Decreto del Ministero della Salute del 17 Luglio 2013: prevenzione domestica anisakis
Sulla Gazzetta Ufficiale del 10 Agosto scorso è stato pubblicato il Decreto del Ministero della Salute del 17 Luglio 2013, avente come oggetto: “Informazioni obbligatorie a tutela del consumatore di pesce e cefalopodi freschi e di prodotti di acqua dolce, in attuazione dell’articolo 8, comma 4, del decreto-legge 13 settembre 2012 n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189”.
Il Decreto, composto da 3 articoli, stabilisce quali debbono essere le informazioni minime relative alle corrette condizioni di impiego che debbono essere riportate su di un cartello apposto nei luoghi in cui sono offerti in vendita al consumatore finale pesce e cefalopodi freschi, nonchè pesci di acqua dolce, sfusi o preimballati per la vendita diretta.
L’obbligo, previsto dal comma 1, dell’articolo 2 della norma, impone all’operatore commerciale di apporre ben in vista un cartello con le seguenti indicazioni:
“In caso di consumo crudo, marinato o non completamente cotto il prodotto deve essere preventivamente congelato per almeno 96 ore a – 18 °C in congelatore domestico contrassegnato con tre o più stelle”.
E’ da evidenziare che tale cartello dovrà essere esposto in modo da essere facilmente visibile dalla posizione in cui il consumatore prende o riceve la merce.
Il Decreto prevede che le informazioni debbono essere riportate in maniera chiaramente leggibile, non nascoste o oscurate, nè limitate o separate da altre indicazioni scritte o grafiche o da altri elementi in grado di creare confusione.
L’obiettivo evidente del Ministero della Salute è quello di tutelare i consumatori per il problema anisakis che molto spesso viene ignorato dagli stessi ristoratori.
Cos’è l’Anisakis
Mangiare pesce crudo comporta sicuramente un maggior rischio di intossicazioni e infezioni causate da batteri patogeni, oppure di infezioni da parte di parassiti.
Questo alimento, infatti, potrebbe essere paragonato ad una roulette russa, visto che le contaminazioni da microrganismi che provocano infezioni o tossinfezioni, come Listeria, Escherichia coli, Salmonella, etc. sono sempre in agguato; tuttavia il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo si chiama Anisakis.
Per chi non segue le problematiche relative all’igiene alimentare, l’anisakis simplex potrebbe essere un perfetto sconosciuto, alla pari di tanti parassiti che vivono negli intestini degli animali; nella realtà è un verme parassita che infesta comunemente un gran numero di piante e di animali, tra i quali numerosi mammiferi marini (foche, delfini, etc) e molti pesci tra cui tonno, salmone, sardine, acciughe, merluzzi, naselli e sgombri.
Questo nematode (ovvero, piccolo verme) è presente nell’85% delle aringhe, nell’80% delle triglie e nel 70% dei merluzzi; esso ha la caratteristica di migrare dalle viscere del pesce alle sue carni se, quando catturato, non viene prontamente eviscerato.
E’ lungo da uno a tre centimetri, di colore bianco o rosato, sottile come un capello, e lo si può riconoscere ad occhio nudo nelle viscere dei pesci perchè tende a presentarsi spesso arrotolato su se stesso.
Il pericolo è costituito dalla possibilità che dopo la pesca a causa di una eviscerazione tardiva o nulla i parassiti possano migrare nelle carni del pesce. In questo caso non è possibile più accorgersi della loro presenza e dunque il consumatore rischia insieme alle carni di consumare anche il parassita.
Quando l’uomo mangia pesce crudo, non completamente cotto o in salamoia, le larve, se presenti, possono impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon. Il loro istinto di sopravvivenza è terribile perché per difendersi dai succhi gastrici, attaccano le mucose arrivando addirittura a perforarle, causando una parassitosi acuta o cronica.
In genere questa patologia insorge già dopo poche ore dall’ingestione di pesce crudo e si manifesta, secondo i testi di medicina, con intenso dolore addominale, nausea, vomito, febbre e diarrea; sintomi che in molti casi si prestano ad essere scambiati per altre patologie gastrointestinali, quali la rettocolite ulcerosa, il Morbo di Crohn, la neoplasia intestinale o l’appendicite acuta; nei casi più gravi può provocare un’occlusione intestinale e l’unico rimedio, a questo punto, rimane l’intervento chirurgico, con il rischio anche dell’asportazione di un tratto d’intestino invaso dai parassiti.
Nella sua opera di insediamento nel tratto gastrointestinale, questo verme può anche minare altri organi come fegato, milza, pancreas, vasi ematici e miocardio.
In individui colpiti sono state riscontrate anche reazioni allergiche che in alcuni casi hanno portato a addirittura allo shock anafilattico.
Niente male, quindi, per aver assaggiato del semplice pesce crudo!
Da un’indagine dei Nas, comparsa tempo fa in internet, sono emersi dati veramente allarmanti sui ristoranti che servono sushi e sashimi, visto che è stato accertato che parecchi di questi locali sono gestiti da cinesi, che si improvvisano cuochi senza alcuna esperienza nella preparazione di pietanze a base di ingredienti crudi e spesso senza osservare pienamente le norme igienico-sanitarie.
Mentre in Giappone, gli esperti di sushi debbono obligatoriamente avere uno specifico patentino, in Italia (ma anche in Europa), tutto è basato sull’HACCP.
I manuali di corretta prassi igienica, lodevole iniziativa europea, hanno però il difetto di avere per i ristoranti un contenuto di carattere generale che non scende, a volte, nelle preparazioni particolari.
Un ristorante che ad esempio decidesse di passare, dopo qualche anno di cucina tradizionale italiana, al sushi, difficilmente avrà previsto nel suo manuale HACCP questa evenienza, i controlli da effettuare, l’individuazione dei punti critici di controllo, le azioni correttive, etc.
Il ristoratore potrebbe quindi non sapere che per evitare i problemi sopra descritti, occorre sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco da somministrare crudo.
Infatti l’anisakis e le sue larve muoiono se sottoposti a 60 gradi di temperatura, oppure dopo 96 ore a -15° C, 24 ore a -20° C, 12 ore a –30° C, 9 ore a -40° C.
E’ bene sapere che il limone e l’aceto non hanno alcun effetto sul parassita.
Se queste informazioni, spesso, sono ignorate dai ristoratori, figuriamoci quanto ne possono sapere i consumatori!
E’ di tre anni fa, circa, la notizia apparsa in internet di una ragazza italiana di 26 anni che ha pagato a caro prezzo la voglia di assaggiare sushi, finendo poi in ospedale dove per rimediare i danni causati dall’anisakis i sanitari le hanno asportato un tratto dell’intestino, applicandole poi il cosiddetto “sacchetto”. Una vita rovinata per sempre per la superficialità del ristoratore!
Ben venga quindi il Decreto del 17 Luglio 2013 emanato con l’evidente scopo di tutelare la salute dei consumatori!
Le normative italiane sull’argomento
Dal 1992 in Italia è in vigore un ordinanza che vieta a ristoranti e punti di ristorazione collettiva di servire pesce crudo, marinato o affumicato a freddo a meno che non sia stato precedentemente congelato (-20°C) per almeno 24 ore (Ordinanza Ministeriale del 12/05/1992 avente come oggetto: Misure urgenti per la prevenzione delle parassitosi da Anisakis).
Il regolamento CE n. 853/04 ha esteso l’obbligo di tale pratica a tutti i prodotti ittici destinati ad essere consumati crudi o sottoposti a trattamenti di marinatura o salatura non in grado di inattivare le larve.
Nel 2011 il Ministero della Salute ha emanato la Circolare n. 4379-P del 17/02/2011, avente come oggetto: Chiarimenti concernenti alcuni aspetti applicativi del Regolamento CE n. 853/2004 in materia di vendita e somministrazione di preparazioni gastronomiche contenenti prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o praticamente crudi.
Degno di nota è la precisazione che viene fatta nella circolare relativamente al contenuto del punto 3, dell’allegato III, sezione VIII, capitolo 3, lettera D del regolamento CE 853/2004, il quale prescrive che i prodotti della pesca che hanno subito il trattamento di bonifica preventiva mediante congelamento a – 20°C, debbano sempre essere accompagnati, alla loro immissione sul mercato, da un’attestazione del produttore che indichi il trattamento ai quali sono stati sottoposti, salvo qualora siano forniti al consumatore finale.
Nota: sanzione per gli inadempienti
I contravventori soggiacciono alle sanzioni previste dall’art. 8 , comma 5, del Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla L. 8 novembre 2012, n. 189, che recita:
” 5. La violazione delle prescrizioni di cui al comma 4, e’ punita dall’autorita’ competente, da determinarsi ai sensi del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 600 a euro 3.500.”
Piero Nuciari
Allegato: fac simile cartello
Informazioni al consumatore
per un corretto impiego di pesce e cefalopodi freschi.
In caso di consumo crudo, marinato o non completamente
cotto, il prodotto deve essere preventivamente congelato per
almeno 96 ore a -18° C in congelatore domestico
contrassegnato da tre o più stelle.
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