Convertito nella legge 21.5.21 n. 71, il decreto-legge 22 marzo 2021, n. 42, recante misure urgenti sulla disciplina sanzionatoria in materia di sicurezza alimentare
Come il lettore ricorderà, il decreto-legge n. 42 del 2021, relativo alla disciplina sanzionatoria in materia alimentare, era stato redatto per a circoscrivere, prima della sua entrata in vigore, l’ambito di operatività della disciplina di cui all’art. 18 d.lgs. n. 27 del 2021, che avrebbe comportato, a partire dal 26 marzo 2021, l’abrogazione delle contravvenzioni e dei principali illeciti amministrativi di cui alla legge n. 283 del 1962, in materia di sicurezza alimentare.
Lo scopo del DL è stato quello di evitare che rilevanti settori relativi alla produzione e alla vendita delle sostanze alimentari e bevande restassero privi di tutela sanzionatoria penale e amministrativa con pregiudizio della salute dei consumatori.
E’ da evidenziare che nel corso dell’esame presso il secondo ramo del Parlamento sono stati inseriti nel decreto-legge due nuovi articoli che intervengono rispettivamente sulla disciplina della controperizia e della controversia, di cui agli articoli 7 e 8 del decreto legislativo n. 27 del 2021 e sull’articolo 1 del decreto-legge n. 91 del 2014 modificando la disciplina della diffida, che, nel settore agroalimentare, consente di escludere in presenza di particolari condizioni l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie a fronte dell’ottemperanza alle prescrizioni impartite dall’autorità addetta al controllo.
Il decreto-legge n. 42/2021 è stato, di fatto, un tentativo messo in atto “in extremis” dal Governo, visto che incide sull’elenco di abrogazioni previste dall’articolo 18, al fine di impedire l’abrogazione dell’apparato sanzionatorio a corredo della disciplina sull’igiene delle sostanze alimentari e delle bevande contenuto nella legge n. 283 del 1962 (così come modificata dalla legge 26 febbraio 1963, n. 441) e nel regolamento di esecuzione di tale legge (decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327).
L’articolo 18, d.lgs. n. 27 del 2021 , comma 1, lett. b) aveva infatti disposto l’abrogazione dell’intera legge n. 283 del 1962, facendo salve solo alcune specifiche disposizioni.
Risultavano quindi abrogate, a decorrere dal 26 marzo 2021, le sanzioni penali contravvenzionali e i principali illeciti amministrativi relativi all’impiego, la vendita o la somministrazione di sostanze alimentari e bevande.
In sintesi sarebbe finita nel nostro paese ogni forma di prevenzione in ambito alimentare a tutela dei consumatori.
Con il provvedimento in esame, tramite l’integrazione dell’elenco delle norme sottratte all’abrogazione, sono di fatto reintrodotte nell’ordinamento tutte le disposizioni sanzionatorie.
Come si ricorderà, il D.lgs. n. 27 del 2021, composto da 20 articoli e 3 allegati, dà attuazione all’articolo 12 della legge n. 117 del 2019 (Legge di delegazione europea 2018), che delega il Governo all’adeguamento dell’ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo, recante un quadro armonizzato dei controlli ufficiali nell’intera filiera agroalimentare.
A tal fine, il provvedimento individua le autorità deputate a organizzare o effettuare i controlli ufficiali e le altre attività ufficiali nei settori riguardanti: gli alimenti e la sicurezza alimentare, l’integrità e la salubrità, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione di alimenti, comprese le norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare gli interessi e l’informazione dei consumatori, la fabbricazione e l’uso di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con alimenti, anche con riferimento agli alimenti geneticamente modificati; i mangimi e la sicurezza dei mangimi in qualsiasi fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione e dell’uso di mangimi, comprese le norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare la salute, gli interessi e l’informazione dei consumatori, anche con riferimento ai mangimi geneticamente modificati; la salute animale; la prevenzione e la riduzione al minimo dei rischi sanitari per l’uomo e per gli animali derivanti da sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati; il benessere degli animali; l’immissione in commercio e l’uso di prodotti fitosanitari e l’utilizzo sostenibile dei pesticidi, ad eccezione dell’attrezzatura per l’applicazione di pesticidi; le misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante; la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici; l’uso e l’etichettatura delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite.
E’ anche da evidenziare che le uniche disposizioni sottratte all’abrogazione dall’articolo 18 erano quelle di cui agli articoli 7 e 22 della legge n. 283 relative ad adempimenti a carico del Ministero della Salute e dell’articolo 10 della medesima legge che conteneva una fattispecie di illecito amministrativo, di scarsa applicazione pratica, volta a sanzionare la produzione, la vendita o la messa in commercio di sostanze alimentari o imballaggi colorati con colori non autorizzati.
Riguardo all’inserimento delle disposizioni sanzionatorie di cui alla legge n. 283 nell’elenco delle disposizioni da abrogare, la Corte di cassazione, Ufficio del Massimario, nella Relazione del 17 marzo 2021, lo aveva configurato come un eccesso di delega rispetto alle previsioni di cui all’articolo 12, co. 3, lett a) del d.lgs. n. 117/2019 che invece prevedeva soltanto la possibilità di adeguare e raccordare le disposizioni nazionali vigenti alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625, con abrogazione espressa delle norme nazionali incompatibili e mediante coordinamento e riordino di quelle residue e lett. i), che conferisce al Governo soltanto il potere di ridefinire il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni del regolamento 2017/625 attraverso la previsione di sanzioni amministrative efficaci, dissuasive, proporzionate alla gravità delle violazioni medesime».
Al riguardo la Cassazione aveva sottolineato come la legge n. 283 del 1962 non si ponesse affatto in posizione di incompatibilità con le norme (procedurali) del regolamento (UE) 2017/625 e “non si rinviene alcuna situazione di oggettiva incertezza nella ricostruzione del coerente significato dei suesposti criteri e principi direttivi tali da giustificare, nella fase attuativa, qualche forma di discrezionalità spettante al Governo nella fase di attuazione della delega”. E’ da evidenziare, inoltre, che l’abrogazione della legge n. 283 (della legge di modifica della stessa e del regolamento di esecuzione) non era presente nello schema di decreto legislativo (AG 206) presentato alle Camere per l’espressione del parere parlamentare. Peraltro, una parziale depenalizzazione della materia della sicurezza alimentare, effettuata attraverso l’abrogazione della legge del 283/1962 e la contestuale previsione di sanzioni amministrative pecuniarie, era prevista nell’intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-regioni il 3 dicembre 2020.
Più in dettaglio, la lettera a) del comma 1, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 42, modificando la lettera b) del comma 1 dell’articolo 18 del D. lgs. 27/2021, sottrae all’abrogazione:
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le fattispecie sanzionate penalmente di cui agli articoli 5, 6, 12, 12-bis e 18 della legge n. 283 del 1962;
Per chi non si occupa di controlli, ricordo che la legge n. 283 del 1962, una delle più vecchie ed efficaci leggi del nostro ordinamento, reca la disciplina generale, preventiva e repressiva, sull’igiene degli alimenti, prevedendo, tra l’altro, numerose contravvenzioni di pericolo contro la salute pubblica (artt. 5 e 6), costituendo il primo livello di tutela penale lungo la filiera agroalimentare, rispetto ai più gravi delitti previsti nel codice penale, di comune pericolo mediante frode (art. 439 e ss. c.p.) applicabili quando gli eventi si sono già verificati.
In particolare l’art. 5 della l. n. 283 (forse il più applicato dagli organi di controllo!) vieta l’impiego, la vendita o la somministrazione di sostanze alimentari e bevande che siano:
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private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali (comma 1, lett.a);
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in cattivo stato di conservazione (comma 1, lett. b);
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con cariche microbiche superiori ai limiti stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali (comma 1, lett. c);
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con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l’osservanza delle norme prescritte per il loro impiego (comma 1, lett. g).
Alla violazione di tali precetti, l‘articolo 6 della medesima legge, associa le sanzioni penali contravvenzionali dell’arresto fino ad un anno o dell’ammenda da 309 a 30.987 euro.
Per la violazione del divieto di impiego, la vendita o la somministrazione di sostanze alimentari e bevande insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione (art. 5, comma 1, lett. d)) oppure che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo (art.5, comma 1, lett. h)), l’articolo 6 prevede l‘ arresto da tre mesi ad un anno o il pagamento dell’ammenda da euro 2.582 a euro 46.481, escludendo in caso di frode tossica o comunque danno per la salute l’applicazione dei benefici della sospensione condizionale e dell’estinzione della pena per decorso del tempo.
L’articolo 12 della citata legge n. 283 vieta l’introduzione nel territorio della Repubblica di qualsiasi sostanza destinata all’alimentazione non rispondente ai requisiti prescritti.
L’articolo 12-bis completa il quadro sanzionatorio accessorio attribuendo al giudice, in caso di particolare gravità e pericolo per la salute pubblica, ovvero di recidiva specifica, di disporre in sede di condanna la chiusura definitiva dello stabilimento o dell’esercizio e la revoca della licenza, dell’autorizzazione o dell’analogo provvedimento amministrativo che consente l’esercizio dell’attività. L’articolo 18 specifica che le disposizioni di cui agli articoli 5, 6 e 12 della legge n. 283 si applicano quando i fatti ivi contemplati non costituiscono reato più grave ai sensi di altre disposizioni.
Come detto, nel corso dell’esame presso il secondo ramo del Parlamento, sono stati inseriti nel decreto-legge 2 ulteriori articoli.
L’articolo 1-bis interviene sulla disciplina della controperizia e della controversia, di cui agli articoli 7 e 8 del decreto legislativo n. 27 del 2021. Si tratta delle disposizioni che disciplinano il prelevamento di campioni da parte delle autorità di controllo al fine del loro esame, la garanzia di poter svolgere analoghi esami in sede di controperizia da parte degli interessati (art. 7), e la procedura da seguire in caso di contestazione degli esiti del controllo (art. 8). E’ da evidenziare che con le modifiche approvate dalla Camera è stata ripristinata l’applicabilità dell’ art. 223 disp.att.c.p.p., coerentemente con il ripristino delle sanzioni penali in materia di sicurezza alimentare.
L’articolo 1-ter interviene sull’art. 1 del decreto-legge n. 91 del 2014 per modificare la disciplina che, nel settore agroalimentare, consente di escludere in presenza di particolari condizioni l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie a fronte dell’ottemperanza alle prescrizioni impartite dall’autorità di controllo (c.d. diffida).
Degna di nota è l’introduzione dell’istituto della diffida.
Rispetto alla normativa vigente, la disciplina della diffida contenuta nel nuovo comma 3 dell’art. 1 del citato decreto-legge, in riferimento all’art. 138 (5 e 6) regolamento UE n. 2017/625 sui controlli pubblici ufficiali::
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si applica non più solo per le violazioni delle norme in materia agroalimentare, ma anche agli illeciti amministrativi in materia di sicurezza alimentare;
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circoscrive l’applicazione dell’istituto alla prima contestazione dell’illecito;
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fissa il più stringente termine di 30 giorni per l’adempimento alle prescrizioni (in luogo degli attuali 90);
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non prevede un termine per l’elisione delle conseguenze dannose o pericolose dell’illecito (attualmente si applica il medesimo termine di 90 giorni previsto per l’adempimento alle prescrizioni), né richiede l’eventuale presentazione di specifici impegni da parte del trasgressore;
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introduce, nelle more del termine di 30 giorni, una sospensione dei termini del procedimento di applicazione della sanzione;
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esclude dall’applicazione dell’istituto i prodotti non conformi che siano già stati oggetto, anche in parte, di commercializzazione.
Esclude dunque la possibilità di eliminare le conseguenze dannose dell’illecito tramite comunicazione al consumatore.In sintesi la diffida si applica per le violazioni sanabili, ovvero errori e omissioni formali che comportano una mera operazione di regolarizzazione, ovvero per le violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili; non si applica, invece, nel caso in cui i prodotti non conformi siano già stati immessi in commercio, anche in parte.
E’ bene evidenziare che nell’ipotesi in cui il contravventore non ottemperi alle prescrizioni contenute nella diffida entro il termine indicato, l’organo addetto al controllo effettua la contestazione ai sensi dell’articolo 14 della Legge n. 689/81.
Sempre riguardo alla diffida, l’operatore deve adempiere alle prescrizioni previste dall’atto di diffida entro 30 giorni dalla notifica della stessa.
Di seguito il testo delle modificazioni introdotte riguardo alla diffida:
[omissis]
“3. Per le violazioni delle norme in materia agroalimentare e di sicurezza alimentare, per le quali è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, l’organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerti per la prima volta l’esistenza di violazioni sanabili, diffida l’interessato ad adempiere alle prescrizioni violate entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione dell’atto di diffida e ad elidere le conseguenze dannose o pericolose dell’illecito amministrativo. Per violazioni sanabili si intendono errori e omissioni formali che comportano una mera operazione di regolarizzazione, ovvero violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili. In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida di cui al presente comma entro il ter- mine indicato, l’organo di controllo effettua la contestazione ai sensi del l’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tale ipotesi è esclusa l’applicazione dell’articolo 16 della citata legge n. 689 del 1981. I termini concessi per adempiere alla diffida sono sospensivi dei termini previsti per la notificazione degli estremi della violazione. Il procedimento di diffida non si applica nel caso in cui i prodotti non conformi siano stati già immessi in commercio, anche solo in parte”.Piero Nuciari
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