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I padroni della nostra salute

Il I° Maggio 2011 i cittadini europei subiranno il più micidiale attacco alla loro libertà personale che la storia ricordi: la fine della possibilità di curarsi con prodotti erboristici dall’utilizzo millenario.

Le multinazionali farmaceutiche, i veri padroni del mondo e dell’economia reale, coloro che comandano la Finanza e i nostri politici, che decidono – nel bene e nel male – del nostro futuro, hanno deciso di eliminare la concorrenza, da loro considerata sleale, dei rimedi naturali con i quali l’umanità si è curata e si cura da millenni.
Il I° Maggio 2011 entrerà infatti in vigore la Direttiva 2004/24/CE che modifica, per quanto riguarda i medicinali vegetali tradizionali, la direttiva 2001/83/CE, del 6 novembre 2001, che disciplina i “medicinali per uso umano”.
Prima di addentrarci nei principali contenuti della Direttiva, è importante evidenziare le definizioni che in questa norma vengono date per i vari tipi di medicinali, ovvero cosa si intende per : “medicinale”, “medicinale vegetale tradizionale” e “medicinale vegetale”.

Viene considerato “medicinale”:

(Punto 2) comma a) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata avente proprietà curative o profilattiche delle umane; o  comma b) ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica.

Per “medicinale vegetale tradizionale” si intende:

29) medicinale vegetale che risponda ai requisiti di cui all’articolo 16 bis, paragrafo 1.

Per “medicinale vegetale”:

30) ogni medicinale che contenga esclusivamente come principi attivi una o più sostanze vegetali o uno o più preparati vegetali, oppure una o più sostanze vegetali in associazione ad uno o più preparati vegetali.

E’ da evidenziare che all’articolo 16 bis, paragrafo 1, la suddetta Direttiva prevede l’istituzione di una procedura di registrazione semplificata per i medicinali vegetali che soddisfano tutti i seguenti requisiti:

a) le indicazioni sono esclusivamente quelle appropriate per i medicinali vegetali tradizionali che, in virtù della loro composizione e del loro scopo, sono destinati ad essere utilizzati senza controllo medico per necessità di diagnosi, di una prescrizione o per il controllo del trattamento;

b) ne è prevista la somministrazione solo in una determinata concentrazione e posologia;

c) si tratta di un preparato per uso orale, esterno e/o inalatorio;

d) è trascorso il periodo di impiego tradizionale di cui all’articolo 16 quater, parag. 1, lettera c);

e) i dati relativi all’impiego tradizionale del medicinale sono sufficienti; in particolare, il prodotto ha dimostrato di non essere nocivo nelle condizioni d’uso indicate e i suoi effetti farmacologici o la sua efficacia risultano verosimili in base all’esperienza e all’impiego di lunga data.

Dei paragrafi precedenti il più importante (e insidioso) è quello contraddistinto dalla lettera d), perchè sancisce un periodo di tempo tradizionale stabilito dall’articolo 16 quater, paragrafo 1 lettera c).

Ma vediamo cosa prevede l’articolo 16 quarter, paragrafo 1 lettera c):
“La documentazione bibliografica o le certificazioni di esperti comprovanti che il medicinale in questione o un prodotto corrispondente ha avuto un impiego medicinale per un periodo di almeno trent’anni anteriormente alla data di presentazione della domanda, di cui almeno 15 anni nella Comunità. Su richiesta dello Stato membro in cui è stata presentata la domanda di registrazione per impiego tradizionale, il comitato dei medicinali vegetali esprime un parere sull’adeguatezza della dimostrazione dell’uso di lunga data del medicinale in questione o del prodotto corrispondente. Lo Stato membro presenta la documentazione rilevante a sostegno della richiesta”.

In sintesi (e qui si nasconde l’inganno), la ditta che produce un determinato prodotto (che magari funziona!), se non riesce a comprovare il suo impiego continuativo per almeno 30 anni, prima della data di presentazione della domanda, è costretta a ritirarlo dal commercio.

Ma andando avanti nella lettura della direttiva con i punti 3 e 5.

Analizziamo prima di tutto il punto 3:

“Nonostante una lunga tradizione d’uso, numerosi medicinali non rispondono ai requisiti relativi all’impiego medicinale ben noto né presentano una riconosciuta efficacia e un livello accettabile di sicurezza e non possono pertanto essere oggetto di un’autorizzazione all’immissione in commercio. (omissis)”

 Ora leggiamo attentamente il Punto 5:

“(omissis)  Tuttavia, poiché neppure una lunga tradizione consente di escludere eventuali timori circa la sicurezza del prodotto, le autorità competenti dovrebbero avere la facoltà di richiedere tutti i dati necessari per la valutazione della sicurezza. La qualità di un dato medicinale non è determinata dal suo impiego tradizionale. Pertanto non dovrebbero essere concesse deroghe all’obbligo di effettuare le necessarie prove chimico-fisiche, biologiche e microbiologiche. I prodotti dovrebbero soddisfare le norme di qualità contenute nelle monografie della farmacopea europea pertinenti o in quelle della farmacopea di uno Stato membro”.

E’ impossibile non notare la contraddizione, a mio avviso creata ad hoc,  insita nei due punti.

Da una parte, infatti, viene asserito che una lunga tradizione di un medicinale vegetale consente di non dover fare la sperimentazione preclinica, mentre dall’altra si afferma  che, tuttavia, poiché “neppure una lunga tradizione consente di escludere eventuali timori circa la sicurezza del prodotto, le autorità competenti dovrebbero avere la facoltà di richiedere tutti i dati necessari per la valutazione della sicurezza”.

Per quanto sopra non è difficile scoprire il giochetto messo in atto da Big Pharma e dai nostri bravi (si fa per dire!) politici europei, che tutto hanno a cuore, tranne la salute e gli interessi dei cittadini.

Il “trucco” è questo:

le autorità di controllo dovrebbero richiedere  i dati necessari per la valutazione della sicurezza di un prodotto vegetale tradizionale.

La stessa Direttiva 2004/24/CE, riguardo alla valutazione di un prodotto per uso umano prevede che:

 “Le domande di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale debbano essere corredate di un fascicolo contenente informazioni e documenti relativi in particolare ai risultati delle prove chimico-fisiche, biologiche, microbiologiche, farmacologiche, tossicologiche e delle sperimentazioni cliniche effettuate sul prodotto e comprovanti la sua qualità, sicurezza ed efficacia”

In pratica (e questa è l’assurdità della Direttiva!),  se una azienda (dopo il I° Maggio 2001), vorrà vendere un prodotto erboristico (pianta o parti di pianta) descrivendo sulla confezione le caratteristiche “terapeutiche” e/o “curative”, tale prodotto, anche se viene di fatto utilizzato da migliaia di anni,  verrà considerato alla stregua di un “farmaco di sintesi”, e, come tale, dovrà sottostare a tutti gli obblighi, sperimentazioni (prove chimico-fisiche, biologiche, microbiologiche, farmacologiche, tossicologiche e cliniche ) e autorizzazioni previste per i farmaci chimici.

Le stime delle spese di registrazione vanno da 80.000 a ben oltre 150.000 euro per il singolo prodotto!

Secondo voi, una piccola o media azienda erboristica, può sobbarcarsi una spesa del genere?

Tale spesa se la potranno permettere solo le multinazionali farmaceutiche, quelle che hanno imposto la Direttiva ai politici europei (si badi bene che la responsabilità è anche dei  parlamentari europei italiani, di tutti gli schieramenti politici!).

Davanti a questo scempio della nostra libertà, tutti i media sono rimasti muti, come se il problema non ci riguardasse, dedicando per mesi (e fino alla nausea) i grandi titoli delle loro prime pagine all’harem di Berlusconi, al Ruby-Gate, alla casa di Montecarlo di Fini e al gossip per casalinghe frustrate.

I consumatori sono stati tenuti all’oscuro su questa Direttiva europea che vieta la maggior parte dei rimedi erboristici di uso comune.
I prodotti erboristici non europei saranno i più colpiti, visto che a tutt’oggi non è stato approvato un solo rimedio erboristico tra quelli usati dalle due più importanti tradizioni, quella ayurvedica (India) e quella della medicina tradizionale cinese (MTC).

Saranno vietati anche gli integratori alimentari contenenti qualunque erba medicinale che non sia autorizzata.

La nuova legislazione dice di voler mettere in primo piano la sicurezza dei consumatori rendendo obbligatoria l’indicazione, sulle etichette dei prodotti erboristici approvati, dei possibili effetti collaterali e interazioni con altri farmaci. Ma è probabile che i consumatori attenti alla salute restino sorpresi di trovare nella lista una vasta pletora (oltre 100) di additivi ‘cattivi’, nella maggior parte dei prodotti registrati (ma non tutti). Tra questi, il detersivo laurilsolfato di sodio, i controversi edulcoranti aspartame e ciclamato di sodio, conservanti artificiali come ad esempio l’E215, l’E217 e l’E219, e vari polimeri, come il copolimero di butil metacrilato (BA), il polivinilpirrolidone e l’alcool polivinilico (PVA). Quest’ultimo è riconosciuto dalle autorità governative per causare il cancro negli animali da laboratorio.

Tra i prodotti che non potranno più essere commercializzati vi è la graviola, un prodotto naturale ricavato da una pianta amazzonica con il quale è possibile curare il cancro.
Conosco questa sostanza perché un mio conoscente, da circa 10 anni, tiene fermo un tumore alla prostata grazie a questa sostanza dal prezzo quasi irrisorio.
In uno studio pubblicato sul Journal of Natural Products, è stato dimostrato che la graviola non è solo confrontabile con l’Adriamicina (un farmaco antitumorale), ma la supera clamorosamente negli studi di laboratorio. Un composto della pianta ha distrutto selettivamente le cellule cancerose del colon con una potenza 10.000 (diecimila!) volte superiore a quella dell’Adriamicina.

Come la Graviola, tantissime altre potenti sostanze naturali come il Noni, l’Astragalo, le echinacee, etc., spariranno e diverranno introvabili.
I consumatori potranno solo curarsi con rimedi chimici, quelli che hanno tantissimi effetti collaterali, contribuendo all’arricchimento delle multinazionali farmaceutiche.

In Europa gli unici che si stanno organizzando per opporsi allo scempio sopra descritto, sono gli aderenti all’Alliance for Natural Health International (ANH-Intl).
Alliance for Natural Health International è un’organizzazione non governativa che opera per proteggere e promuovere approcci innocui, sicuri e naturali alla cura della salute. L’ANH-Intl agisce in un’ampia varietà di campi, incluso quella della libertà di scelta, e quello dell’uso di micronutrienti e di prodotti erboristici nella cura della salute.

L’organizzazione è stata fondata nel 2002 dal Dr Robert Verkerk, esperto internazionalmente apprezzato in tema di sostenibilità, che continua la sua leadership.

Nel 2003 l’NH ha fatto ricorso contro la direttiva europea sugli integratori alimentari, e questa causa è stata con successo portata alla Corte Europea di Giustizia all’inizio del 2004. La sentenza del 2005 ha significativamente chiarito aree della legge UE che non erano trasparenti riguardo agli integratori alimentari.

Recentemente il Dr. Verkerk  ha dichiarato ai media che la sua Organizzazione intende avviare un procedimento di revisione giudiziale della direttiva comunitaria europea, partendo dall’Alta Corte di Londra, con la speranza di ottenere un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea, contestando la norma per il fatto che essa è sproporzionata, non trasparente e discriminatoria, specialmente nei confronti delle tradizioni non-europee.
L’Alliance for Natural Health International ha già raccolto circa 60.000 delle 90.000 sterline previste per finanziare le spese legali di questa fase iniziale.

Non posso che augurare a queste persone che stanno portando avanti una lotta per gli interessi di tutti, il successo della loro iniziativa.

Per chi volesse tentare di impedire questa limitazione della libertà personale di scelta terapeutica, è possibile firmare la petizione che trovate a questo LINK . Pochi minuti potrebbero fare la differenza!

Piero Nuciari

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Bibliografia:
www.disinformazione.it;
Alliance for Natural Health International

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