Gli additivi alimentari della frutta
Mio nonno faceva il contadino e all’inizio dell’autunno coglieva le mele dalle varie piante che aveva e con una cura che oggi non esiste più, le deponeva una accanto all’altra su di un terrazzo, coprendole con delle foglie secche di quercia per farle mantenere durante l’invernata.
E’ inutile dire che la frutta, all’epoca, aveva decisamente un altro sapore e un’altra consistenza vitaminica; soprattutto era sicura e si poteva mangiare con la buccia.
Ai giorni nostri l’unica frutta in commercio che si avvicina a quella che coltivavano i nostri vecchi è quella “biologica”, notoriamente “brutta”, piena di difetti, opaca, ma con il pregio di essere ricca di vitamine e solo di quelle.
Gli altri tipi di frutta, per capirci quella che acquistiamo al supermercato, raccolta dalla pianta ancora acerba e poi fatta maturare artificialmente con l’etilene, non ha proprio nulla a che vedere con quella biologica, né con quella coltivata dai nostri nonni.
E’ lucida, bellissima a vedersi, ma ha poche vitamine, raramente è dolce e, per chi soffre di colite, causa problemi a non finire soprattutto per gli additivi chimici che contiene.
La necessità di prolungare nel tempo la durata della frutta è un elemento che motiva l’uso di alcune sostanze chimiche, usate ad esempio per il trattamento superficiale della buccia.
Le principali sostanze chimiche usate per il maquillage della frutta sono:
1) il difenile (E 230);
2) l’ ortofenilfenolo (E 231);
3) l’ ortofenilfenato di sodio (E 232);
4) il tiobendazolo (E 233);
5) la gommalacca (E 904);
6) l’etilene.
Il difenile viene impiegato come antimuffa, per il trattamento della superficie degli agrumi o, per le cartine che li avvolgono e, spesso, anche per il trattamento delle cassette che li contengono.
Con questa sostanza vengono trattati sia gli agrumi nostrani che quelli di importazione.
Una volta che la buccia si è impregnata di difenile, le arance si conservano per mesi, a vantaggio dei commercianti.
Dal punto di vista della salute non esiste tuttavia la certezza che questa sostanza non raggiunga anche l’interno dei frutti.
E’ da evidenziare che è inutile lavare la frutta con saponi o bicarbonato, perché il difenile non se ne andrà!
Spesso la buccia “trattata”, dopo un breve lavaggio viene utilizzata dalle pasticcerie per aromatizzare dolci o come componente di liquori casalinghi oppure, e lo fanno ancora in molti, viene usata come ingrediente per la realizzazione di un digestivo casalingo denominato “canarino”, ottenuto facendo bollire scorza ed acqua.
Dal punto di vista della salute, ci dicono (ma occorre sempre dubitare delle tante “sicurezze” spacciate dai media!) che il difenile viene eliminato attraverso i reni in forma inalterata e che non sono noti effetti collaterali.
Se si guardano però le indicazioni presenti in un catalogo di una nota azienda che lo commercializza, viene classificato come (X) irritante e (N) pericoloso per l’ambiente, oltre che R16/37/38 – Irritante per gli occhi, le vie respiratorie e la pelle; R 50/53 – Altamente tossico per gli organismi acquatici.
…Niente male per una sostanza che nostro malgrado consumiamo tutti i giorni!
Einstein diceva: “Due cose sono infinite: l’Universo e la stupidità umana, ma riguardo all’Universo ho ancora dei dubbi”.
Quando acquistiamo la frutta al supermercato, se non è lucida, colorata e priva di imperfezioni non la compriamo.
Ormai per il nostro modo di pensare, condizionato dalla pubblicità dei media, il prezzo è passato in secondo piano e a parità di costo con la frutta del piccolo fruttivendolo sotto casa, che quasi sicuramente si rifornisce di prodotti locali, a volte con leggeri difetti o ammaccature e sicuramente opachi, noi scegliamo quella del supermercato, con tutti gli additivi che contiene, perché è più bella e, soprattutto, più lucida.
Nel merchandising (l’insieme di attività e di azioni aventi lo scopo di promuovere la vendita di una determinata linea di prodotti) anche l’occhio vuole la sua parte; per questo (fateci caso) il reparto frutta è caratterizzato da un’illuminazione potente che si riflette sulla frutta resa lucida dalla gommalacca.
La gommalacca (E 904), è un polimero naturale ottenuto dalla secrezione di un insetto, la Kerria Lacca, che cresce nelle foreste tailandesi.
Per ottenere 333 g di gommalacca occorrono circa 100.000 insetti!
Questo additivo alimentare, un tempo usato per produrre i dischi per il grammofono, è impiegato anche come agente lucidante di pillole e caramelle oltre che per lucidare i mobili.
Come accennavo precedentemente, oltre a tutte queste sostanze chimiche che sicuramente non faranno tanto bene al nostro organismo, c’è anche la maturazione artificiale della frutta mediante l’etilene.
E’ risaputo che per motivi commerciali la frutta viene colta ancora acerba dalle piante per essere immagazzinata in grandi celle frigorifere; successivamente, in base alle richieste del mercato, viene fatta maturare artificialmente mediante l’uso di questo gas.
La frutta che consumiamo, quindi, risulta essere povera di vitamine e principi salutari che un tempo consentivano ai nostri nonni di vivere in salute oltre che ricca di additivi chimici.
Considerato che l’antico detto: “noi siamo quello che mangiamo” è purtroppo una triste verità, visto che il 90% degli alimenti che consumiamo quotidianamente sono “conditi” con additivi alimentari, è per certi versi spiegabile se ai nostri giorni le intolleranze alimentari, le malattie croniche e i tumori sono in ascesa.
Nella nostra dieta mediterranea, la frutta è uno dei componenti principali; nutrirci quotidianamente con frutta “integrata” da additivi, non fa sicuramente bene al nostro organismo.
Come tutelarci?
La normativa, purtroppo, non è chiara.
L’art. 5, lettera g) della L. 30/04/62 n. 283 stabilisce che:
“E’ vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari:
[omissis]
g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza la osservanza delle norme prescritte
per il loro impiego.
I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali;
[omissis]”
L’art. 7 del D.Lgs. 109/92 prevede che:
“ 1. Non sono considerati ingredienti:
a) i costituenti di un ingrediente che, durante il procedimento di lavorazione, siano stati temporaneamente tolti per esservi immessi successivamente in quantita’ non superiore al tenore iniziale;
b) gli additivi, la cui presenza nel prodotto alimentare e’ dovuta unicamente al fatto che erano contenuti in uno o piu’ ingredienti di detto prodotto, purche’ essi non svolgano piu’ alcuna
funzione nel prodotto finito, secondo quanto stabilito dai decreti ministeriali adottati ai sensi degli articoli 5, lettera g), e 22 della legge 30 aprile 1962, n. 283;
c) i coadiuvanti tecnologici; per coadiuvante tecnologico si intende una sostanza che non viene consumata come ingrediente alimentare in se’, che e’ volontariamente utilizzata nella
trasformazione di materie prime, prodotti alimentari o loro ingredienti, per rispettare un determinato obiettivo tecnologico in fase di lavorazione o trasformazione e che puo’ dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito;
[omissis]
d-bis) le sostanze che, pur non essendo additivi, sono utilizzate secondo le stesse modalita’ e con le stesse finalita’ dei coadiuvanti tecnologici e che rimangono presenti nel prodotto finito, anche se in forma modificata.
E ancora, al successivo comma 2:
2. L‘indicazione degli ingredienti non e’ richiesta:
[omissis]
b) negli ortofrutticoli freschi, comprese le patate, che non siano stati sbucciati, tagliati, o che non abbiano subito trattamenti;
[omissis].
Come è possibile constatare da questa breve carrellata di normative, non esiste attualmente una legge specifica capace di tutelare il consumatore durante l’acquisto della frutta fresca, che imponga al commerciante di indicare nell’etichetta, oltre all’origine, calibro, provenienza, etc., anche gli additivi e le altre sostanze chimiche utilizzate per conservare o “abbellire” la frutta posta in vendita.
Per tutelare la propria salute, l’unica arma in mano ai consumatori è attualmente quella di scegliere di acquistare la frutta presso il piccolo fruttivendolo o, meglio, presso i mercati locali dei contadini (Farmers Market), che negli ultimi anni stanno spuntando come funghi in quasi tutte le regioni italiane.
Per il futuro, buona parte della nostra salute, purtroppo, dipenderà dal nostro “essere informati” e dall’intelligenza che useremo nello scegliere le fonti di approvvigionamento alimentare.
Un tempo si diceva che “una mela al giorno toglie il medico di torno”; oggi, dati alla mano, è possibile affermare esattamente il contrario!
Piero Nuciari
Bibliografia: Gli additivi alimentari – Macro edizioni
Views: 1325