I controlli commerciali presso le erboristerie
Prima di iniziare a descrivere i vari tipi di controlli che possono essere effettuati presso le suddette attività, considerata la mancanza di una normativa di riordino del settore, è il caso di fare una premessa per chiarire alcuni concetti base.
La normativa che regola attualmente questo settore trova fondamento nella legge 99/1931 con il suo regolamento applicativo; nella legge 1528/1942; nel parere del Consiglio di Stato 67/1970; nella sentenza della Corte di Cassazione 712/1981; nel decreto 178/91 e nel decreto 111/92.
Con Circolare del Ministero della Sanità n. 3902/1977 i prodotti di erboristeria (medicinale e salutare) risultano classificati in sede amministrativa, in relazione alle tecniche di preparazione.
Sono divisi in:
1) preparati estemporanei, predosati o meno, ottenuti da piante o loro miscele, opportunamente stabilizzate;
2) prodotti industriali, ottenuti da piante o loro miscele e confezionati pronti per l’uso, già predosati o da dosare volta per volta. La vendita dei primi è stata assegnata ai farmacisti ed agli erboristi (nelle eboristerie), mentre la dispensazione dei secondi, che si configurano come dei medicinali, è stata riservata ai farmacisti (nelle farmacie).
Con Circolare del Ministero della Sanità dell’8 Gennaio 1991, sono state successivamente indicate per mezzo di una “ lista negativa” (allegato A), le piante officinali utilizzate nei prodotti di erboristeria medicinale e tramite una “lista positiva” (allegato B), quelle che possono essere vendute in erboristeria (anche se non viene in alcun caso esclusa con certezza una attività terapeutica). Da segnalare anche la Circolare n.3, del 18 luglio 2002, emanata dal Ministero della Salute che, sulla base della recente direttiva comunitaria n. 2002/46/ce del 10 giugno 2002, equipara di fatto i prodotti erboristici agli integratori alimentari.
Nota Nell’ambito dell’Unione Europea, i preparati a base di erbe officinali si suddividono essenzialmente in tre categorie:
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Al momento, a causa del vuoto legislativo e della confusione causata dalla contrapposizione delle varie circolari, l’apertura di un esercizio commerciale di erboristeria è legata alla legge sul commercio: chiunque può farlo, vendendo esclusivamente prodotti confezionati, ma evitando la miscelazione di erbe e la preparazione di tisane o fitoderivati.Per lo svolgimento di dette operazioni, in realtà, servirebbe il diploma di erborista; tuttavia, poiché per aprire un esercizio commerciale bisogna rivolgersi al Comune di residenza (dell’esercizio), scatta la soggettività legata alla burocrazia comunale.Il primo quesito relativo all’apertura dell’esercizio di vicinato, specializzato nella vendita di prodotti erboristici, è quello di sapere se detta attività debba essere considerata appartenente o meno al settore alimentare e come tale necessiti dei titoli abilitativi un tempo richiesti per l’iscrizione al REC.
Il Ministero delle Attività Produttive, rispondendo al quesito prot. n. 552193 del 8 Maggio 2003, ha chiarito che un soggetto che intenda avviare un’attività di erboristeria, ponendo in vendita solo prodotti non alimentari (creme, shampoo, etc), deve essere in possesso dei requisiti di cui all’art. 5, comma 2, del D.Lgs. 114/98.
Nel caso in cui intenda vendere anche prodotti di erboristeria rientranti nel settore alimentare, deve risultare in possesso, oltre che dei requisiti di cui all’art. 5, comma 2, anche di uno di quelli elencati al comma 5, lettera a), b) e c) del medesimo articolo.
Lo stesso Ministero chiarisce che le disposizioni nazionali recate dal D.Lgs. 114/98, in materia di esercizio dell’attività commerciale, non subordinano l’avvio dell’attività commerciale dei prodotti in discorso al possesso del “diploma di erboristeria”.
Questa ultima affermazione, ad avviso di chi scrive, contrasterebbe con il contenuto dell’art. 26, comma 3, del c.d. “Decreto Bersani” (D.Lgs. 114/98) il quale prevede che, ai fini della commercializzazione, restano salve le disposizioni concernenti la vendita di determinati prodotti previste da leggi speciali (lasciando comunque supporre che il possesso di un diploma o di un “requisito professionale” sia necessario per la vendita di erbe e derivati).
Per quanto sopra descritto, durante il sopralluogo commerciale presso l’erboristeria, oltre ai soliti controlli tendenti a verificare la presenza del cartello esterno indicante l’orario dell’attività, il turno di chiusura settimanale e l’esposizione dei prezzi dei prodotti esposti in vetrina, occorre verificare quanto segue:1) presenza, all’interno del locale, del cartellino prezzi della merce esposta sugli scaffali di vendita;
2) la bilancia utilizzata deve essere in regola con le normative metriche in vigore e deve essere munita del talloncino verde comprovante l’avvenuta visita periodica dell’Ispettore metrico;
3) se l’attività commerciale è gestita da persona non in possesso del diploma di erborista o di altro titolo di studio previsto dalla legge, occorre accertare che all’interno dell’esercizio non vengano manipolati, preparati o miscelati prodotti erboristici, bensì che vengano posti in vendita solo prodotti preconfezionati nelle cui confezioni non siano indicate le proprietà terapeutiche delle sostanze contenute;
Nota “Commette reato di esercizio abusivo della professione di farmacista l’esercente un negozio di erboristeria che pone in commercio prodotti cui siano attribuite finalità terapeutiche, poiché – in base alla vigente legislazione – tali prodotti sono ‘assimilati’ ai medicinali in quanto ‘presentati’ e cioé pubblicizzati o reclamizzati come sostanze aventi proprietà curative o profilattiche delle malattie (nella specie, la vendita dei prodotti era accompagnata da specifiche pubblicazioni in cui venivano indicati oltre quattrocentocinquanta tipi di malattie curabili)” Pretura di Parma – sentenza del 27-1-1993 |
4) se vengono posti in vendita prodotti alimentari, verificare il possesso dei requisiti di cui all’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 114/98;
5) se l’esercizio commerciale è munito di laboratorio dove si producono e/o trasformano piante officinali sfuse e loro derivati, verificare, oltre ai requisiti igienici del locale, se il titolare è in possesso della Laurea triennale in Tecniche Erboristiche o titolo di studio equivalente ( Decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica 6.6.1995 G.U. n. 41 del 19.2.1996);
6) se vengono preparati distillati a base di erbe, occorre accertare il possesso dell’apposita licenza di fabbricazione;
7) se l’attività è in possesso dei requisiti di cui all’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 114/98 (requisiti richiesti per gli esercizi commerciali del settore alimentare), occorre accertare la regolarità ed il rispetto del manuale di corretta prassi igienica (HACCP), il periodico aggiornamento dei registri, etc.
Nota Se il distillatore – anche se artigianale – è titolare di questa licenza può liberamente distribuire tale prodotto (D.Lgs. 504/95, Decreto Ministero Politiche Agricole e Forestali 23 aprile 2001 ). |
Le sanzioni nella fitoterapia e nell’erboristeria (*)
Le specifiche sanzioni amministrative, pecuniarie ed interdittive, previste per la violazione delle norme del settore erboristico, sono differenziate per il farmacista e l’erborista:
- La dispensazione dei prodotti di erboristeria configurabili come medicinali preconfezionati di origine industriale non autorizzati, già sanzionata –a carico del farmacista– dall’articolo 169 del T.U. n.1265/1934, viene ora punita dall’articolo 23, comma 4, del D.Lvo n.178/1991, con pena pecuniaria ed interdittiva, nell’ipotesi semplice, e con pena detentiva, pecuniaria ed interdittiva, in caso di recidiva ;
- la stessa fattispecie, già sanzionata –a carico dell’erborista– a norma dell’articolo 168 del T.U. n.1265/1934, è ora punita dall’articolo 23, comma 3, del D.Lvo n.178/1991, con pena detentiva e pecuniaria, ma può concorrere con il reato di esercizio abusivo della professione di farmacista e/o di medico, sanzionato dall’articolo 348 del Codice Penale e con il reato di apertura e di esercizio di una farmacia senza autorizzazione, già sanzionati dall’articolo 104 del T.U. n.1265/1934 sono ora puniti dall’articolo 3 della Legge n.362/1991, nell’ipotesi che l’attività venga svolta nell’ambito di una struttura organizzata in forma di impresa.
Tali illeciti possono concorrere con il reato di pubblicità ingannevole di alimenti, sanzionato dall’articolo 13 della Legge n.283/1962 e con quello di frode in commercio, sanzionato dall’articolo 515 del Codice Penale .(*) Fonte: www.galenotech.org Piero Nuciari
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