NewsNovità legislative

Recepita in Italia la Direttiva Bolkestein: ecco cosa cambia per il commercio

bolkestein.jpg L’8 Maggio 2010 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 59/2010 avente come oggetto “Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno”; una norma “impegnativa” per l’Italia, destinata in un prossimo futuro a creare non pochi problemi sia al Governo che alle regioni.

La Direttiva  2006/123/CE mira (almeno negli intenti)  ad apportare benefici alle imprese e a tutelare i diritti del consumatore, riducendo e in alcuni casi eliminando l’elevato numero di ostacoli burocratici che impediscono ai prestatori di servizi di espandersi oltre i confini nazionali al fine di sfruttare appieno il mercato unico, in un’ottica di maggiore competitività ed equilibrio dei mercati.

La novità introdotta dalla Bolkestein è  il principio della “libertà di prestare servizio”, che prevede il divieto per gli Stati di imporre al prestatore di servizi di un altro Stato membro, ulteriori requisiti burocratici rispetto a quelli richiesti ai propri operatori, che non siano giustificati da ragioni di pubblica sicurezza, protezione della salute e dell’ambiente.

Nella versione finale della Direttiva, tale principio ha (per fortuna) sostituito l’iniziale “principio del paese d’origine”, molto contestato in vari paesi europei,  in base al quale il prestatore di servizi era soggetto alle disposizioni dello Stato membro di provenienza.

In linea teorica gli scopi della Direttiva potrebbero anche essere buoni, visto che tende  a  realizzare l’ armonizzazione dei regimi normativi di accesso ed esercizio delle attività di servizi, abbattendo gli ostacoli alla prestazione nel mercato interno;  in realtà, però, a giudicare dai problemi che sicuramente creerà in tutti i settori della nostra economia, tra qualche anno sarà sicuramente etichettata come l’ennesima norma europea che ha contribuito a rovinare  l’economia italiana.
 

A chi riguarda il D.Lgs. n. 59/2010

Il comma 1, dell’articolo 1, del D.Lgs. n. 59/10, stabilisce che ”le disposizioni del presente decreto si applicano a qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta alla scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale”.

All’articolo 2  vengono individuate le attività nei confronti delle quali il decreto non si applica:

a) alle attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri, quando le stesse implichino una partecipazione diretta e specifica all’esercizio del potere pubblico e alle funzioni che hanno per oggetto la salvaguardia degli interessi generali dello Stato e delle altre collettività pubbliche;

b) alla disciplina fiscale delle attività di servizi;

c) ai servizi d’interesse economico generale assicurati alla collettività in regime di esclusiva da soggetti pubblici o da soggetti privati, ancorché scelti con procedura ad evidenza pubblica, che operino in luogo e sotto il controllo di un soggetto pubblico.  Le disposizioni del decreto non si applicano, inoltre, nei casi previsti negli articoli da 3 a 7  e precisamente:

• servizi sociali (art. 3);
• servizi finanziari (art. 4);
• servizi di comunicazione (art. 5);
• servizi di trasporto (art. 6);
• servizi di somministrazione di lavoratori forniti dalle agenzie per il lavoro, autorizzate ai sensi del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
• servizi sanitari e a quelli farmaceutici forniti direttamente a scopo terapeutico nell’esercizio delle professioni sanitarie, indipendentemente dal fatto che vengano prestati in una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione, di finanziamento e dalla loro natura pubblica o privata;
• servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici;
• gioco d’azzardo e di fortuna comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco;
• servizi privati di sicurezza;
• servizi forniti da notai (art. 7).

Cosa cambia in materia di somministrazione e commercio

Con gli artt. dal 64 al 72, il D.Lgs. n. 59/2010 ha apportato diverse significative modifiche alle normative relative al commercio e alla somministrazione.

Per prima cosa è da dire che sono stati unificati i requisiti di onorabilità e professionalità  necessari per l’accesso al commercio  su tutto il territorio nazionale.

Relativamente all’apertura degli esercizi di vicinato e delle altre forme speciali di vendita (spacci interni ‐ apparecchi automatici‐vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione ‐ vendite presso il domicilio dei consumatori) al posto della comunicazione è stata prevista la dichiarazione di inizio attività “DIA”, ad efficacia immediata , che consente l’avvio dell’attività contestualmente all’invio della comunicazione al Comune competente per territorio.

Un notevole passo in avanti visto che la previdente normativa prevedeva, come si ricorderà, l’obbligo per l’aspirante commerciante di attendere trenta giorni dalla presentazione della comunicazione.

Per gli esercizi di somministrazione, considerata la necessità di garantire particolari di viabilità ed ordine pubblico, nonché di tutela di zone di pregio storico ed artistico,  il decreto ha confermato la necessità del provvedimento di autorizzazione nel caso di apertura.

Per completezza di informazione si evidenzia che il Ministero dello Sviluppo Economico, nella Circolare n. 3635/C, del 6 maggio 2010, ha chiarito che il procedimento di rilascio dell’autorizzazione in questione è soggetto a silenzio assenso per la previsione dell’art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e che l’autorizzazione per l’attività mantiene la natura di licenza di polizia ai fini dell’art. 86 del T.U.L.P.S., come disposto dall’art. 152 del R.D. n. 773/1931, modificato dal D.P.R. n. 311/2001, e successivamente precisato dal parere del Ministero dell’Interno del 23 maggio 2007, n. 557/PAS.1251.12001.

In caso di trasferimento di sede e di titolarità e di subingresso (gestione dell’attività), la norma ha previsto due tipi di DIA: ad efficacia differita a trenta giorni e immediata.
 

Le novità relative all’ambulantato

La novità che negli ultimi mesi ha suscitato in assoluto più proteste nel settore del commercio ambulante è che dall’8 Maggio 2010  l’autorizzazione per il commercio su aree pubbliche potrà essere rilasciata, oltre che a persone fisiche e a società di persone, anche a società di capitali regolarmente costituite o a società cooperative (art. 70, comma 1).

Se da un lato una tale scelta potrà andare incontro ai consumatori che potranno usufruire di prodotti venduti a prezzi inferiori, dall’altro danneggerà inevitabilmente i piccoli ambulanti.

Con il recepimento della Bolkestein, infatti, le licenze per il commercio ambulante  non saranno più esclusivo appannaggio delle imprese familiari, come accade oggi, ma potranno essere rilasciate anche alle S.p.A. e alle S.r.l. con il conseguente ingresso sul mercato dei colossi della grande distribuzione.

Sarà quindi concreto il rischio della costruzione di veri e propri monopoli o cartelli, a discapito dei piccoli commercianti,  come del resto è avvenuto negli ultimi anni per piccoli negozi a conduzione familiare.

Sicuramente verranno messi a repentaglio decine di migliaia di posti di lavoro in tutta Italia.

La norma ha inoltre previsto che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante dovrà essere rilasciata, in base alla normativa emanata dalla Regione, dal Comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l’attività.

E’ da evidenziare che tale autorizzazione abiliterà anche alla vendita al domicilio del consumatore nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago (art. 70, comma 2).
 

Altre novità

Agli articoli dal 65 al 69 del Decreto legislativo viene stabilito – come anticipato in premessa – che non saranno più soggette  a “comunicazione”, ma a dichiarazione di inizio di attività – da presentare allo sportello unico per le attività produttive del comune nel quale l’esercente ( persona fisica o giuridica), intende avviare l’attività:

a) L’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie di un esercizio di vicinato, come definito dall’articolo 4, comma 1, lettera d), del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (art. 65);

b) La vendita di prodotti a favore di dipendenti da enti o imprese, pubblici o privati, di militari, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole e negli ospedali esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi, di cui all’articolo 16 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (art. 66);

c) La vendita dei prodotti al dettaglio per mezzo di apparecchi automatici di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (art. 67);

d) La vendita al dettaglio per corrispondenza, o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione, di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (art. 68);

e) La vendita al dettaglio o la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio dei consumatori (art. 69).

Il Decreto Legislativo ha inoltre  riformulato i requisiti per l’esercizio dell’attività di vendita e di somministrazione, oltre a quelli relativi all’esercizio in qualsiasi forma di un’attività commerciale alimentare e di somministrazione di alimenti e bevande, anche se effettuate nei confronti di una determinata cerchia di persone, come:

a) al domicilio del consumatore;

b) negli esercizi annessi ad alberghi, pensioni, locande o ad altri complessi ricettivi, limitatamente alle prestazioni rese agli alloggiati;

c) negli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell’interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime;

d) negli esercizi in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;

e) nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno;

f) esercitata in via diretta a favore dei propri dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche;

g) in scuole; in ospedali; in comunità religiose; in stabilimenti militari, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

h) nei mezzi di trasporto pubblico.

Conseguentemente sono stati abrogati i commi 2, 4 e 5 dell’articolo 5, del D. Lgs. n. 114/1998 e l’articolo 2 della legge n. 287/1991 (art. 71).
 

Conclusione

Anche se di primo acchito potrebbe sembrare che la Direttiva Bolkestein e il conseguente Decreto Legislativo di recepimento, abbiano come scopo principale il miglioramento dell’attività economica europea, l’azzeramento di vincoli burocratici e la maggior tutela dei consumatori, nella realtà, come troppo spesso abbiamo riscontrato negli ultimi anni nel nostro Paese e in Europa, le cose non sono quello che sembrano.

I reali obiettivi che la Direttiva Bolkstein intende perseguire appaiono chiari non appena si prova a trasporre nella realtà il testo della stessa, spogliandolo della maschera di falsi buoni propositi che l’hanno accompagnato durante tutte le fasi della sua definitiva approvazione.

Guardandolo con occhio diverso, è così possibile scoprire  come fra le pieghe di frasi spesso presentate come slogan quali “l’incentivazione all’espansione transfrontaliera delle imprese” la “riduzione degli oneri amministrativi” “la riduzione dei prezzi attraverso lo stimolo alla concorrenza” “la sequela infinita di vantaggi per il consumatore” e molte altre che non si riporta, si celi invece una realtà destinata a parlare un linguaggio per molti versi contraddittorio.

Ad un’ attenta analisi del testo, infatti, gli ostacoli che la proposta intende veramente smantellare, in Europa e, soprattutto, nel nostro Paese, riguardano la tutela del consumatore, la trasparenza nelle procedure, le garanzie sociali ed ambientali, la qualità dei servizi, la possibilità di prendere decisioni da parte delle autorità locali, etc. a vantaggio delle solite onnipresenti lobby economiche, poteri talmente forti da condizionare pesantemente la politica, l’economia e, di recente, anche la salute dei cittadini europei.

Ma siamo proprio sicuri di averci guadagnato nell’entrare in Europa?

Piero Nuciari

Il testo del decreto legislativo di recepimento della Direttiva Bolkestein
dlgs_59_2010.zip

Print Friendly, PDF & Email

Visits: 8322

Condividi