ecc.) e, in condizione persistente, a morte (sclerosi multipla, lupus eritematoso sistemico (LES), cancro, ecc.).

L’elenco dei pericoli reali che non ci dicono

Allergie

Il quadro clinico dell’allergia alimentare può variare da sintomi lievi, come l’orticaria, a reazioni gravi tra cui l’anafilassi, “una grave reazione allergica che è a rapida insorgenza e può causare la morte”.

Rischi microbici

I dati riguardanti la microbiologia degli insetti e il loro potenziale di trasporto di agenti patogeni sono disponibili principalmente in studi che considerano gli insetti come parassiti piuttosto che come animali da reddito. In questi casi, gli insetti sono stati studiati per il loro potenziale di agire come vettori di agenti patogeni di origine alimentare in condizioni di allevamento.

I rischi microbici nell’alimentazione con farina di insetti sono:

Contaminazione da batteri patogeni: gli insetti possono essere contaminati da batteri come Salmonella, Campylobacter, Escherichia coli O157:H7 e Listeria monocytogenes, che possono causare malattie trasmesse da alimenti.
La contaminazione può avvenire durante la raccolta, la lavorazione, lo stoccaggio o il trasporto degli insetti. Per prevenire o ridurre il rischio, è necessario applicare buone pratiche igieniche, controllare le condizioni ambientali e termiche, e sottoporre gli insetti a trattamenti di decontaminazione adeguati.

Contaminazione da funghi e muffe: gli insetti possono essere contaminati da funghi e muffe che producono micotossine, sostanze tossiche per l’uomo e gli animali. Le micotossine possono accumularsi negli insetti se questi si nutrono di substrati contaminati o se vengono conservati in condizioni di umidità e temperatura favorevoli alla crescita fungina. Per prevenire o ridurre il rischio, è necessario selezionare substrati di qualità, evitare la conservazione sottovuoto della farina di insetti, e monitorare la presenza di micotossine negli insetti e nei loro prodotti.

Contaminazione da virus e parassiti: gli insetti possono essere contaminati da virus e parassiti che possono infettare l’uomo o gli animali. Alcuni esempi sono i virus dell’epatite A e E, i parassiti intestinali come i trematodi, i nematodi e i cestodi, e i protozoi come Giardia e Toxoplasma. La contaminazione può avvenire se gli insetti si nutrono di materiale fecale, di animali infetti o di piante ospiti di parassiti.

Rischi chimici

I rischi chimici sono una preoccupazione per il consumo di insetti. Le sostanze tossiche negli insetti possono derivare da diverse origini; possono essere il risultato di contaminazioni da fonti naturali o artificiali oppure possono essere prodotti dal loro stesso metabolismo.

I rischi chimici nell’alimentazione con farina di insetti possono includere:

Contaminazione da metalli pesanti: Gli insetti possono accumulare metalli pesanti se si nutrono di substrati contaminati. Questi metalli possono essere tossici per l’uomo se consumati in quantità eccessive.

Contaminazione da pesticidi: Se gli insetti vengono raccolti in aree agricole dove vengono utilizzati pesticidi, possono accumulare residui di questi composti chimici. Questi residui possono essere dannosi per la salute umana.

Contaminazione da micotossine: Come menzionato in precedenza, gli insetti possono essere contaminati da funghi che producono micotossine se si nutrono di substrati contaminati o se vengono conservati in condizioni favorevoli alla crescita fungina.

Per minimizzare questi rischi, è importante che gli insetti siano allevati in condizioni controllate, alimentati con substrati sicuri e sottoposti a processi di trasformazione adeguati.

Il problema, in questo caso, è proprio dove gli insetti vengono allevati.

In Italia esistono talmente pochi allevamenti di grilli, sicuramente controllati dalle ASL, la cui produzione tra qualche tempo non sarà sicuramente sufficiente per il fabbisogno nazionale.
Conseguentemente le ditte saranno obbligate a rifornirsi in Asia.

E da qui nascono tutti i problemi sopra descritti!
Il Divino Giulio (Andreotti) diceva: pensar male è peccato, ma quasi sempre ci si azzecca!

Attualmente le aziende alimentari italiane stanno acquistando parecchi prodotti alimentari dalla Cina, dove l’inquinamento è a livelli impensabili per noi italiani!
Tutti sicuramente ricorderanno il servizio di Striscia la Notizia relativo ai pomodori coltivati in Cina e irrigati con i liquami fognari delle città.
Quei pomodori li abbiamo mangiati e li mangiamo noi, magari all’interno di bottiglie con etichette di marchi prestigiosi!
Per le farine di insetti, il problema sarà sicuramente lo stesso.

Concretamente…

Sicuramente, non appena la norma pubblicata in gazzetta diventerà esecutiva, inizieranno le pubblicità sui media per tentare di convincere i cittadini che in fondo mangiando prodotti con farina di grillo si aiuta l’ambiente.
Sicuramente ci saranno tanti cittadini curiosi di provare, alimentando in questo modo il mercato.
Troveremo quindi tanti prodotti alimentari italiani con all’interno questo ingrediente. Tanti!
Al di la della “contaminazione” degli alimenti italiani conosciuti in tutto il mondo, come la pizza, ci sarà sicuramente un serio problema per la sicurezza dei consumatori.

Dal punto di vista operativo degli addetti ai controlli, per tutelare nell’immediato la salute dei cittadini, occorreranno controlli serrati delle etichette degli alimenti.
La farina di grillo (e degli altri insetti) dovrà essere evidenziata negli ingredienti in etichetta come un allergene e quindi dovranno essere fatte rispettare le norme relative all’indicazione delle sostanze allergeniche previste dagli artt. 2 e 3 del Decreto 6 Aprile 2023.
In particolare l’etichetta dei prodotti alimentari dovrà contenere nel campo visivo principale la denominazione del nuovo alimento, utilizzando le dizioni « Locusta migratoria congelata», « Locusta migratoria essiccata» o « Locusta migratoria in polvere», a seconda della forma utilizzata.
La stessa  etichetta dovrà indicare che tale ingrediente può provocare reazioni allergiche nei consumatori con allergie note ai crostacei e ai prodotti a base di crostacei, ai molluschi e ai prodotti a base di molluschi e agli acari della polvere. Tale indicazione dovrà essere collocata accanto all’elenco degli ingredienti e riportata secondo quanto previsto dall’art. 21, paragrafo 1, del regolamento (UE) 1169/2011.
I prodotti dovranno essere posti in vendita in comparti separati.
Relativamente alle larve di Alphitobius diaperinus (verme della farina minore), se inserite in integratori, l’etichetta dovrà indicare, nel campo visivo principale, che il prodotto non può essere assunto da minori degli anni 18.

Per ultimo dovrà essere indicata la provenienza dei prodotto.
Si applicano le sanzioni previste dal decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 231.

Piero Nuciari

aggiornamento del 13/03/2024
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PER CHI VUOLE APPROFONDIRE L’ARGOMENTO

Nel video troverete l’intervista fatta da “Servizio Pubblico” di Fmnuovaradioweb.org  Martedì 12 Marzo 2024 alla Dottoressa Simona Lauri, Docente di arte bianca, tecnologa alimentare, giornalista, responsabile della testata giornalistica online Quotidie Magazine.
La Dott.ssa Lauri ha effettuato un imponente studio sulle problematiche delle farine di insetti, degli effetti sull’organismo umano anche in piccole dosi.
Se volete saperne di più, consiglio di guardare il video

 

 

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Decreto 6 Aprile 2023

Alcuni studi e articoli  internazionali sulla pericolosità di queste farine per la salute umana:

La rivoluzione degli insetti commestibili non è per chi soffre di allergie ai crostacei | Ufficio per la Scienza e la Società – McGill University

Nuovi alimenti: un profilo di rischio per il grillo domestico (Acheta domesticus) – – 2018 – EFSA Journal – Wiley Online Library

Effetti del consumo di insetti sulla salute umana: una revisione sistematica degli studi sull’uomo – PMC (nih.gov)

Valutazione dell’allergenicità del grillo commestibile Acheta domesticus in termini di trattamento termico e gastrointestinale e cross-reattività delle IgE con i gamberetti – ScienceDirect

Asma professionale dovuta alla polvere di grillo in un allevatore di grilli | Richiedi PDF (researchgate.net)

Nuovi alimenti: un profilo di rischio per il grillo domestico (Acheta domesticus) – PMC (nih.gov)

Allergia agli insetti (alimentari) e allergeni | Richiedi PDF (researchgate.net)

Non c’è solo cricket – Gennaio 2021 – JCU Australia

Reazione allergica a uno spuntino a base di insetti disponibile in commercio causata dalla tropomiosina del grillo domestico (Acheta domesticus) – Wangorsch – Molecular Nutrition & Food Research – Wiley Online Library

Allergia ai grilli: una recensione (bioone.org)

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La legalità questa sconosciuta https://www.pieronuciari.it/wp/la-legalita-questa-sconosciuta/ Wed, 20 Dec 2023 18:25:52 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4368 Sempre in materia di dolci travestiti da panettoni, pubblico un articolo che mi ha inviato la Dott.ssa Simona Lauri, tecnologa

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Sempre in materia di dolci travestiti da panettoni, pubblico un articolo che mi ha inviato la Dott.ssa Simona Lauri, tecnologa alimentare ed esperta di arte bianca.
Anche lei evidenzia delle problematiche importanti relative a questi dolci che traggono in inganno i consumatori, creati da pasticceri improvvisati che approfittano del periodo natalizio per fare business senza rispettare regole fondamentali per la sicurezza dei consumatori.
Regole non rispettate da loro ma che neanche vengono fatte rispettare dagli addetti ai controlli.
Ringrazio la Dott.ssa lauri per la collaborazione.

Piero Nuciari

“Durante il periodo natalizio i social si riempiono di fotografie di panettoni, pandori, ecc. ,e sembra che non ci sia altro dolce. Fosse facile realizzare un grande lievitato, almeno per chi viene da una scuola di “lievitisti” con la lettera maiuscola come me. Per chi ha la consapevolezza delle problematiche pratiche, per chi impasta l’impasto serale di diversi chili e spera che si “muova” (non è scontato) entro le ore stabilite, per chi spera che tutto vada bene e tira un sospiro solo dopo l’ennesima cotta dell’ennesimo carrello, per chi passa giorni interi a produrre, per chi rispetta la legge per chi… già… per chi!

La prima cosa che mi sento di dire vedendo i tantissimi falsi d’autore è che questo dolce è regolamentato dalla Legge 2005 come già descritto e ribadito in questo articolo https://www.pieronuciari.it/wp/natale-2023-le-sanzioni-per-i-dolci-travestiti-da-panettoni/?fbclid=IwAR2FsVuELdZ5k0wR_PMZNcwh8N6F_IqNIKvN0UrEQkifIHGiKXBmkD8gOP4; peccato però che certe ispezioni (quando le fanno e …non è scontato!) si facciamo solo a Natale e non a Pasqua per le colombe o tutto l’anno quando le produzioni dei panettoni interessano il mese di agosto ecc.

 La denominazione “panettone”, cosi come “pandoro”, “savoiardo”, “colomba”, “amaretto”, “amaretto morbido” è riservata UNICAMENTE, secondo della Legge 2005 aggiornata con DM 16 maggio 2017, a un prodotto realizzato solamente con alcuni specifici ingredienti e in relative %; NON sono pertanto ammessi ingredienti come margarina, olio (comma 3 art7), polvere di uova, ecc.

Rientrano anche nelle frodi i cosiddetti “furbi d’autore” ossia grandi lievitati, realizzati unicamente con biga, pasta di riporto e lievito compresso preparati da improvvisati quanto improbabili pizzaioli, panificatori, chef “ lievitisti” che erogano corsi ad altri professionisti, la maggior parte pizzaioli, senza sapere nulla non solo di produzione ma di legislazione; prodotti non solo soggetti a verbale ma a sequestro oltre all’antieconomica shelf life di due giorni, se va bene.

Eccolo il punto… da ignoranza (senso latino del termine) nasce ignoranza e quindi la consapevolezza che siano dolci facili e che chiunque li possa produrre e vendere; peccato non sia così né in un modo né nell’altro.

Prima di tutto bisogna imparare a gestire una madre che non è come imparare la matematica su un social dove tutti parlano di tutto e il contrario di tutto o dove tutti fanno analisi chimiche quali e quantitative senza strumentazione adeguata ma a occhio, procedere poi con la corretta etichettatura e possedere le autorizzazioni per la vendita.

Il discorso interessa anche e soprattutto il comparto dei “panettoni senza glutine” i quali, secondo art8 bis del DM 17 maggio  2017, possono riportare le denominazioni “ Panettone, pandoro, colomba savoiardo, ecc.” purché conformi al Reg di esecuzione (Ue) 828/2014, pertanto, se si utilizza la denominazione di vendita “Panettone” tali prodotti NON possono essere realizzati con margarina, olio di girasole, lievito fresco ecc.

La scritta “senza glutine” cosi come “con contenuto di glutine molto basso” sono normati dal Reg Ue 828/14 pertanto l’azienda o il locale, nel momento in cui utilizza questa dicitura su un prodotto, garantisce che tale prodotto abbia i requisiti riportati nel Reg UE 828/14. Il logo della SPIGA SBARRATA, invece, è un marchio registrato da AIC e concesso in uso a pagamento dalla stessa AIC  ed indica che il prodotto è “avvallato” (certificazione volontaria di prodotto) , segue cioè un disciplinare, ma non è “certificato”.

Oltre alla spiga sbarrata deve essere riportato il codice prodotto secondo la codifica europea che identifica il Paese dove è stata rilasciata la concessione, i codici numerici dell’operatore e il singolo prodotto.

 Quando è presente la “spiga sbarrata” deve essere sempre riportata  la scritta “senza glutine”. L’eventuale presenza della  SOLA spiga sbarrata di AIC, senza la presenza della scritta “senza glutine”, NON certifica i requisiti legali  del prodotto  in quanto  è unicamente il marchio di un’ Associazione che non ha potere certificatore.

I prodotti per celiaci oltre ad essere obbligatoriamente conformi al Reg Ue 828/14 devono comunque  rispettare la normativa trasversale (Reg  Ue 1169/11 e Reg Ue 116/20) e pertanto soggetti alle stesse sanzioni.

Sempre in un ambito di etichettatura, oltre al D.M.17 maggio 2017, le norme trasversali che regolamentano tale obbligo legislativo sono Reg UE 1169/11 e il D.Lgs. 116/2020. Solo a questo punto una non conformità legale relativa alla sola etichetta è sanzionata dal D. Lgs 231/17, dal D.Lgs. 206/2005 e può essere verbalizzata da Ispettori ICQRF, AGCM e da TUTTE le autorità di controllo e ispezione applicando la procedura prevista dalla Legge 689/81. Quindi, ricapitolando, solo per la corretta etichettatura, occorre rispettare obbligatoriamente due norme europee e una nazionale.

Un altro punto di verifica riguarda l’utilizzo delle indicazioni nutrizionali e sulla salute (claim); possono essere utilizzati solamente le indicazioni nutrizionali riportate nell’allegato del Reg Ce 1924/06 e rigorosamente in italiano se i prodotti sono commercializzati in Italia (art.15 Reg Ue 1169/11). E’ comunque facoltà di replicare l’etichetta in più lingue ma l’italiano è obbligatorio per l’Italia.

Pertanto gli attuali claim, tanto diffusi sui social quanto modaioli, come LOW CARB, HIGH PROTEIN, HI PRO, SLOW CARB cosi come sono scritti e riportati non sono ammessi (decreto sanzionatorio D.Lgs 27/17) per nessun prodotto soprattutto per prodotti dolciari in cui si utilizza il termine “Panettone”

Passiamo poi al secondo punto; Sicuri che tutti i professionisti possano produrre e vendere i panettoni, il pane, ecc.? Sicuri che i pizzaioli, chef, ristoratori nelle rispettive pizzerie, pizzerie d’asporto, ristoranti li possano produrre e vendere, nonostante si continui a vedere foto di panettoni nei locali più assurdi, persino librerie e tutti si vantino di tali produzioni?

A quest’aspetto non ci bada nessuno, perché lo danno per scontato. In realtà la maggior parte dei locali citati producono e vendono senza avere gli opportuni codici ATECO (acronimo di Attività Economiche).

I codici ATECO sono dei riferimenti numerici attribuiti dalle Camere di Commercio, Agenzia delle Entrate, Ministeri ecc., alle aziende commerciali in base all’attività imprenditoriale svolta e sono collegati alla partita IVA. Una partita IVA può avere più codici in base alla/e attivita/e dell’impresa in questione.

Un’attività di ristorazione con somministrazione (per esempio una pizzeria) ha uno specifico codice ATECO (561011) e SE NON possiede quelli relativi alla produzione e commercio di pane/ pasticceria NON può produrre per vendere il pane, panettoni, pasticceria varia.

Anche in questo caso, i controlli possono essere effettuati da TUTTE le autorità; Guardia di Finanzia, Polizia Locale e Polizia Giudiziaria, in pratica tutte le persone che indossano una divisa.  Le sanzioni sono pesanti perché, a quelle specifiche per il mancato codice ATECO, si sommano: la vendita in nero, la mancata applicazione corretta dell’IVA, mancata erogazione dello scontrino ecc., con addirittura la chiusura dell’attività.

Alcuni NON professionisti non sono da meno; semplici appassionati amatoriali che NON sono professionisti chef, pasticceri, panificatori ecc., ma si spacciano per tali che incassano in nero i soldi della partecipazione ai Corsi che erogano ad altri non professionisti all’interno di locali, ufficialmente registrati al catasto come “Abitazioni Private”, in cui sono presenti impianti elettrici e attrezzature non a norma, vie di fuga inesistenti, antiinfortunistica non pervenuta ecc., in cui tutti toccano tutto, producono non a norma e vendono impunemente in nero con tanto di tariffario sui social, magari anche a professionisti.  Questo fenomeno è diffuso in alcune regioni più di altre ma tutta l’Italia è, purtroppo, Paese.

Sui social, ormai, siamo arrivati a un punto tale che le frodi sono cosi plateali che passano inosservate; mi ricorda la vecchia storia, durata quasi due anni, dell’additivo colorante carbone vegetale – vietatissimo nel pane – prima che partissero gli UNICI sequestri del glorioso Corpo Forestale, estremamente attenti e preparati su ogni aspetto degli alimenti (non solo su quelli!)

Basta aprire il social più comune ed ecco servite le illegalità su un piatto d’argento per chi le vuol vedere; basta volerli fare i controlli, perché le occasioni d’ispezioni da parte di GdF, NAS carabinieri, carabinieri forestali, polizia locale, ispettori UNPISI, ispettori ICQRF, AGCM, ASL non mancano.

Raccomando inoltre, alle persone celiache di non fidarsi solo della “spiga sbarrata” ma di assicurarsi della correttezza delle informazioni riportate in etichetta anche se il locale è certificato AIC.

Dott.ssa Simona Lauri

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Natale 2023. Le sanzioni per i dolci travestiti da panettoni https://www.pieronuciari.it/wp/natale-2023-le-sanzioni-per-i-dolci-travestiti-da-panettoni/ Thu, 14 Dec 2023 17:09:55 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4362 Il decreto 22 Luglio 2005 – emanato dai ministeri  delle Attività produttive e delle Politiche agricole e forestali – disciplina le

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Il decreto 22 Luglio 2005 – emanato dai ministeri  delle Attività produttive e delle Politiche agricole e forestali – disciplina le modalità e gli ingredienti con i quali debbono essere realizzati i panettoni, i pandoro, le colombe pasquali e altri tipi di prodotti dolciari.
In base a questa norma i dolci tipici delle festività natalizie debbono essere preparati con un impasto ottenuto da lievitazione naturale, utilizzando esclusivamente ingredienti  come: farina, burro, uvetta, uova fresche e canditi. Il Decreto, nato per tutelare delle specialità tipiche italiane, stabilisce nel dettaglio la ricetta, il metodo di fabbricazione, le caratteristiche del prodotto e le diciture in etichetta.

La norma prevede  un elenco tassativo degli ingredienti principali utilizzabili e di quelli facoltativi obbligando i produttori ad indicare in etichetta le eventuali variazioni rispetto alla ricetta classica (Esempio: panettone senza canditi, farcito alla crema e nocciola, etc).

Nonostante la norma sopra descritta e le pesanti sanzioni, nel periodo Natalizio, vuoi per ignoranza, vuoi per furbizia, soprattutto negli hard discount vengono venduti  dolci simili ai panettoni e ai pandori,  a prezzi naturalmente più bassi e realizzati con ingredienti di minor pregio, messi in vendita con la denominazione di  “dolce da forno”.
Negli anni scorsi, a causa degli scarsi controlli, questi prodotti scadenti  realizzati con materie prime di scarsissima qualità, hanno consentito alle ditte produttrici di realizzare un discreto business sulla pelle dei consumatori.

Con la Circolare 3.12.09, n° 7021, il Ministero per lo sviluppo economico aveva tentato di correre ai ripari, affermando che sono “da ritenere ingannevoli e potenziale fonte di concorrenza sleale le modalità di presentazione dei prodotti di imitazione che richiamano in maniera inequivocabile i lievitati classici di ricorrenza (forma del prodotto, forma della confezione, immagine) e che si distinguono da essi solo per il fatto di utilizzare, in maniera poco evidente (fondo della scatola, caratteri piccoli, etc.) denominazioni alternative”.

Per prodotti realizzati con ingredienti di scarsa qualità si intendono margarina e altri grassi vegetali non proprio salutari per i consumatori.
Sarebbe auspicabile che sotto il periodo Natalizio venissero incrementati i controlli della PG al fine di tutelare la salute dei consumatori.

Per smascherare il dolce taroccato, occorre solo controllare gli ingredienti; analizzandoli possiamo constatare che la margarina, ottenuta con  oli e grassi vegetali come quello di palma e palmisto, ha sostituito il burro, le uova normali hanno sostituito le uova fresche, che è presente sicuramente una maggiore quantità di zucchero e, per ultimo, vi è un discreto risparmio su uvette e canditi.
Il campanello di allarme deve scattare quando leggendo l’elenco degli ingredienti stampato sulla confezione, non compare il burro.

E’ da evidenziare che il DM 22 Luglio 2005 è stato successivamente aggiornato dal DM 16 Maggio 2017.
Pertanto un panettone dovrà contenere obbligatoriamente gli ingredienti previsti all’articolo 1:
“Articolo 1. Panettone.
1. La denominazione «panettone» è riservata al prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a base rotonda con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico, di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida. 2. Salvo quanto previsto all’art. 7, l’impasto del panettone contiene i seguenti ingredienti: a) farina di frumento; b) zucchero; c) uova di gallina di categoria A o tuorlo d’uovo derivato da uova di gallina di categoria A, o entrambi, in quantità tali da garantire non meno del quattro per cento in tuorlo; d) burro ottenuto direttamente ed esclusivamente dalle creme di latte vaccino con un apporto in materia grassa butirrica, in quantità non inferiore al sedici per cento; e) uvetta e scorze di agrumi canditi, in quantità non inferiore al venti per cento; f) lievito naturale costituito da pasta acida; g) sale compreso il sale iodato. 3. È facoltà del produttore aggiungere anche i seguenti ingredienti: a) latte e derivati; b) miele; c) malto; d) burro di cacao; e) zuccheri; f) lievito avente i requisiti di cui all’art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502, fino al limite dell’un per cento; g) aromi naturali e naturali identici; h) emulsionanti; i) il conservante acido sorbico; j) il conservante sorbato di potassio. 4. Il calcolo delle percentuali degli ingredienti menzionati ai commi 2 e 3 è effettuato conformemente all’Allegato I, punto 1; 5. Il panettone è prodotto secondo il procedimento di cui all’Allegato II, punto 1.”

Le sanzioni
Per l’articolo 9-bis, comma 2,  del DM 22 Luglio 2005 smi,  soggiace a una sanzione  il commerciante che pone in vendita prodotti che – pur riportando denominazioni di vendita diverse da quelle stabilite nel decreto e non rispettando le caratteristiche di composizione quali-quantitative previste – utilizza forme e modalità di presentazione identiche e confondibili con i prodotti disciplinati creando confusione nel consumatore.
In sintesi se il consumatore viene tratto in inganno dalla forma del prodotto, forma della confezione o immagine nonostante che il prodotto abbia una denominazione differente da quella di panettone dovrà essere contestata la violazione con le sanzioni previste per la pubblicità ingannevole di cui al l’art. 21 del decreto legislativo n. 206/2005 (Codice del Consumo).

Piero Nuciari

DM-22-luglio-2005-aggiornato-al-19-06-2017-prodotti-da-forno-panettone-colomba

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Il controllo degli articoli pirotecnici venduti presso le attività commerciali https://www.pieronuciari.it/wp/il-controllo-degli-articoli-pirotecnici-venduti-presso-le-attivita-commerciali/ Tue, 28 Nov 2023 19:02:49 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4349 Ci stiamo velocemente avvicinando alla festività di Capodanno. Come ogni anno, anche il 31 Dicembre 2023 ci saranno sicuramente feriti

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Ci stiamo velocemente avvicinando alla festività di Capodanno.
Come ogni anno, anche il 31 Dicembre 2023 ci saranno sicuramente feriti e, Dio non voglia, morti a causa di fuochi di artificio artigianali vietati oppure prodotti pirotecnici regolari ma  venduti abusivamente a minorenni.
E’ quindi della massima importanza effettuare sopralluoghi preventivi presso ogni tipo di attività commerciale dove sono disponibili questo genere di prodotti.
A prima vista il controllo potrebbe sembrare complesso; nella realtà con questo articolo spero di riuscire a dimostrare che questo genere di controlli è comunque abbastanza semplice.

La normativa di riferimento è il D.lgs. 29 luglio 2015, n. 123 avente come oggetto: “Attuazione della direttiva 2013/29/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di articoli pirotecnici

L’articolo 2 del Decreto Legislativo definisce articolo pirotecnico “qualsiasi articolo contenente sostanze esplosive o una miscela esplosiva di sostanze destinate a produrre un effetto calorifico, luminoso, sonoro, gassoso o fumogeno o una combinazione di tali effetti grazie a reazioni chimiche esotermiche automantenute”.

Lo stesso articolo definisce come «fuoco d’artificio» “un articolo pirotecnico destinato a fini di svago”;

Gli «articoli pirotecnici teatrali» vengono invece definiti come: articoli pirotecnici per uso scenico, in interni o all’aperto, anche in film e produzioni televisive o per usi analoghi.

Con la suddetta normativa  l’Italia ha recepito la Direttiva dell’UE 2013/29/UE la quale ha introdotto un sistema di classificazione degli articoli pirotecnici.

È da evidenziare il contenuto dell’art. 3 del citato Decreto Legislativo, individua tre macro aree ognuna delle quali è suddivisa in più categorie:

1)    la macro area dei “Fuochi di artificio”, che si compone di quattro categorie contraddistinte con le sigle “F1”, “F 2”, “F3”, “F4”;

2)    gli articoli pirotecnici “Teatrali”, che si distinguono in “T1” e “T2”;

3)    gli “altri articoli Pirotecnici” individuati dalle sigle “P1” e “P2”.

Gli articoli pirotecnici sono classificati in categorie dal fabbricante conformemente al loro tipo di utilizzazione, alla loro finalità e al livello di rischio potenziale, compreso il livello della loro rumorosità.

Fuochi di artificio

Categoria F1: fuochi d’artificio che presentano un rischio potenziale estremamente basso e un livello di rumorosità trascurabile e che sono destinati ad essere utilizzati in spazi confinati, compresi i fuochi d’artificio destinati ad essere usati all’interno di edifici d’abitazione;

Categoria F2: fuochi d’artificio che presentano un basso rischio potenziale e un basso livello di rumorosità e che sono destinati a essere usati al di fuori di edifici in spazi confinati;

Categoria F3: fuochi d’artificio che presentano un rischio potenziale medio e che sono destinati ad essere usati al di fuori di edifici in grandi spazi aperti e il cui livello di rumorosità non è nocivo per la salute umana;

Categoria F4: fuochi d’artificio che presentano un rischio potenziale elevato e che sono destinati ad essere usati esclusivamente da persone con conoscenze specialistiche, comunemente noti quali “fuochi d’artificio professionali”, e il cui livello di rumorosità non è nocivo per la salute umana;

Articoli pirotecnici teatrali

Categoria T1 : articoli pirotecnici per uso scenico che presentano un rischio potenziale ridotto;

Categoria T2: articoli pirotecnici per uso scenico che sono destinati esclusivamente all’uso da parte di persone con conoscenze specialistiche;

Altri articoli pirotecnici

Categoria P1: articoli pirotecnici, diversi dai fuochi d’artificio e dagli articoli pirotecnici teatrali, che presentano un rischio potenziale ridotto; fra essi i sistemi per airbag e di pretensionamento delle cinture di sicurezza;

Categoria P2: articoli pirotecnici, diversi dai fuochi d’artificio e dagli articoli pirotecnici teatrali, che sono destinati alla manipolazione o all’uso esclusivamente da parte di persone con conoscenze specialistiche.

Quali prodotti si possono trovare sul mercato – Il marchio CE

L’art. 34, comma 4, del d.lgs. 123/2015 aveva previsto la decadenza, a far data dal 4 luglio 2017, della validità dei provvedimenti di riconoscimento e classificazione dei prodotti pirotecnici rilasciati dal ministero dell’Interno ( art. 53 del T.U.L.P.S).

Conseguentemente, dal 5 luglio 2017, tutti i “fuochi artificiali” destinati ai consumatori, devono essere obbligatoriamente muniti della marcatura CE a garanzia della sicurezza del prodotto.


L’etichetta apposta sulle confezioni

L’articolo 8 del D.Lgs,  descrive in maniera dettagliata cosa deve contenere l’etichetta degli articoli pirotecnici, ovvero:
le informazioni sul fabbricante se residente nella UE (o fabbricante non residente in UE e importatore), il nome e il tipo di articolo pirotecnico, il numero di registrazione e il suo numero di prodotto, di lotto o di serie, i limiti di età e le altre indicazioni per la vendita, la categoria pertinente (F1, F2, etc) e le istruzioni per l’uso, l’anno di produzione per i fuochi di artificio delle categorie F3 e F4 nonché, se del caso, la distanza minima di sicurezza, il contenuto esplosivo netto (NEC).
E’ da evidenziare che se l’articolo pirotecnico non presenta uno spazio sufficiente per soddisfare i requisiti di etichettatura dei commi da 2 a 4 le informazioni sono riportate sulla confezione minima di vendita.
In base a quanto previsto dall’articolo 8, comma 1, della norma, “I fabbricanti assicurano che gli articoli pirotecnici diversi dagli articoli pirotecnici per i veicoli siano etichettati, in modo visibile, leggibile e indelebile. Tale etichettatura deve essere chiara, comprensibile, intelligibile ed in lingua italiana”.

È pleonastico evidenziare che i prodotti privi delle indicazioni previste dalla norma in vigore, siano da considerarsi proibiti e quindi da sequestrare.


Chi può acquistare ed utilizzare i fuochi d’artificio

Come appena descritto, oltre alla  “Marcatura CE”, sui fuochi artificiali deve essere presente (stampata e ben visibile) la categoria di appartenenza del prodotto (“F1”, “F2”, “F3” ed anche “F4”). Queste indicazioni sono importanti perchè attestano il livello di rischio potenziale e la soglia di rumorosità dei prodotti; conseguentemente; in base ad esse, è possibile  determinare chi li può acquistare ed utilizzare.

Infatti l’articolo 5 del D.Lgs 123/2015 stabilisce che i fuochi d’artificio o comunque i giochi pirici di cui sopra non possono essere ceduti a persone che non siano in possesso di determinati requisiti.

Nello specifico, la norma prevede che: “gli articoli pirotecnici non sono messi a disposizione sul mercato per le persone al di sotto dei seguenti limiti di età:

  1. a) fuochi d’artificio

– di categoria FI a privati che non abbiano compiuto il quattordicesimo anno;

– di categoria F2 a privati che non siano maggiorenni e che non esibiscano un documento di identità in corso di validità;

– di categoria F3 a privati che non siano maggiorenni e che non siano muniti di nulla osta rilasciato dal questore ovvero di una licenza di porto d’armi;

  1. b) articoli pirotecnici teatrali di categoria T1 e altri articoli pirotecnici di categoria P1 a privati che non siano maggiorenni e che non esibiscano un documento di identità in corso di validità”.

Dove si possono acquistare i fuochi d’artificio

a) Esercizi commerciali di “minuta vendita “muniti di licenza di PS in base all’art. 47 TULPS

(Nota: Gli “esercizi di minuta vendita” sono negozi o punti vendita che hanno ottenuto una licenza per la vendita al dettaglio di determinati prodotti)

Presso questi esercizi, muniti di licenza di P.S. ex art. 47 T.U.L.P.S., il consumatore può acquistare i fuochi d’artificio appartenenti alle categorie “F1”, “F2” ed “F3”.

Il venditore è tenuto a verificare i titoli ed i documenti necessari per l’acquisto e, con riferimento ai soli prodotti classificati “F3”, è tenuto ad annotarne gli estremi sul registro di carico e scarico ex art. 55 T.U.L.P.S.

Negli esercizi di minuta vendita il pubblico indistinto può acquistare, altresì, anche altre tipologie di articoli recanti il marchio CE, purché NON professionali, e quindi appartenenti alle categorie “P1” e “T1”.

b) Esercizi di vendita al dettaglio non muniti di licenza di P.S. e presso aree pubbliche (c.d. ambulanti)

Presso gli esercizi commerciali non muniti della licenza di P.S. ex art. 47 T.U.L.P.S. (quali, ad esempio, i tabaccai, le cartolerie, i supermercati, ecc.) e presso le rivendite ambulanti, è consentita la vendita di artifici da divertimento, nelle loro confezioni minime di vendita, dei seguenti articoli pirotecnici marcati CE:

1) articoli pirotecnici della categoria F1;
2) articoli pirotecnici della categoria P1 della sola tipologia di prodotti da gioco;
3) articoli pirotecnici della categoria F2, ad eccezione dei prodotti di seguito elencati:

-3.1) artifici ad effetto scoppio con massa attiva (NEC) superiore a mg 150:
– petardi
– petardi flash
– doppio petardo
– petardo saltellante
– loro batterie e combinazioni;

   3.2) artifici del tipo:
– sbruffo
– mini razzetto
– razzo
– candela romana
– tubi di lancio (tubi monogetto)
– loro batterie e combinazioni;

4) articoli pirotecnici appartenenti alla categoria T1, della tipologia e nei limiti di massa attiva (NEC) di seguito indicati, a condizione che gli stessi non siano dotati di un sistema di accensione elettrica:

4.1) fiamma bengala: con NEC non superiore a g 250;
4.2) bengala a torcia: con NEC non superiore a g 250;
4.3) bengala a bastoncino;
4.4) carretilla: con carica ad effetto scoppio e/o fischiante e/o crepitante < mg 150;
4.5) combinazione: batterie o assortimenti contenenti solo fontane con NEC non superiore a g 600;
4.6) sostanza pirotecnica desensibilizzata: se presente carica ad effetto scoppio e/o fischiante e/o crepitante < mg 150; se presente carica solo effetto visivo NEC fino a g 250;
4.7) fontane: con NEC non superiore a g 250;
4.8) dispositivi lancia coriandoli;
4.9) dispositivo fumogeno: con NEC non superiore a g 250.

(Nota 1: NEC è l’acronimo di “Net Explosive Content”, che si traduce in “Contenuto Esplosivo Netto”. Si riferisce alla quantità totale di materiale esplosivo contenuto in un articolo pirotecnico. Ad esempio, un dispositivo fumogeno può avere un NEC non superiore a 250 grammi. Questa misura è importante per la classificazione dei fuochi d’artificio e dei giocattoli pirici, poiché aiuta a determinare il livello di rischio associato all’articolo).

(Nota 2: tutte le informazioni sopra elencate (nomi, Nec, etc) sono presenti nelle confezioni per cui il controllo risulta essere abbastanza semplice)

 

 Gli articoli pirotecnici più comuni (Fonte: European standard)


Le sanzioni

L’articolo 33 del D.Lgs 123/2015 prevede sanzioni pesanti per i contravventori.

Nota: In questo articolo si riportano quelle relative a casistiche che si possono incontrare durante un sopralluogo annonario presso un generico esercizio di vicinato, mentre, per le altre, si rinvia il lettore al testo normativo.

“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque vende fuochi artificiali o altri prodotti pirotecnici a minori di anni quattordici è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda da 2.000 euro a 20.000 euro.”

“2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque vende o comunque consegna fuochi d’artificio della categoria F2 e articoli pirotecnici delle categorie T1 e P1 a minori di anni diciotto o fuochi d’artificio della categoria F3 in violazione degli obblighi di identificazione e di registrazione di cui all’articolo 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, ovvero in violazione delle previste autorizzazioni di legge, è punito con l’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 20.000 euro a 200.000 euro.”

“8. Salvo che il fatto costituisca reato, l’omissione totale dell’apposizione delle etichette regolamentari sui prodotti pirotecnici, comunque detenuti, di cui al presente decreto, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da 200 euro a 700 euro per ciascun pezzo non etichettato ovvero per ciascuna confezione ancora integra, qualora i singoli pezzi non etichettati siano contenuti nella stessa.”

“10. Nei confronti del soggetto che detiene, per l’immissione nel mercato, un prodotto sul quale nell’etichetta sono state omesse, anche parzialmente, indicazioni previste dalla vigente normativa, diverse da quelle di cui al comma 8, si applica la sanzione amministrativa da 20 euro a 60 euro per ciascun pezzo parzialmente etichettato.”

“11. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione del divieto di cui all’articolo 19, comma 6 (*), comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da 200 euro a 700 euro per ciascun pezzo.”

( *) È vietato apporre sugli articoli pirotecnici marchi o iscrizioni ingannevoli o comunque tali da ridurre la visibilità, la riconoscibilità e la leggibilità della marcatura CE di conformità e del contrassegno di identificazione dell’organismo notificato)

Riguardo alla marcatura CE, al fine di evitare che venga confusa con il “CE” di China Export, si consiglia di scaricare dal sito (www.pieronuciari.it), nella sezione “modelli da scaricare” un lucido che consente di identificare immediatamente se il marchio CE presente nella confezione si riferisce al marchio europeo oppure al marchio cinese.

Piero Nuciari

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Il controllo delle etichette dei prodotti tessili e delle calzature https://www.pieronuciari.it/wp/il-controllo-delle-etichette-dei-prodotti-tessili-e-delle-calzature/ Tue, 21 Nov 2023 16:30:00 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4345 L’etichettatura  e la presentazione dei prodotti tessili sono disciplinate, a partire dall’8 maggio 2012, dal Regolamento UE n. 1007/2011. È

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L’etichettatura  e la presentazione dei prodotti tessili sono disciplinate, a partire dall’8 maggio 2012, dal Regolamento UE n. 1007/2011.
È da segnalare che il 4 gennaio 2018 è entrato in vigore il decreto legislativo 190/2017 che innova il quadro sanzionatorio per le violazioni in materia di etichettatura dei settori tessile e calzaturiero.

Di fatto non cambiano le regole di etichettatura contenute per il settore tessile nel Regolamento UE 1007/2011 e per il settore calzaturiero nella direttiva 94/11/CE recepita in Italia con DM 11/4/1996, ma cambiano le sanzioni applicabili in caso di violazione delle norme.

In particolare vengono introdotte nell’ordinamento italiano le sanzioni applicabili per la vendita di calzature prive di etichetta o con etichetta non conforme.

Vengono inoltre innalzate le sanzioni applicabili per la vendita di prodotti tessili privi di etichetta o con etichetta non veritiera o non conforme.

Viene prevista una specifica sanzione da applicare per le vendite on line in assenza delle informazioni sulla composizione ma anche per la presentazione di prodotti su  cataloghi e  prospetti.

Viene introdotta una sanzione applicabile nel caso il produttore/importatore non ottemperi ai provvedimenti di conformazione dell’etichetta o di ritiro dei prodotti dal mercato emessi dall’autorità di vigilanza (Ministero dello Sviluppo Economico).

Che cosa deve essere etichettato?
Devono essere etichettati tutti i prodotti tessili e assimilati ai prodotti tessili.
Per prodotti tessili si intendono tutti i prodotti che – allo stato grezzo – di semilavorati, di lavorati, semi-manufatti, manufatti, semi-confezionati o confezionati, sono composti esclusivamente da fibre tessili, qualunque sia il procedimento utilizzato per la loro creazione.

Perché effettuare i controlli
Anche se superficialmente il controllo dei prodotti tessili  potrebbero essere considerato  non importante, nella realtà riveste la stessa importanza dei controlli di igiene alimentare perché tutela i consumatori da  reali pericoli per la loro salute.

Se un prodotto tessile dovesse contenere sostanze  nocive per la salute, potrebbero verificarsi gravi conseguenze come:

  • Allergie, malattie della pelle, tumori, problemi di riproduzione e difetti congeniti, malattie respiratorie e avvelenamento.
  • Rischi per la sicurezza: rischio di incendio, esplosione o soffocamento.

È da evidenziare che  l’Unione Europea ha implementato il regolamento REACH per garantire l’uso sicuro di tutte le sostanze chimiche impiegate nell’Unione Europea e per eliminare quelle più pericolose. Le “sostanze estremamente preoccupanti” (acronimo: SVHC) sono quelle che hanno effetti gravi e spesso irreversibili per la salute umana e/o che sono dannose per l’ambiente. Queste sostanze sono soggette a richiesta di autorizzazione all’uso specifico prima dell’immissione sul mercato.

Indicazioni dell’etichetta

In tutta l’Unione europea, i prodotti tessili per essere posti in vendita al consumatore finale devono riportare un contrassegno o un’etichetta saldamente fissata che indichi:

  • la composizione fibrosa: sulle etichette deve essere obbligatoriamente riportata la composizione fibrosa del prodotto utilizzando le denominazioni delle fibre elencate nell’allegato I del Regolamento UE n. 1007/2011. Queste informazioni devono essere riportate in lingua italiana, per esteso (non sono ammesse sigle o abbreviazioni), con caratteri tipografici leggibili e chiaramente visibili e in ordine decrescente di peso;
  • l’eventuale presenza di parti non tessili di origine animale, da indicare obbligatoriamente con la seguente frase: “Contiene parti non tessili di origine animale”;
  • Il responsabile dell’immissione in commercio: il Codice del Consumo prescrive espressamente che siano riportati l’indicazione dell’identità e degli estremi del produttore (denominazione, ragione sociale, marchio registrato dell’azienda, indirizzo) e il riferimento al tipo di prodotto (codice identificativo) o, eventualmente, alla partita di prodotti di cui fa parte.

In pratica un prodotto tessile per essere posto in vendita deve rispettare le seguenti regole:

  1. Le parole devono essere in lingua italiana (es. “100% Cotone” e non “100 % Cotton”);
  2. deve contenere l’indicazione della  composizione fibrosa scritta per esteso  senza abbreviazioni (“100% Cotone” e non “100 CO”) e la percentuale del peso indicata in ordine decrescente;
  3. queste descrizioni in etichetta devono trovare corrispondenza con quanto scritto nei documenti commerciali;
  4. l’etichetta deve essere saldamente fissata al prodotto posto in vendita;
  5. nell’etichetta deve essere riportato nome, ragione sociale o marchio, sede legale del produttore/importatore come previsto dall’ art. 104 del D. Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo;
  6. nell’ipotesi in cui siano presenti, l’etichetta deve contenere l’indicazione “Contiene parti non tessili di origine animale” (es: piumini, inserti in pelle, bottoni in madreperla etc).
  7. Per le calzature occorre fare riferimento alla Direttiva 94/11/CE, recepita in Italia dal D.M. 11/04/96, che prevede l’obbligo dell’etichetta con gli appositi simboli su almeno una delle calzature oltre agli estremi del produttore stampati sulla scatola come previsto dal D.Lgs. 206/2005 e l’esposizione di un cartello in negozio contenente le informazioni sui componenti delle calzature ( simboli delle parti che devono essere etichettate e quelli dei componenti delle calzature).
  8. Per chi vende on-line (e-commerce), occorre fare riferimento all’Art. 16 del Regolamento UE 1.007/2011 sull’impiego delle denominazioni delle fibre tessili e delle descrizioni della composizione fibrosa .
    La norma prevede che :“ All’atto della messa a disposizione di un prodotto tessile sul mercato, le descrizioni della composizione fibrosa di cui agli articoli 5, 7, 8 e 9 sono indicate nei cataloghi, nei prospetti, sugli imballaggi, sulle etichette e sui contrassegni in modo che risultino facilmente leggibili, visibili e chiare e con caratteri uniformi per quanto riguarda le dimensioni e lo stile. Tali informazioni sono chiaramente visibili per il consumatore prima dell’acquisto, anche se effettuato per via elettronica”.

È da evidenziare che gli organi preposti al controllo sono le Camere di Commercio, la Polizia Locale, la Guardia di Finanza e la PG in genere.
Il controllo può essere di tre tipi:

  • visivo: per verificare, sugli articoli sottoposti ad esame presso le imprese, la presenza dell’etichetta (o del contrassegno) e la sua corretta compilazione;
  • documentale: al fine di ricostruire la filiera di distribuzione, di verificare il rispetto degli obblighi di legge in materia di etichettatura e di individuare correttamente i soggetti responsabili delle violazioni accertate;
  • di laboratorio: allo scopo di definire la reale composizione del prodotto e la corrispondenza con quanto riportato nell’etichetta o nel contrassegno, attraverso l’esecuzione di analisi di laboratorio a cura di un laboratorio all’uopo incaricato.Prodotti tessili per i quali è sufficiente un’etichettatura globale

Per alcuni prodotti il Regolamento prevede che possano essere esposti per la vendita accompagnati da un’etichetta globale, che contenga le indicazioni di composizione.

Ogni acquirente della catena di fornitura (consumatore compreso) deve comunque poter essere informato della loro composizione fibrosa. Si tratta di:

  1. canovacci;
  2. strofinacci per pulizia;
  3. bordure e guarnizioni;
  4. passamaneria;
  5. cinture;
  6. bretelle;
  7. reggicalze e giarrettiere;
  8. stringhe;
  9. nastri;10. elastici;
  10. imballaggi nuovi e venduti come tali;
  11. spaghi per imballaggi e usi agricoli; spaghi corde e funi diversi da quelli di cui al n. 37 dell’all. V;
  12. centrini;
  13. fazzoletti per naso e da taschino;
  14. retine per capelli;
  15. cravatte e nodi a farfalla per bambini;
  16. bavaglini, guanti e pannolini da bagno;
  17. fili per cucito, rammendo e ricamo, preparati per la vendita al minuto in piccole unità, il cui peso netto non superi 1 grammo;
  18. cinghie per tendaggi e veneziane.Prodotti tessili venduti a metraggio

Per tali prodotti l’etichettatura può figurare solo sulla pezza o sul rotolo presentati alla vendita.
Ogni acquirente della catena di fornitura (consumatore compreso) deve poter prendere conoscenza delle indicazioni riportate sulla pezza o sul rotolo.

Prodotti tessili dati in lavorazione e prodotti tessili confezionati su misura da sarti

Per i prodotti tessili dati in lavorazione a lavoranti a domicilio o a imprese indipendenti che lavorano a partire da materiali forniti loro senza dar luogo a cessione a titolo oneroso, e per i prodotti tessili confezionati su misura da sarti operanti in qualità di lavoratori autonomi, non è previsto l’obbligo dell’etichettatura di composizione.

Nota 1: Non sono soggetti all’obbligo dell’etichettatura i prodotti elencati nell’all. V del Regolamento UE 1007/2011 (ferma-maniche di camicie; cinturini di materia tessile per orologio,  etichette o contrassegni,  manopole di materie tessili imbottite, copri caffettiere, copriteiere,  maniche di protezione, manicotti non di felpa, fiori artificiali, etc.).

Nota 2: Sui prodotti tessili e sulle calzature del settore moda non è prevista l’apposizione della marcatura CE. I prodotti tessili e le calzature devono comunque essere sicuri.

Prima di elencare le sanzioni, occorre però chiarire il significato di due termini utilizzati nelle norme che disciplinano la materia: produttore e distributore.

Il “Produttore” viene individuato dall’art. 103 del Codice del Consumo come:

  • Fabbricante stabilito nella Comunità;
  • Soggetto che appone sul prodotto il proprio nome, marchio o segno distintivo;
  • Soggetto che rimette a nuovo il prodotto;
  • Rappresentante del fabbricante, se questi non è stabilito nella Comunità (persona fi sica e giuridica

che agisce per nome e conto del fabbricante);

  • Importatore in caso di mancanza del rappresentante;
  • Operatore professionale della catena commerciale la cui attività incide sulla sicurezza del prodotto.

Sempre l’articolo 103 del Codice del Consumo ci dà la definizione di “Distributore”:

  • Operatore professionale della catena commerciale la cui attività non incide sulla sicurezza del

prodotto (compreso il dettagliante).

Conseguentemente le sanzioni di seguito elencate, quando si riferiscono al “Distributore”, riguardano anche il commerciante che vende al dettaglio.

Per i contravventori le sanzioni sono pesanti (PRODOTTI TESSILI: art. 4 DECRETO LEGISLATIVO 15 novembre 2017 , n. 190)

  1. Salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante o l’importatore che immette, in violazione all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1007/2011, sul mercato un prodotto tessile senza garantire la fornitura dell’etichetta o del contrassegno indicante i dati e le denominazioni delle fibre di composizione, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 20.000 euro.
  2. La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche al fabbricante o l’importatore che immette sul mercato un prodotto tessile il cui documento commerciale di accompagnamento, sostitutivo dell’etichetta o il contrassegno, in violazione dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1007/2011, è privo dei dati relativi alla composizione fibrosa.
  3. Salvo che il fatto costituisca reato, il distributore che, in violazione dell’articolo 15, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1007/2011, mette a disposizione sul mercato un prodotto tessile privo dell’etichetta o del contrassegno recanti i dati relativi alla composizione fibrosa, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 700 euro a 3.500 euro.
  4. Salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante o l’importatore che, in violazione degli articoli 14, paragrafo 1, e 15, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1007/2011, immette sul mercato un prodotto tessile con composizione fibrosa diversa da quella dichiarata in etichetta, o sul documento commerciale di accompagnamento di cui al comma 2, fatte salve le tolleranze di cui all’articolo 20 del regolamento (UE) n. 1007/2011, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 20.000 euro.
  5. Salvo che il fatto costituisca reato, il distributore che, in violazione degli articoli 14, paragrafo 1, e 15, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1007/2011, mette a disposizione sul mercato prodotti tessili la cui composizione fibrosa dichiarata in etichetta non corrisponde a quella dichiarata nel documento di accompagnamento, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 700 euro a 3.500 euro.
  6. Salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante o l’importatore che, in violazione degli articoli 5 e 15, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1007/2011, immette sul mercato un prodotto tessile con etichetta riportante denominazioni delle fibre diverse da quelle dell’allegato I del regolamento (UE) n. 1007/2011 espresse in sigle, in ordine non decrescente, non in lingua italiana, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 20.000 euro.
  7. Salvo che il fatto costituisca reato, il distributore che, in violazione degli articoli 5 e 15, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1007/2011, mette a disposizione sul mercato un prodotto tessile con etichetta riportante denominazioni delle fibre, diverse da quelle dell’allegato I del regolamento (UE) n.1007/2011, espresse in sigle, in ordine non decrescente, non in lingua italiana, nonché riportante in modo errato la frase «Contiene parti non tessili di origine animale» di cui all’articolo 12 del regolamento (UE) n. 1007/2011 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro.
  8. Salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante, l’importatore o il distributore che, in violazione dell’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1007/2011, non forniscano, all’atto della messa a disposizione sul mercato di un prodotto tessile, nei cataloghi, sui prospetti o sui siti web, le indicazioni relative alla composizione fibrosa ai sensi del regolamento (UE) n. 1007/2011 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 20.000 euro.
  9. Salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante o l’importatore che, in violazione dell’articolo 12 del regolamento (UE) n. 1007/2011, immette sul mercato un prodotto tessile contenente parti non tessili di origine animale che non indichi la frase «Contiene parti non tessili di origine animale» sull’etichetta o sul contrassegno dei prodotti contenenti tali parti al momento della loro messa a disposizione sul mercato, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 20.000 euro.
  10. L’autorità di vigilanza, ove rilevi che i prodotti tessili sono privi di etichettatura o che l’etichettatura non è conforme alle prescrizioni del regolamento (UE) n. 1007/2011, previo accertamento e contestazione delle violazioni delle disposizioni dei precedenti commi, ai sensi degli articoli 13 e 14 della legge n. 689 del 1981, assegna un termine perentorio di sessanta giorni al fabbricante o al suo rappresentante o al responsabile della prima immissione in commercio dei prodotti tessili sul mercato nazionale, per la regolarizzazione dell’etichettatura o il ritiro dei prodotti dal mercato.
  11. Salvo che il fatto costituisca reato, ai soggetti che non ottemperano ai provvedimenti di cui al comma 10 entro il termine assegnato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 20.000 euro.
  12. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai prodotti tessili di cui all’articolo 2, paragrafi 3 e 4, del regolamento (UE) n. 1007/2011.Autorità competente: Camera di CommercioDocumenti commerciali

Le denominazioni delle fibre tessili e le descrizioni delle composizioni fibrose devono essere  indicate chiaramente nei documenti commerciali di accompagnamento.

Nelle fasi antecedenti la vendita al consumatore finale, l’etichetta può essere sostituita dai documenti commerciali che devono riportare i dati e le denominazioni fibrose previste all’allegato I del Regolamento UE n. 1007/2011. È ammesso l’utilizzo di abbreviazioni tramite l’utilizzo di un codice meccanografico, purché sullo stesso documento ne sia spiegato il significato commerciale.

Obblighi degli operatori

Il fabbricante all’atto dell’immissione di un prodotto sul mercato garantisce la fornitura dell’etichetta o del contrassegno e l’esattezza delle informazioni ivi contenute. In particolare, queste devono essere facilmente leggibili, visibili, chiare e con caratteri uniformi, anche per quanto riguarda la dimensione e lo stile. Se il fabbricante non è stabilito nella UE, tali incombenze ricadono sulla figura dell’importatore.

All’atto della messa a disposizione sul mercato di un prodotto tessile, il distributore garantisce che esso rechi l’etichetta o il contrassegno appropriato.

Il distributore è considerato fabbricante ai fini del presente regolamento qualora immetta un prodotto sul mercato col proprio nome o marchio di fabbrica, vi apponga l’etichetta o ne modifichi il contenuto.

Le potenziali sostanze pericolose presenti nei prodotti tessili

Nell’industria tessile, vengono utilizzate diverse sostanze chimiche che possono essere pericolose. Ecco alcune delle più comuni:

Coloranti azoici: questi coloranti possono rilasciare ammine aromatiche cancerogene quando vengono suddivisi. Sono spesso utilizzati nei prodotti tessili e in quelli in pelle;

Nichel: il nichel può causare reazioni allergiche ed è spesso presente nei bottoni e nelle cerniere;

Carrier alogenati: queste sostanze chimiche sono utilizzate per facilitare il processo di tintura a temperature più basse;

Formaldeide: la formaldeide è utilizzata per dare ai tessuti una finitura permanente antipiega. Può causare irritazione alla pelle, agli occhi e alle vie respiratorie;

Ftalati: i ftalati sono utilizzati per rendere i materiali plastici più flessibili e resistenti. Possono interferire con il sistema endocrino;

Clorofenoli  Pcp, Tpc e relativi Sali: queste sostanze chimiche sono utilizzate come biocidi e possono essere tossiche;

Antiparassitari: gli antiparassitari sono utilizzati per proteggere i tessuti da insetti e muffe. Alcuni di questi possono essere tossici;

Paraffine clorurate a catena corta (SCCPs): queste sostanze chimiche sono utilizzate come plastificanti e ritardanti di fiamma. Possono essere persistenti nell’ambiente e bioaccumularsi negli organismi viventi;

Solventi clorurati: questi solventi sono utilizzati in vari processi di produzione e possono avere effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente;

Metalli pesanti: i metalli pesanti come il cromo, il cadmio, il piombo e il mercurio possono essere tossici e si accumulano nell’ambiente.

È importante notare che l’Unione Europea sta limitando o vietando molte di queste sostanze chimiche pericolose utilizzate nei prodotti tessili. Inoltre, le aziende sono tenute a garantire la completa tracciabilità e trasparenza della filiera per assicurare la conformità alle normative e la sicurezza per la salute e per l’ambiente.

ETICHETTATURA DELLE CALZATURE

Nota 1: L’etichetta deve fornire informazioni scritte in lingua italiana relative ai materiali di cui sono costituite le tre parti che compongono la calzatura (tomaia, rivestimento della tomaia e suola interna, suola esterna).
In alternativa essa può essere rappresentata da simboli. I simboli dei materiali devono figurare vicino ai simboli che si riferiscono alle tre parti della calzatura e devono avere dimensioni tali da essere comprensibili.

Nota 2: Per dare la possibilità al consumatore di comprendere le informazioni sui componenti delle calzature, è previsto che nei luoghi di vendita venga esposto un cartello illustrativo dei simboli utilizzati.
L’etichetta deve essere apposta su almeno una delle due calzature; può essere stampata, incollata o applicata ad un supporto, in maniera ben visibile, in modo tale che la stessa sia saldamente applicata ed accessibile al consumatore. I simboli devono avere dimensioni tali da essere comprensibili.

Le sanzioni relative alla mancata o erronea etichettatura delle calzature (art. 3 DECRETO LEGISLATIVO 15 novembre 2017 , n. 190)

1. Salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante o l’importatore che, in violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 94/11/CE, immette sul mercato calzature prive di etichetta è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 20.000 euro.

  1. Salvo che il fatto costituisca reato, il distributore che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 94/11/CE, mette a disposizione sul mercato calzature prive di etichetta è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 700 euro a 3.500 euro.
  2. Salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante o l’importatore che, in violazione dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 94/11/CE, immette sul mercato calzature con composizione diversa da quella dichiarata in etichetta, relativamente ai materiali usati nei principali componenti delle calzature indicati nell’allegato I della direttiva 94/11/CE, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 20.000 euro.
  3. Salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante o l’importatore che immette sul mercato calzature con etichetta non conforme alle indicazioni stabilite dall’articolo 4, paragrafi 1, 2, 3 e 4, della direttiva 94/11/CE, riportate in lingua italiana, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 20.000 euro.
  4. La medesima sanzione amministrativa di cui al comma 4 del presente articolo si applica anche al fabbricante o all’importatore che utilizza una lingua diversa dall’italiano o da altra lingua ufficiale dell’Unione europea.
  5. Salvo che il fatto costituisca reato, il distributore che mette a disposizione sul mercato le calzature senza avere informato correttamente il consumatore finale, del significato della simbologia adottata sull’etichetta in violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 94/11/CE, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro.
  6. L’autorità di vigilanza, ove rilevi che le calzature sono prive di etichettatura o che l’etichettatura non è conforme alle prescrizioni della direttiva 94/11/CE, previo accertamento e contestazione delle violazioni delle disposizioni dei commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, ai sensi degli articoli 13 e 14 della legge n. 689 del 1981, assegna un termine perentorio di sessanta giorni al fabbricante o al suo rappresentante o al responsabile della prima immissione in commercio delle calzature sul mercato nazionale, per la regolarizzazione dell’etichettatura o il ritiro delle calzature dal mercato.
  7. Salvo che il fatto costituisca reato, ai soggetti che non ottemperano al provvedimento di cui al comma 7 entro il termine assegnato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 20.000 euro. 9. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle calzature di cui all’articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 94/11/CE.

    Piero Nuciari

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Il Tar Lazio boccia l’obbligo di comunicazione del prezzo medio dei carburanti https://www.pieronuciari.it/wp/il-tar-lazio-boccia-lobbligo-di-comunicazione-del-prezzo-medio-dei-carburanti/ Fri, 17 Nov 2023 16:56:11 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4335 Sembrava la panacea per risolvere il problema del caro carburanti. Anziché abbassare le accise il Governo aveva scelto di obbligare

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Sembrava la panacea per risolvere il problema del caro carburanti.
Anziché abbassare le accise il Governo aveva scelto di obbligare tutti i distributori a pubblicare giornalmente il prezzo medio dei carburanti, creando di fatto una sorta di gogna mediatica, come se qualche cents di differenza tra un distributore e l’altro, avesse potuto fare la differenza e far risparmiare le famiglie italiane.
Di fatto è stato gettato fumo negli occhi dei consumatori e si era capito già dall’inizio che  era solo un modo per guadagnare tempo.
Tutti i nodi, prima o poi, vengono al pettine e questo è arrivato più presto del previsto.

Il Tar del Lazio ha infatti annullato il decreto con il quale il ministero delle Imprese e del Made in Italy aveva stabilito, il 31 Marzo 2023, l’obbligo di comunicazione del prezzo medio dei carburanti.
La sentenza ha dato piena ragione a Fe.Gi.Ca. – Federazione Gestori Impianti Carburanti e Affini, e F.I.G.I.S.C., la Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti che avevano prontamente presentato ricorso.
Secondo queste associazioni, il decreto imponeva una disparità di trattamento a danno dei distributori di carburanti a causa degli obblighi di esposizione e di aggiornamento del prezzo medio considerati “sproporzionati, ingiustamente afflittivi ed irragionevoli”.

Tuttavia, nonostante queste dichiarazioni, è bene evidenziare che il TAR ha dichiarato illegittimo il provvedimento per motivi formali, non sostanziali.

Per il Tar, “il decreto impugnato, per i suoi contenuti, presenta tutti i caratteri di una fonte normativa”, con la conseguente “violazione delle norme procedimentali per la sua adozione”, essendo “pacifico che, nel caso di specie, sono mancati sia la preventiva comunicazione al presidente del Consiglio dei ministri, sia il parere preventivo del Consiglio di Stato”.

Naturalmente il Ministro ha presentato appello al “Consiglio di Stato” decantando i successi dell’obbligo di esposizione del prezzo medio.

Il giallo normativo

L’annullamento del decreto non implica automaticamente l’annullamento della legge di conversione. In generale, la validità di una legge di conversione non dipende direttamente dalla validità del decreto legge originale. Pertanto, a meno che non ci siano ulteriori sviluppi legali, la legge di conversione dovrebbe rimanere in vigore.
Decisamente un problema normativo non di poco conto destinato a dare filo da torcere ai vari giuristi!

Conseguentemente, a seguito della sentenza e dopo aver consultato i propri legali,  Fegica, Figisc ed Anisa, hanno consigliato i Gestori di mantenere il cartello del prezzo medio ma senza riportare alcuna indicazione.
Staremo a vedere come si concluderà la vicenda.

Piero Nuciari

Aggiornamento dell’1/12/2023

I benzinai devono tornare a esporre il prezzo medio dei carburanti. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, sospendendo l’esecutività della sentenza del Tar del Lazio, il quale aveva annullato il decreto del governo sull’obbligo di esposizione del totem dietro richiesta dei sindacati dei gestori. Viene così accolta l’istanza cautelare presentata dal ministero delle Imprese: se ne riparlerà con un più approfondito esame l’8 febbraio 2024.

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Biga, poolish, primo impasto dei panettoni NON sono prefermenti. https://www.pieronuciari.it/wp/biga-poolish-primo-impasto-dei-panettoni-non-sono-prefermenti/ Mon, 30 Oct 2023 13:14:29 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4330 Dalla Dottoressa Simona Lauri, esperta di Arte Bianca e direttrice della testata giornalistica Quotidie Magazine, ho ricevuto questo interessante articolo

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Dalla Dottoressa Simona Lauri, esperta di Arte Bianca e direttrice della testata giornalistica Quotidie Magazine, ho ricevuto questo interessante articolo indirizzato ai visitatori del sito che si occupano di arte bianca.
L’approfondimento riguarda una tematica importante che consiglio a tutti di leggere con attenzione.

“Ormai la disinformazione corre veloce soprattutto tra i pizzaioli (senza offesa alcuna, ma le statistiche delle professioni di chi fa più video social nel food indicano proprio questo!) e nessuno cerca minimamente di fermarla, perché fa comodo così; c’è chi fa video e continua a ripetere come un mantra che la biga è un prefermento, chi fa corsi mettendo la parola prefermento nel titolo dell’evento, chi fa pubblicare articoli, chi scrive di pane, pizza ecc., chi si spaccia per consulente/docente e diffonde errori madornali di microbiologia ecc.

Possibile che nessuno si sia mai posto la domanda se il termine fosse corretto microbiologicamente?

Siamo quindi giunti alla paradossale, totale deriva della cultura a tal punto che “più diffondi disinformazione più sei famoso e fai consulenze?”

Quando andate a un corso, e chiamate per una consulenza, il professionista pretende il compenso per cui pagate per non imparare tecnicamente nulla oppure per disimparare; cosa dire… oltre il danno la beffa.

Perché prendete sempre per verità assoluta le cose dette/scritte da personaggi X, Y, anche se hanno un titolo di studio? Ormai siamo nell’era dei tuttologi e tutte le persone con un “titolo qualsiasi” vanno in televisione in qualità di esperti di una certa materia o si ergono a professori, arrogando la presunzione di sapere tutto di tutto. Magari fosse cosi, mi troverei con una laurea in medicina, ingegneria o architettura senza saperlo e loro con una laurea in Tecnologie Alimentari senza fatica.

Chi è figlio d’arte o ancora peggio nipote d’arte sa che i “vecchi” panificatori, nel linguaggio gergale comune, chiamavano e chiamano (ancora ora!) la biga -“lievito”- e non era inusuale sentire a metà/fine mattina frasi del tipo “preparo i lieviti”, “faccio il lievito e arrivo”, (dialetto lombardo “ fu il levà e rivi”) .

Nella sua “ignoranza”, mio nonno panificatore usava il termine microbiologicamente corretto, rispetto a certi maestri social, nati nei gruppi amatoriali e non, che la identificano come “prefermento”.

Perché è sbagliato definire una biga, un poolish, la madre, il primo impasto dei panettoni, pandoro, colombe pre-fermento? Semplice perché i prefissi pre oppure post indicano un’azione o un fatto temporale che viene prima (antecedente) oppure dopo un certo evento/step/fase tecnologica produttiva.

Nelle tecniche di processo delle industrie alimentari, ogni produzione (soprattutto discontinua) è identificata da un flow- sheet produttivo che ha diverse fasi processo o step di produzione, identificate da una fase d’inizio.

Nella fattispecie di un qualsiasi prodotto dell’arte bianca, la fase processo 1 è la pesata degli ingredienti, la fase 2 l’impastamento e cosi via, pertanto l’azione temporale è riferita alla fase (fase 1,2, 3, ecc.); ciò che viene prima è pre ciò che viene dopo è post ad ogni fase produttiva.

Quindi, con il termine Pre-impastamento o pre-impasto è identificato tutto ciò che è prima dell’impastamento o della creazione dell’impasto, pesatura compresa; fase 3, prima puntata, o stoccaggio in massa (quando è presente) è la fase che comprende il periodo di tempo tra la fine dell’impastamento e la pezzatura, fase 4 Fermentazione ecc.

La fase processo IMPASTAMENTO è una fase pre FERMENTAZIONE in quanto avviene prima dello step di processo FERMENTAZIONE, ma l’impasto che si produce NON è un prefermentato o un prefermento ma un “fermento” in quanto è ottenuto dall’impiego di un “lievito”.

Da queste considerazioni prettamente tecnologiche si evince che la biga (perché non continuare a chiamarla semplicemente “biga”, giacché sono secoli che si chiama cosi!) è una massa che è creata prima dell’impasto (preimpasto), ma non è un “prefermento” bensì un “lievito” che a sua volta svolge azione fermentante nell’impasto e in tutte le fasi alle quali tale impasto è sottoposto.

Se da un punto di vista prettamente tecnologico- produttivo possiamo parlare di una condizione temporale pre/post, non è possibile assolutamente utilizzare questi prefissi  quando ci si riferisce a un concetto di microbiologia specifico come in questo caso. Quando si aggiunge, volontariamente, S. cerevisiae nella biga, poolish, ecc., la massa in questione, a sua volta, diventa immediatamente substrato fermentescibile, ossia terreno colturale per la crescita e il metabolismo del fermento (termine usato nel linguaggio popolare comune per identificare proprio il S. cerevisiae).

La FERMENTAZIONE non inizia e si conclude solamente in quel determinato intervallo spazio temporale e nell’unica fase specifica dopo l’impastamento e il riposo in massa, ma si avvia nel momento esatto in cui si aggiunge il S. cerevisiae, il cui metabolismo respiro-fermentativo sarà influenzato da due effetti (Pasteur o Crabtree) e diversi fattori limitanti tra cui:

  • Stato della cellula (vivo e vitale).
  • Capacita fermentativa specifica del ceppo utilizzato.
  • Concentrazione di Ossigeno nella massa.
  • Sostanze nutritive (azoto, fosforo ecc.)
  • Concentrazione di glucosio.
  • Pressione e pressione osmotica.
  • Interazione mutualistica/simbiotica con LAB.
  • pH e concentrazione finale di alcool etilico.
  • Temperatura, ecc.

solo per citare i più importanti, di cui l’operatore artigiano, a quel punto non può più fare molto; non c’è un pre o un post perché dall’aggiunta del lievito, il processo non si ferma e sarà solo il ceppo impiegato a stabilirne sia la modalità sia la frequenza in base alle condizioni che incontra e al suo stato cellulare.

Tra i due metabolismi, il lievito predilige assolutamente il processo respiratorio perché produce più energia, energia (ATP) che a sua volta, se supera una certa concentrazione, può causare un blocco allosterico della PFK (fosfofruttochinasi) nonché il complesso enzimatico responsabile della terza reazione della glicolisi; blocco perpetuato anche dal fruttosio 1,6 di fosfato (prodotto della reazione)

Una concentrazione elevata di ATP può dipendere sia da valori elevati di temperatura sia dalla presenza di ossigeno la cui mancanza può, tra l’altro, limitare la produzione di ergosterolo e di alcuni acidi grassi responsabili della corretta plasticità e funzionalità della membrana cellulare.  Sempre restando all’interno delle reazioni metaboliche, un altro step importante di regolazione metabolica è rappresentato dalla concentrazione di PIRUVATO e l’affinità che hanno due enzimi chiave, la Piruvato decarbossilasi (PDC) e la Piruvato deidrogenasi (PDH) verso questo substrato.

A basse concentrazioni di piruvato, la PDC ha maggior affinità verso l’acido piruvico (piruvato, nonché prodotto finale della prima fase glicolitica ottenuto con un bilancio di 1:2/ gluc:piruvato) pertanto il processo devia verso la respirazione; quando la concentrazione di piruvato diventa elevata (conseguenza della repressione da glucosio o effetto Crabtree) e supera  la soglia di saturazione del complesso enzimatico PDH, allora si attiva la PDC, decarbossilando il piruvato ad acetaldeide e proseguendo verso la produzione di alcool etilico.

L’alcool etilico o etanolo, oltre una certa concentrazione, può inibire l’alcool deidrogenasi (enzima che ha catalizzato la reazione da acetaldeide ad alcool etilico) fermando il processo e deviando l’alcool etilico verso la produzione di glicerolo3P. Si può quindi tranquillamente affermare che il S. cerevisiae produce, accumula e consuma l’alcool prodotto.

Nonostante abbia cercato di semplificare per questioni didattiche alcuni interscambi metabolici e omettendo volutamente la produzione, il consumo di NAD+, NADH, H+, fosforilazione ossidativa nonché il corretto bilanciamento delle reazioni, le complessità non sono finite perché quello che può regolare tutti i processi (oltre chiaramente all’ossigeno, temperatura ecc.) è la concentrazione di glucosio nel mezzo/substrato.

La concentrazione di glucosio è la responsabile dell’effetto Crabtree conosciuto anche come Repressione da glucosio il quale, a sua volta, può non solo causare un blocco allosterico sulla PFK, aumentare la concentrazione di piruvato ma anche:

  • Bloccare la trascrizione dei geni che codificano la sintesi delle proteine di membrana specifica per il trasporto verso la cellula del glucosio.
  • Inibire l’azione della maltopermeasi
  • Bloccare la trascrizione dei geni responsabili della codifica degli enzimi mitocondriali.
  • Esercitare una repressione sul citA e bloccare la fosforilazione ossidativa.

Questo per dire che nel momento in cui si fa una qualsiasi aggiunta di S. cerevisiae, dopo una lag fase inziale di adattamento cellulare al nuovo substrato di circa trenta minuti, si avviano spontaneamente i processi respiro fermentativi nei quali si producono acidi, piccoli peptidi, aromi, precursori di aromi, CO2, etanolo, acqua, massa cellulare ecc., ma il processo non si ferma neanche mettendo a 0/+4°C la massa.

A questa temperatura tutti gli enzimi implicati nel dualismo metabolico si trovano in una condizione non idonea rispetto al range ottimale di temperatura; rallentano solo il loro comportamento (azione batteriostatica) ma non la bloccano. L’unica possibilità per bloccare definitivamente un processo metabolico (azione battericida) è denaturare le proteine e può essere fatto solo con valori estremi di temperatura (cottura).

In conclusione, NON bloccando mai la fermentazione della massa non è possibile identificarla unicamente solo in un determinato intervallo temporale e nella specifica fase processo FERMENTAZIONE, perché in qualsiasi step produttivo, la massa fermenta; s’interrompe solo in cottura dove peraltro, se la temperatura non raggiunge certi valori, non si disattivano complessi enzimatici come lipossigenasi, alfa amilasi batteriche ecc., che possono continuare la loro azione nelle fasi post cottura.

Questo è solo un breve contributo per fare capire chiaramente perché è ERRATO/ SBAGLIATO/ DISINFORMANTE/ FAKE dire che la biga, la madre, il poolish, la pasta di riporto, il primo impasto dei panettoni, colombe, pandoro ecc., sono prefermenti.

Inoltre, questa spiegazione è destinata solo a chi ha voglia di informarsi seriamente, scientificamente e non si limita solo a ripetere a pappagallo la parola prefermento e “a bere” le fandonie raccontate dai personaggi più o meno blasonati di turno; per gli altri …”

Dott.ssa Simona Lauri

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Annona: il controllo metrico di un distributore di carburante https://www.pieronuciari.it/wp/annona-il-controllo-metrico-di-un-distributore-di-carburante/ Thu, 26 Oct 2023 09:52:16 +0000 https://www.pieronuciari.it/wp/?p=4326 Tra le tante competenze della Polizia Locale vi è quella di Polizia Metrica. In questo articolo spiegherò in pratica come

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Tra le tante competenze della Polizia Locale vi è quella di Polizia Metrica.
In questo articolo spiegherò in pratica come si effettua il controllo metrico di un distributore di carburante.
Con i tempi che corrono, con il costo della vita salito alle stelle, è importante che la PG effettui anche questo tipo di controlli al fine di tutelare i consumatori da potenziali truffe.

Sulla carta il sopralluogo potrebbe risultare complesso; in realtà, come spiegato in questo articolo, è abbastanza semplice.
Per i comandi che volessero iniziare ad effettuare questo genere di controlli, consiglio di dotarsi di un Decalitro che dovrà essere validato da uno degli Organismi di verifica privati abilitati dalla propria Camera di Commercio.
Successivamente occorrerà accordarsi con l’Ispettore Metrico della Propria Camera di Commercio per effettuare qualche sopralluogo congiunto in modo di fare pratica.

Una volta acquisita sicurezza, il controllo metrico dovrebbe essere effettuato, a mio avviso, ogni 3-4 mesi.
In questo modo i consumatori sarebbero tutelati e il Comando avrebbe un rientro in termini di immagine non indifferente.

In Italia questo genere di controlli vengono effettuati esclusivamente dagli ispettori metrici delle Camere di Commercio o dalla Guardia di Finanza, perché si crede, erroneamente, che la PG non abbia competenza in merito.
In realtà, l’articolo 5, comma 8, del Decreto 21 Aprile 2017 n. 93 stabilisce che:
«8. Restano ferme le competenze degli organi di polizia giudiziaria abilitati dalle vigenti disposizioni di legge in materia di pesi e misure»

Piero Nuciari

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