La Coop di Roma apre ai prodotti della macelleria islamica
E’ di oggi, 7 febbraio 2010, la notizia che la Coop di Roma ha aperto al suo interno un reparto di macelleria dedicato ai prodotti ‘Halal’, ovvero carni di animali macellati con uno specifico procedimento eseguito dai musulmani, che prevede il taglio netto della vena giugulare dell’animale e il suo totale dissanguamento.
Se dal punto di vista igienico posso tranquillamente affermare che è stato fatto un passo avanti per la salute dei cittadini musulmani, considerato lo stato in cui versano in Italia il 90% delle macellerie islamiche, dove i manuali di corretta prassi igienica dell’HACCP, anche se presenti, difficilmente vengono rispettati, dal punto di vista umano non riesco ad essere così ottimista, considerato il metodo barbaro con cui vengono soppresse le povere bestie.Purtroppo nella nostra società “tutto è business” e la Coop, con questa iniziativa, è chiaro come il sole che vuole acquisire la “fetta di mercato” dei cittadini islamici residenti nel nostro Paese.
Fin qui nulla di male, ma il pericolo è che una volta che questo genere di carni verranno commercializzate stabilmente in tutte le sedi Coop, anche i normali cittadini italiani, di fede cattolica, potrebbero divenirne stabili consumatori ampliando, per ovvi motivi, quella incivile mattanza effettuata con il barbaro metodo del dissanguamento.
Immaginate se qualcuno vi sgozzasse, cosa potreste provare nell’attendere la vostra sicura morte, lentamente, nel sentire la vostra vita che, piano piano, si allontana da voi, nel caldo calore del sangue che, sempre lentamente, esce dalla vostra gola squartata.
Cosa potreste provare?
Nei primi anni 80 ho svolto per sei anni la mansione di “polizia veterinaria” presso il mattatoio del comune dove lavoravo. Ho ancora impressi nella mente i belati disperati di quei poveri agnelli che venivano condotti nella sala di macellazione, il loro puntare le zampe per non essere condotti a morte, il loro percepire la morte, la loro espressione disperata… vi confesso che ho fatto veramente fatica, nei primi mesi, ad abituarmi a questo genere di lavoro!
Nelle foto pubblicate sul sito di Repubblica, si vedono anche diversi cittadini italiani che assaggiano prodotti culinari realizzati utilizzando questo tipo di carni; i loro volti contenti sono dovuti, probabilmente, anche al fatto che la Coop si è sicuramente guardata bene di spiegare loro come funziona la macellazione islamica.
I cittadini italiani sarebbero sicuramente meno contenti se sapessero che per ottenere la carne “halal” (animali uccisi secondo il rito musulmano) la bestia viene immobilizzata in una macchina che consente solo alla testa di uscire dal box di contenzione, la si rovescia sul dorso, posizionandola in direzione della Mecca e si procede al taglio della gola con un coltello affilatissimo (lo stesso che purtroppo tutti abbiamo visto in TV quando venivano decapitati gli ostaggi in Iraq).
In seguito alla recisione del nervo diapragmico il muscolo si paralizza e l’animale, appeso con la testa in basso, non può più respirare e soffoca nel proprio sangue (vi risparmio i particolari relativi alla durata dell’agonia della povera bestia!).
Questa “macellazione rituale” che – per il rispetto di “regole religiose” comporta un accrescimento delle sofferenze dell’animale – è divenuta, di recente , oggetto di polemiche e dibattiti soprattutto da parte di associazioni animaliste, di ambientalisti ed esponenti di partiti pseudo nazionalisti.
Ci si chiede se sia giusto, di fronte all’ennesima inconciliabilità tra la nostra cultura e quella islamica (non solo per quanto riguarda le usanze, ma soprattutto per ciò che concerne il rispetto della legge italiana), che lo Stato italiano continui a mantenere in vigore il decreto del Ministero della Sanità dell’ 11/6/1980; quest’ultimo, come si ricorderà, autorizza la macellazione secondo il rituale islamico, senza imporre il preventivo stordimento dell’animale ed alla luce del palese contrasto di detto decreto con i divieti imposti tassativamente dall’articolo 727 del Codice Penale (maltrattamento degli animali).Il principio di rispetto e tutela dei riti religiosi islamico ed ebraico, il quale sta alla base della deroga prevista dal decreto del Ministero della Sanità del 11/6/1980, contrasta con la circostanza che chiunque, indipendentemente dalla propria fede religiosa, possa acquistare liberamente tale carne; nei fatti, non si può più parlare di “deroga”, ma di un provvedimento che interessa potenzialmente tutti i cittadini residenti nel territorio della Repubblica.
Nazioni come la Svizzera, la Germania, l’Olanda, la Svezia e l’Austria hanno imposto per legge l’obbligo dello stordimento di tutti gli animali prima della macellazione per tutti gli animali, senza alcuna eccezione. E’ stata resa, di fatto, inapplicabile la macellazione ebraica e mussulmana limitando implicitamente “per legge” la libertà religiosa di chi professa culti minoritari.
In Italia alcune regioni tra cui il Piemonte, già da tempo hanno stabilito che sul proprio territorio si utilizzino “metodi di macellazione che, nel rispetto dei riti e delle tradizioni delle minoranze religiose, comportino, mediante lo stordimento preventivo, minori sofferenze per gli animali”.
Alla luce delle considerazioni illustrate viene spontaneo chiedersi da che parte stia la ragione.E’ più giusto che uno Stato limiti la libertà religiosa di una parte dei suoi cittadini (anche se “ospiti”) costringendoli al rispetto delle proprie leggi, oppure è più importante che conceda delle deroghe alle proprie normative benché in contrasto con quelle fondamentali della Repubblica?
Nella civiltà europea l’“ospite”, di norma , è chiamato a rispettare le regole e le abitudini del c.d. “padrone di casa”.
Sarebbe utile conoscere il numero di europei ai quali siano state concesse deroghe per l’apertura di birrerie, per la vendita di altri alimenti vietati dalla legge islamica o, in generale, da leggi in vigore nei paesi arabi.
Con molta probabilità, nessuno!
Ma torniamo alla macellazione islamica.
In Gran Bretagna, una organizzazione governativa denominata “Consiglio per il benessere degli animali domestici” ha chiesto di impedire la macellazione di che trattasi perché effettuata “in maniera repellente”. Secondo il Farm Animal Welfare Council – che raccoglie accademici, veterinari e proprietari di fattorie – gli animali sgozzati soffrirebbero troppo perché perderebbero conoscenza dai 14 secondi ai 2 minuti seguenti alla macellazione.
In Italia, il problema della sofferenza sopra descritta, è stato superato, come al solito, per legge.Il menzionato decreto n. 168 del 1980, infatti, già autorizzava la macellazione senza preventivo stordimento a condizione che venissero “adottate tutte le precauzioni atte ad evitare il più possibile sofferenze ed ogni stato di eccitazione non necessario. A tal fine gli animali debbono essere introdotti nella sala di macellazione solo quando tutti i preparativi siano stati completati. Il contenimento, la preparazione e la iugulazione dei medesimi debbono essere eseguiti senza alcun indugio“.
La parte del decreto riportata tra virgolette, è a dir poco assurda e – ad avviso di chi scrive – non fa onore al legislatore italiano il quale, in altre occasioni, si è distinto a livello europeo per la lungimiranza delle varie normative licenziate.
In altri termini, è come se il Ministero interessato avesse scritto: “mentre sgozzate e fate dissanguare l’animale – cosciente – dentro quell’infernale macchina precedentemente descritta, fate in modo che non soffra molto”.
Il decreto n. 168/80 non è il solo atto normativo emanato dal legislatore italiano a favore di questa procedura cruenta; la nostra legislazione vanta anche il Decreto Legislativo 1° settembre 1998 n. 333, in attuazione della direttiva 93/119/CE relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l’abbattimento, il quale stabilisce che “lo stordimento dell’animale prima della macellazione o l’abbattimento istantaneo non si applicano alle macellazioni che avvengono secondo i riti religiosi“.Per consentire al lettore di avere una visione completa dell’argomento trattato dal punto di vista normativo, si riporta una breve cronistoria delle leggi in materia che si sono succedute nel tempo.
La normativa di riferimento, il R.D. 21 luglio 1927, n. 1586, stabiliva, all’articolo 9, che la macellazione degli animali dovesse essere adottata con procedimenti finalizzati alla rapidità della morte dell’ animale mediante uso di apparecchi esplodenti a proiettile captivo, o a mezzo enervazione (cioè la recisione del midollo allungato), cui seguiva la recisione dei grossi vasi sanguigni del collo per l’ ottenimento della dissanguazione. Tutte le operazioni descritte venivano eseguite da personale di sicura abilità e debitamente autorizzato.
Nel 1974, la Comunità europea, per evitare disparità di trattamento, intervenne con la Direttiva n. 577, stabilendo un criterio generale per definire limitazioni a comportamenti crudeli nei confronti degli animali attraverso lo stordimento obbligatorio, da effettuarsi prima della macellazione.
Già allora, vennero previste deroghe allo stordimento (articolo 4) per tipologie di macellazione rituale, dettate da prescrizioni derivanti dal culto.
Il Parlamento italiano si adeguava alla Direttiva, ricalcandone il contenuto delle disposizioni, con la Legge n. 439 del 1978.
Due anni dopo, anche le deroghe riguardanti i metodi rituali vennero recepite dal Governo attraverso il tristemente noto Decreto Ministeriale 11 Giugno 1980, stranamente innovativo, visto che il nostro territorio non era ancora stato preso d’assalto dall’immigrazione musulmana.
Il titolo del Decreto Ministeriale era: “ autorizzazione alla macellazione degli animali secondo i riti religiosi ebraico ed islamico”.
Quelle di seguito riportate sono le deroghe previste da tale Decreto:
“Articolo 1
Si autorizza la macellazione senza preventivo stordimento eseguita secondo i riti ebraico ed islamico da parte delle rispettive comunità.
Articolo 2
La macellazione deve essere effettuata da personale qualificato che sia perfettamente a conoscenza ed addestrato nell’esecuzione dei rispettivi metodi rituali. L’operazione dovrà essere effettuata mediante un coltello affilatissimo in modo che possano essere recisi con un unico taglio contemporaneamente l’esofago, la trachea ed i grossi vasi sanguigni del collo.
Articolo 3
Nel corso della operazione debbono essere adottate tutte le precauzioni atte ad evitare il più possibile sofferenze ed ogni stato di eccitazione non necessario. A tal fine gli animali debbono essere introdotti nella sala di macellazione solo quando tutti i preparativi siano stati completati. Il contenimento, la preparazione e la iugulazione dei medesimi debbono essere eseguiti senza alcun indugio” .
Pur tralasciando le problematiche politiche, etiche e morali delle procedure descritte, mi piacerebbe sapere come le stesse si conciliano dal punto di vista igienico, con tutte le direttive europee relative all’igiene (HACCP) da adottarsi nei confronti dei capi in procinto di essere abbattuti.E’ risaputo che nelle visite veterinarie “ante mortem” alle quali vengono sottoposti ad esempio i bovini, molta importanza riveste il controllo dello stress subito dall’animale durante il trasporto.
Detto stress, in base alla letteratura veterinaria, è in grado di scatenare letteralmente i batteri intestinali dei poveri animali, che si veicolano in tutte le parti del corpo delle bestie.
In questi casi, il veterinario ordina la sospensione della macellazione, facendo riposare la povera bestia per qualche giorno. Resta alquanto difficile pensare che un bovino od un agnello destinati alla macellazione per dissanguamento e senza stordimento, secondo i metodi islamici, non subiscano stress e quindi le carni non possano essere potenzialmente attaccate dai batteri intestinali.
Dal 1980 al 1986, come scrivevo all’inizio dell’articolo, ho svolto funzioni di polizia veterinaria presso il mattatoio del comune dove prestavo servizio come vigile urbano. Senza ombra di dubbio posso dire che gli animali condotti al macello percepiscono chiaramente la loro sorte: in più di un’occasione ho visto giovani tori o capretti defecare per la paura mentre venivano spinti dal personale nella sala di macellazione. Mi resta alquanto difficile, quindi, pensare che la macellazione islamica non produca stress all’animale e le conseguenti problematiche igieniche che si potrebbero poi trasmettere al consumatore finale. E’ infatti scientificamente documentato che lo stress pre-macellazione produce nell’animale un aumento dell’attività adrenalinica la quale provoca una riduzione del livello del glicogeno nel sangue; in tutti questi casi si rischia che la carenza di glicogeno impedisca la diminuzione del PH della carne, con conseguente pericolo di contaminazioni.(*).
(*) http://www.regione.piemonte.it “ Applicazione del sistema HACCP e dei sistemi di qualità nelle strutture di macellazione dei bovini”
La bestia stressata, inoltre, elimina salmonella con le feci che, in caso di errori di eviscerazione, di scuoiatura o di contatto con pelle, pedane o abiti, può contaminare la carcassa, l’ambiente, le attrezzature, le carni e, potenzialmente, anche i successivi animali che verranno macellati.
Alla luce di quanto sopra descritto, sarei curioso di conoscere il parere su questo nuovo business dei prodotti ‘Halal’ della Coop, di coloro che si definiscono “ambientalisti”, “verdi”, “animalisti”, che tante battaglie civili hanno condotto negli ultimi anni a fianco del “gigante nazionale della distribuzione”!
Come mai non si sono fatti ancora sentire?
…io una risposta ce l’avrei… e voi?
Piero Nuciari
Per chi volesse approfondire la problematica:
http://www.pcnat.it/Macellazione%20Rituale.pdf
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