Dal 1° Aprile 2020 scompariranno dalle confezioni della pasta le indicazioni di origine
E non solo sulla pasta, a meno che il Governo non riesca a correre ai ripari!
Come si ricorderà, i governi Renzi e Gentiloni avevano previsto le misure “sperimentali” di indicazione dell’origine delle materie prime per la pasta e altri prodotti alimentari (riso, latte e prodotti derivati dal pomodoro, come prodotto e come ingrediente contenuto in altri alimenti) in virtù delle previsioni del Regolamento 1169 del 2011 che concede agli Stati membri la possibilità, qualora ci sia un interesse espresso dai consumatori, di ampliare le informazioni in etichetta.
All’epoca l’applicazione dei decreti – ed è bene ricordarlo – innescò un vero e proprio braccio di ferro con Bruxelles risoltosi alla fine con una forzatura da parte dell’Italia. Una vittoria “di Pirro”, garantita fino a fine marzo 2020.
Dal prossimo1° aprile entrerà in vigore la nuova etichettatura di origine comunitaria che però non si applicherà sempre (come avviene ad esempio oggi su ogni pacco di pasta) ma solo quando la provenienza potrebbe trarre in inganno il consumatore.
Il regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 del 28/05/2018, attuativo dell’articolo 26 del Regolamento 1169/2011, prevede infatti che i produttori saranno obbligati a fornire in etichetta le informazioni sull’origine, solo quando il luogo di provenienza dell’alimento è indicato (o anche semplicemente evocato) in etichetta ed è lo stesso di quello del suo ingrediente primario.
Un passo indietro per capire.
La normativa europea definisce ingrediente primario “l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa”.
Leggendo questa definizione potremmo dire che la truffa e il raggiro in capo al consumatore è e sarà sempre in agguato e che ancora una volta in Europa hanno vinto le lobbies!
E, aggiungo io, quando usciremo dalla UE, che fa tutto tranne gli interessi dei popoli, sarà sempre troppo tardi!
Ma andiamo avanti nella descrizione per vedere quando sarà obbligatorio indicare l’origine del grano della pasta, chiarendo con un paio di esempi.
1) Un pacco di pasta lavorata in Italia che si fregia del tricolore dovrà indicare se l’origine del grano è estera, se cioè “l’ingrediente primario” proviene da altro paese.
2) Lo stesso dicasi per un salume che dovrà specificare la provenienza della carne suina qualora sulla confezione venga fatto riferimentomediante “segni o simboli” all’italianità del prodotto.
Dal 1° Aprile ci sarà comunque un deciso passo indietro per le normative italiane su pasta, riso, latte e prodotti del pomodoro.
Attualmente, come tutti avranno sicuramente notato, un pacco di pasta venduta sul nostro territorio riporta sempre l’indicazione della provenienza del grano, a prescindere se sul campo visuale principale dell’etichetta venga o meno indicato o evocato un paese.
Per amore di verità è comunque da dire che le principali marche produttrici di pasta avevano aggirato la norma esistente con la dicitura “grano proveniente da Italia, Paesi Ue e non Ue”.
Una presa in giro galattica dei consumatori smascherata (per la cronaca) dalle associazioni dei consumatori e da bravi giornalisti che hanno reso pubbliche queste informazioni causando una “ritorsione” dei consumatori nei confronti di una nota marca che ha visto scendere vertiginosamente il suo fatturato costringendola a pubblicizzare che dal 2020 la sua pasta sarebbe stata realizzata esclusivamente con grano italiano.
Un proposito che, con la decadenza dei decreti, dal 1° Aprile non sapremo mai fino a che punto sarà rispettato!
E’ da evidenziare, tuttavia, che anche se l’indicazione dell’origine della materia prima non è di per se una garanzia di qualità di un prodotto, aiuta il mercato a fare pulizia a tutela della salute dei consumatori, come nel 2018, quando i pastai, sulla spinta dei consumatori, hanno smesso di acquistare grano dal Canada dove l’uso del glifosato è autorizzato anche prima del raccolto.
E’ comunque sottinteso che le nuove norme sull’ingrediente primario non si applicheranno ai prodotti biologici, Dop, Igp e Stg, né a quelli a marchio registrato che – a parole o con segnali grafici- indicano di per sé la provenienza del prodotto.
Piero Nuciari
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