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I Last minute market: ovvero come trasformare lo spreco in risorsa

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In questo blog abbiamo parlato negli ultimi mesi del successo che stanno avendo in campo nazionale i farmers’ market, i mercati dei produttori, della proposta formulata dal sottoscritto per dimezzare il costo della vita in Italia, proposta che nonostante i complimenti di docenti universitari e di esperti della grande distribuzione, è stata letteralmente ignorata e boicottata dai politici attualmente al governo (*), e di come i consumatori dovrebbero tutelarsi imparando a leggere le etichette dei prodotti al fine di salvaguardare il proprio denaro.

(*) l’ultimo boicottaggio l’ho subito sul sito del Ministro Brunetta http://confronti.forumpa.it che nonostante l’invito a postare richieste di pareri e/o proposte, non ha pubblicato la mia soluzione, evidenziando quindi la censura presente nel sito pubblico, nonostante la tanta sbandierata libertà di opinione concessa a tutti.

In questo articolo parleremo del last minute market, il progetto di sviluppo locale sostenibile e di responsabilità sociale d’impresa con effetti positivi a livello sociale, ambientale, nutrizionale e economico.

Dei last minute market ne hanno parlato recentemente Striscia la Notizia, nella rubrica “Occhio allo Spreco”, testate giornalistiche nazionali, le trasmissione di Rai3 “Report” e “Parla con me”, il blog del Ministro Zaia e varie altre fonti non ufficiali.

Queste nuove realtà associative sono nate a seguito di un progetto di ricerca del Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie dell’Università di Bologna, condotto dal prof. Andrea Segrè, sviluppato a partire dal 1998.

Oggi Last Minute Market integra diverse professionalità provenienti dal mondo scientifico, economico, sociale e accademico, e fa della multidisciplinarietà il suo punto di forza.
Lo scopo di questa organizzazione è quello di offrire assistenza fiscale, igienico sanitaria, logistica e comunicativa alle imprese, alle istituzioni e al terzo settore con l’obiettivo di prevenire, ridurre e riutilizzare i beni invenduti.

Il motto dell’organizzazione è: “trasformare lo spreco in risorsa”.

In pratica, applicando i principi dei fondatori, le imprese possono gestire le eccedenze in maniera innovativa, diminuire i costi per lo smaltimento dei rifiuti e migliorare il legame col territorio.
Ma non è solo l’imprenditoria commerciale a guadagnarci, anche le istituzioni pubbliche e la collettività beneficiano della diminuzione del flusso di rifiuti in discarica e del miglioramento dell’assistenza alle fasce più deboli della società.

Inoltre vengono ridotti i costi di gestione e liberate maggiori risorse da reinvestire in qualità e quantità di servizi offerti ai propri assistiti.

Tutto viene recuperato: dai prodotti alimentari invenduti ancora idonei per l’alimentazione, ai prodotto ortofrutticoli non raccolti per ragioni di mercato o perché danneggiati dal maltempo, ai prodotti cementieri che non rispettano gli standard di commercializzazione, ai pasti pronti non serviti nella ristorazione collettiva, ai prodotti farmaceutici ancora idonei (che vengono comunemente tolti dagli scaffali sei mesi prima della data di scadenza), ai libri invenduti destinati come rimanenze per il macero, ai giocattoli e a parecchio altro materiale.

 Grazie alla Legge 24/12/2007 n. 244, meglio conosciuta come “legge antisprechi”, dal gennaio 2008 è infatti possibile recuperare anche prodotti non alimentari.

Il progetto di legge antisprechi è stato presentato per la prima volta nel 2004 (alla Camera dei Deputati, DDL n° 4878 del 2004 e in Senato, DDL n° 2910 del 2004), con l’obiettivo di  poter recuperare l’intera gamma di prodotti non alimentari per offrire un’assistenza completa alle fasce deboli della società.
La filosofia che ha animato i promotori è la seguente:  uno shampoo che ha il tappo rotto, la carta igienica dalla confezione danneggiata, i prodotti per la pulizia della casa con difetti nell’imballaggio (solo qualche esempio), per chi li vende non ha più un valore commerciale, ma possono essere utili a chi ha difficoltà di mettere insieme “il pranzo con la cena”, figuriamoci ad acquistare prodotti per l’igiene della persona o per la pulizia.

Il percorso è stato lungo e numerose le modifiche rispetto alla proposta iniziale, ma la tenacia del gruppo di lavoro di Last Minute Market, dei ricercatori della Facoltà d’Agraria di Bologna e dei Parlamentari coinvolti ha reso possibile l’inserimento nella Finanziaria entrata in vigore il 1° gennaio 2008, della cosiddetta “legge Antisprechi”.

Il testo dell’art. 1, comma 130, della Finanziaria che ha aperto le porte agli interventi in tutti i campi ai Last Minute Market e alle altre organizzazioni simili è il seguente:

130. All’articolo 13 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. I beni non di lusso alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, diversi da quelli di cui al comma 2, che presentino imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che pur non modificandone l’idoneità di utilizzo non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessaria l’esclusione dal mercato o la distruzione, qualora siano ceduti gratuitamente alle ONLUS, per un importo corrispondente al costo specifico sostenuto per la produzione o l’acquisto complessivamente non superiore al 5 per cento del reddito d’impresa dichiarato, non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ai sensi dell’articolo 85, comma 2, del testo unico delle imposte dei redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. I predetti beni si considerano distrutti agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto».”

Come sicuramente potrete dedurre, la norma  appena descritta riveste un’importanza fondamentale per tantissime famiglie italiane al limite della soglia di povertà, per i pensionati e per tutti coloro costretti a “sopravvivere” con redditi molto bassi (si pensi ad esempio alle vedove senza una propria pensione che a causa della morte del congiunto hanno visto dimezzarsi, per la reversibilità, il proprio reddito mensile).

Come funzionano i last minute market
Il progetto “Last minute market”, in pratica consiste nel recupero delle merci rimaste invendute, quelle cioè che non sono più commercializzabili ma che sono perfettamente idonee per il consumo.
A questi prodotti, spesso solamente “ammaccati”, si aggiungono poi quelli con una data di scadenza ravvicinata. Per coloro che collaborano con l’organizzazione, sfruttare il più possibile il tempo e lo spazio diventa allora la chiave del sistema: nel giro di pochissime ore i prodotti vengono ritirati dallo scaffale e portati in magazzino, dove i volontari sono incaricato di ritirarli e trasportarli alle associazioni cui fanno riferimento.
Anche se pochi media ne parlano, in Italia lo spreco annuo di prodotti ancora perfettamente consumabili ammonta a 1,5 milioni di tonnellate, per un valore di mercato di 4 miliardi di euro.
Ogni giorno finiscono in discarica o all’incenerimento 4 mila tonnellate di alimenti, il 15% del pane e della pasta che gli italiani acquistano, il 18% della carne e il 12% della verdura e della frutta.
Queste vengono donate ad enti caritativi, case d’accoglienza per i senzatetto, comunità di recupero dalle dipendenze.
Le attività commerciali che donano i prodotti invenduti riducono i costi di smaltimento di rifiuti e ottengono sgravi fiscali.  A Ferrara, ad esempio,  supermercati e alimentari hanno diritto a una detrazione proporzionale alla quantità di beni recuperati e non più smaltiti come rifiuti. (*)
(*) Dati rilevati dal settimanale  Panorama

Il guadagno di chi dona i prodotti
Oltre al ritorno di immagine, è da dire che per coloro che donano i prodotti in prossimità della loro scadenza vi è un vantaggio economico, ( riduzione dei costi di smaltimento delle merci scartate) e fiscale (possibilità di recuperare il 4% dell’IVA sui prodotti alimentari donati).

Pur partendo dagli sprechi di prodotti alimentari, Last Minute Market si è espanso anche in altre direzioni, promuovendo ed attuando efficacemente il recupero di farmaci, che vengono comunemente tolti dagli scaffali sei mesi prima della data di scadenza, di libri, inviati in Argentina, in Cile, in Brasile, a Cuba, ed anche di sementi, destinate principalmente all’Africa.

Solo 2007 l’organizzazione last Minute Market ha salvato 283 tonnellate di rifiuti che sono serviti ad alimentare 2.206 persone!

Per correttezza di informazione è da dire che in Italia esistono anche altre realtà simili che perseguono i medesimi scopi: il Banco Alimentare e Siticibo.
Il Banco Alimentare di Milano, nata nel 1989 con l’intenzione di sfamare 3 milioni di persone con i 6 milioni di tonnellate di alimenti scartati ogni anno in Italia; Siticibo, che si preoccupa di recuperare cibi cotti (primi piatti, pietanze, contorni, dolci) e cibi freschi (pane, frutta e verdura) da ristoranti, mense aziendali, mense ospedaliere, hotel e refettori scolastici.

Considerata l’opera meritoria di queste organizzazioni, non rimane che augurarci che possano espandersi in tutto il territorio nazionale con la stessa velocità dei farmers’ market, visto che (e mi si perdoni il pessimismo) non credo che i problemi delle tantissime famiglie indigenti italiane li risolveranno mai i nostri politici, perennemente impegnati nei loro eterni giochi di potere.

Piero Nuciari

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