Abrogata la legge 283 del 1962
Tutti quelli che si occupano di controlli igienici presso le varie attività alimentari conoscono questa legge, che per decenni ha tutelato i consumatori.
La legge 30 aprile 1962, n. 283, relativa alla disciplina igienica della produzione e della vendita di sostanze alimentari e bevande, contemplava, all’art. 5, una serie di fattispecie penalmente rilevanti, sanzionate dal successivo art. 6; essa rappresentava un testo normativo alquanto complesso, destinato a regolare l’intero ciclo merceologico del prodotto alimentare, dalla preparazione alla distribuzione.
La norma implicava profili sanitari e commerciali che garantivano la tutela del consumatore e la correttezza delle relazioni commerciali. Al suo interno erano racchiuse molteplici disposizioni riguardanti le modalità di prelievo dei campioni e di svolgimento delle analisi di laboratorio, i sistemi di preparazione del prodotto alimentare, con particolare attenzione agli ingredienti e conservanti, il confezionamento e l’etichettatura, la concessione delle autorizzazioni sanitarie, la pubblicità e la presentazione in commercio.
La sua particolarità era che a differenza della norma penale – la quale per essere applicata necessita che il pericolo di natura igienica contro l’incolumità pubblica debba essere accertato in concreto – poteva essere applicata anche nel caso di pericolo presunto, visto che considerava le fattispecie elencate nell’articolo 5, tipicamente o necessariamente pericolose per la salute umana, a prescindere da un accertamento in tal senso.
L’articolo 5, infatti, prevedeva che:
“E’ vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari:
a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiori o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali;
b) in cattivo stato di conservazione; c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali;
d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione;
e) adulterate, contraffatte o non rispondenti per natura, sostanza o qualità alla denominazione con cui sono designate o sono richieste;
f) colorate artificialmente quando la colorazione artificiale non sia autorizzata o, nel caso che sia autorizzata, senza l’osservanza delle norme prescritte e senza l’indicazione a caratteri chiari e ben leggibili, della colorazione stessa.
Questa indicazione, se non espressamente prescritta da norme speciali, potrà essere omessa quando la colorazione è effettuata mediante caramello, infuso di truciolo di quercia, enocianina od altri colori naturali consentiti;
g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l’osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali;
h) che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo.
Il Ministro per la sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto, autorizzato all’impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e l’intervallo minimo che deve intercorrere tra l’ultimo trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate, tra l’ultimo trattamento e l’immissione al consumo.”
Come si ricorderà, questo articolo, assieme agli articoli 6 e 12, aveva mantenuto le proprie caratteristiche di carattere penale anche in seguito all’intervento di “depenalizzazione” attuato con il D. Lgs. 507/99, visto che prevedeva una serie di ipotesi di reato contravvenzionale di “pericolo presunto”.
Questi reati, pur non minacciando direttamente la vita del consumatore, comportavano comunque la violazione di determinati divieti, e l’illecito si concretizzava se non venivano rispettate determinate prescrizioni, a prescindere dalla concreta pericolosità del prodotto. Altra particolarità della norma era che non venivano punite solamente la produzione e la commercializzazione di determinati prodotti, ma anche la loro detenzione, oltre che sul luogo di vendita, anche nei magazzini dell’esercizio alimentare.
Per l’integrazione della fattispecie criminosa, come scritto poc’anzi, non era necessario il “dolo”, ossia la coscienza e volontà della condotta, ma era sufficiente la “colpa” derivante dall’omissione dei doverosi accertamenti di conformità che avrebbero evitato il fenomeno vietato.
La L. 283/62 era, in sintesi, una norma eccezionale per la tutela dei consumatori e uno strumento indispensabile per tutti gli organi addetti ai controlli dell’igiene degli alimenti.
I nostri politici pasticcioni
La notizia dell’abrogazione l’ho ricevuta da una email di un tecnico del settore che, come me, ha la stessa passione per l’igiene alimentare e la tutela dei consumatori.
Ho sinceramente provato rabbia e impotenza, considerato anche il carente quadro legislativo con il quale, purtroppo, dovremo convivere nel prossimo futuro se vogliamo continuare a tutelare i consumatori.
Anche se la speranza di un ravvedimento del legislatore è l’ultima a morire, il futuro che si prospetta è a dir poco preoccupante, visto che non esistono di fatto normative recenti della stessa portata, lungimiranza e applicabilità della L. 283/62.
Come scritto poc’anzi, la norma penale può essere applicata solo se accertata in concreto, per cui, se d’ora in avanti dovessimo accertare che un pubblico esercizio mantiene le paste farcite con crema pasticcera in estate, a temperatura ambiente, oppure poste alla portata di tutti senza gli schermi di protezione atti ad evitare le contaminazioni causate dalle mosche o dagli avventori, non potremo più fare nulla perché potremmo denunciare l’esercente solo se le analisi dei campioni dovessero dimostrare che i prodotti presentano una carica batterica pericolosa per la salute umana.
E questo è solo uno dei tantissimi esempi in cui, a causa dell’abrogazione della legge 283/62, gli addetti ai controlli non potranno più intervenire per tutelare la salute dei consumatori.
Come è avvenuta l’abrogazione
Tutti noi sappiamo sicuramente, per averlo sentito dai telegiornali, che il Ministro Calderoli sta “sfoltendo” le leggi della Repubblica, eliminando quelle obsolete.
Considerato che viviamo in una giungla normativa in cui una stessa materia è disciplinata da più leggi succedutesi nel tempo, e che il cittadino, spesso vittima delle stesse, fino ad una famosa sentenza di qualche anno fa non poteva dichiarare a propria discolpa l’ignorantia legis, appare comunque importante il lavoro che il Ministro sta facendo per la civile convivenza.
Tuttavia, un conto è eliminare leggi inutili e/o obsolete, un altro è eliminare leggi che, anche se datate, continuano ad essere applicate quotidianamente per la tutela della salute pubblica.
Il d. lgs. 1 dicembre 2009, n. 179, recante: “disposizioni legislative statali anteriori al 1 gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246”, non contiene nell’elenco delle leggi salvate l’indicazione della L. 30 aprile 1962, n. 283; pertanto, per effetto dell’applicazione della procedura del cd. “taglia-leggi”, prevista dalla L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14, la legge 283 del 1962 deve essere considerata abrogata.
Ma facciamo un passo indietro…
La legge 18 giugno 2009, n. 69, avente come oggetto “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita’ nonche’ in materia di processo civile”, con l’articolo 4, comma 1, ha modificato l’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, sostituendo il comma 14 con il seguente testo:
” 14. Entro ventiquattro mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 12, il Governo e’ delegato ad adottare, con le modalita’ di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, secondo i seguentiprincipi e criteri direttivi:
a) esclusione delle disposizioni oggetto di abrogazione tacita o implicita;
b) esclusione delle disposizioni che abbiano esaurito la loro funzione o siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete;
c) identificazione delle disposizioni la cui abrogazione comporterebbe lesione dei diritti costituzionali;
d) identificazione delle disposizioni indispensabili per la regolamentazione di ciascun settore, anche utilizzando a tal fine le procedure di analisi e verifica dell’impatto della regolazione;
e) organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse;
f) garanzia della coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa;
g) identificazione delle disposizioni la cui abrogazione comporterebbe effetti anche indiretti sulla finanza pubblica;
h) identificazione delle disposizioni contenute nei decreti ricognitivi, emanati ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, aventi per oggetto i principi fondamentali della legislazione dello Stato nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
…[omissis]”
La legge 18 giugno 2009, n. 69 ha anche introdotto il comma 14/ter che, di fatto, è il comma che ha causato l’abrogazione della L. 283/62:
”[omissis]
14-ter. Fatto salvo quanto stabilito dal comma 17, decorso un anno dalla scadenza del termine di cui al comma 14, ovvero del maggior termine previsto dall’ultimo periodo del comma 22, tutte le disposizioni legislative statali non comprese nei decreti legislativi di cui al comma 14, anche se modificate con provvedimenti successivi, sono abrogate.” …[omissis].
E’ in questo contesto normativo che si inserisce il d .lgs. n. 179 del 2009 (cd. salva leggi), che all’articolo 1 stabilisce che:
“1. Ai fini e per gli effetti della l. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14, commi 14, 14-bis e 14-ter, e successive modificazioni, nell’Allegato 1 del presente decreto legislativo sono individuate le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1 gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali è indispensabile la permanenza in vigore”;
“2. Sono sottratte all’effetto abrogativo di cui al D.L. 22 dicembre 2008, n. 200, art. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9, le disposizioni indicate nell’Allegato 2 al presente decreto legislativo, che permangono in vigore anche ai sensi e per gli effetti della l. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14, commi 14, 14-bis e 14-ter, e successive modificazioni”.
Quindi, per il disposto della L. n. 246 del 2005, comma 14/ter, introdotto dalla L. n. 69 del 2009, e in considerazione della data di entrata in vigore della Legge n. 246 del 2005, si deve obbligatoriamente concludere che il termine di un anno scade (è scaduto) il 16 dicembre 2010 e che, pertanto, non figurando la Legge n. 283/62 nell’elenco delle norme “salvate”, deve obbligatoriamente essere considerata abrogata.
A questo punto viene spontaneo chiedersi se l’abrogazione di una norma così importante sia dovuta ad una svista del legislatore oppure se esiste una precisa volontà dei nostri Governanti.
Nella seconda ipotesi è possibile affermare, senza ombra di dubbio, che si è creato un pericoloso vuoto legislativo, che nel prossimo futuro, se non verrà risolto, creerà seri problemi agli addetti ai controlli e, soprattutto, alla collettività, in termini di salute e di costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Sopprimendo la L. n. 283/62, i nostri Governanti hanno – di fatto – violato l’articolo 32 della Costituzione, volto a tutelare la salute dei cittadini, il quale stabilisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività [omissis]” .
Come può essere risolto il problema
Se non dovesse verificarsi nei prossimi mesi un ravvedimento dei nostri Governanti, l’unica soluzione percorribile, per continuare a tutelare i consumatori, è quella di disciplinare la materia a livello regionale e/o comunale, prevedendo dei regolamenti con tutte le opzioni originariamente contemplate nella legge 283/62 e nel DPR n. 327/81.
Un esempio potrebbe essere il recente (Ottobre 2010) regolamento emanato dal Comune di Reggio Emilia, avente come oggetto: NUOVE NORME DEL REGOLAMENTO COMUNALE DI IGIENE – TITOLO IV° “ IGIENE DEGLI ALIMENTI E DELLE BEVANDE”, che potrebbe essere usato come “base” dove inserire quanto originariamente previsto nella L. 283/62 e nel relativo regolamento di Esecuzione.
In questo modo, sebbene a livello locale, sarebbe ancora possibile garantire la sicurezza dei consumatori.
Piero Nuciari
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