Il commercio e la somministrazione di alimenti da parte delle ONLUS
Nell’ordinamento italiano l’espressione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale”, meglio nota con l’acronimo ONLUS, indica una categoria tributaria alla quale appartengono determinati enti di carattere privato, anche privi personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi rispondono ai requisiti elencati nell’art. 10, del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460.
L’appartenenza a tale categoria attribuisce la possibilità di godere di agevolazioni fiscali.
I soggetti che possono assumere la qualifica di ONLUS sono:
– le associazioni riconosciute e non riconosciute;
– i comitati;- le fondazioni;
– le società cooperative;
– gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica.
Tutti noi avremo sicuramente notato, soprattutto nei periodi invernali, dei banchetti posti nelle vicinanze delle chiese o in piazze affollate, gestiti da volontari con divisa o cartellini identificativi ben in vista, intenti alla vendita di arance, mele o altri prodotti alimentari.
Li potremmo aver notati anche durante le fiere patronali, mescolati in mezzo agli altri ambulanti, vendere prodotti, alimentari e non, con lo scopo di finanziare le loro attività.
Sicuramente ci saremo chiesti come mai, gente completamente priva di esperienza nel settore alimentare, potesse vendere o somministrare alimenti senza aver mai frequentato i corsi abilitanti per il commercio alimentare, obbligatori per i commercianti del settore.
L’articolo 30, comma 5, del del Decreto Legge n. 185/2008, convertito con modificazioni dalla Legge numero 2 del 2009, stabilisce che le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri del volontariato previsti dalla legge 11 agosto 1991 n. 266, acquistano, in virtù del comma 8, dell’articolo 10, del D.Lgs. n. 460/1997, la qualifica di Onlus a condizione che svolgano esclusivamente le attività commerciali marginali indicate nel decreto 25 maggio 1995.
Le attività commerciali marginali consentite, sono le seguenti:
a) attività di vendita occasionali o iniziative occasionali di solidarietà svolte nel corso di celebrazioni o ricorrenze o in concomitanza a campagne di sensibilizzazione pubblica verso i fini istituzionali dell’organizzazione di volontariato;
b) attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
c) cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari sempre ché la vendita dei prodotti sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
d) attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale;
e) attività di prestazione di servizi rese in conformità alle finalità istituzionali, non riconducibili nell’ambito applicativo dell’art. 111, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, verso pagamento di corrispettivi specifici che non eccedano del 50% i costi di diretta imputazione.
Il secondo comma del Decreto del 25 Maggio 1995, precisa che le attività sopra elencate debbono essere svolte:
a) in funzione della realizzazione del fine istituzionale dell’organizzazione di volontariato iscritta nei registri di cui all’art. 6 della legge n. 266 del 1991;
b) senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato, quali l’uso di pubblicità dei prodotti, di insegne elettriche, di locali attrezzati secondo gli usi dei corrispondenti esercizi commerciali, di marchi di distinzione dell’impresa.
Come affermato all’inizio, la normativa fiscale degli enti non commerciali prevede alcune agevolazioni in relazione alle attività occasionali sopra descritte.L’articolo 143 del TUIR, comma 3, lettera a), dispone infatti la non imponibilità dei fondi pervenuti a seguito di “raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o compagne di sensibilizzazione”.
Relativamente all’attività occasionale di somministrazione di alimenti, una volta accertata l’occasionalità dell’attività di somministrazione effettuata dall’associazione e la sussistenza del carattere celebrativo della festa, questa può godere dell’agevolazione prevista dalla norma di cui sopra, assimilando l’attività di somministrazione a quella di offerta di beni di modico valore di cui al testo normativo precedentemente descritto.
In pratica il legislatore ha così voluto agevolare l’attività di raccolta fondi delle ONLUS anche mediante lo svolgimento di attività di ristoro, in considerazione del fatto che, generalmente, durante le manifestazioni pubbliche o raduni, l’afflusso della popolazione è notevole.
E’ tuttavia da evidenziare che l’attività di somministrazione di alimenti e bevande deve essere comunque esercitata in maniera del tutto occasionale (diversi esperti sostengono addirittura che possa essere esercitata al massimo due volte l’anno) e, nota importante, in occasione di eventi particolari.
Nell’ipotesi in cui non sia soddisfatto il carattere celebrativo dell’evento, ma sussista unicamente l’occasionalità della prestazione, dal punto di vista fiscale, pur rimanendo al di fuori della sfera di applicazione dell’IVA in quanto attività commerciale non abituale, i proventi che ne derivano configurerebbero per l’organizzazione “redditi diversi”.
E’ bene precisare che se dovesse venire a mancare anche “l’occasionalità”, l’attività di somministrazione di cibi e bevande si configurerebbe a tutti gli effetti come attività commerciale soggetta all’obbligo del possesso della partita Iva, alla fatturazione delle vendite, etc.
Relativamente alla vendita/somministrazione di prodotti alimentari, è importante evidenziare che, nonostante le agevolazioni appena descritte, per le associazioni ONLUS valgono le stesse regole in vigore per una qualsiasi attività ambulante del settore alimentare, nessuna esclusa.
Pertanto, se una qualsiasi associazione dovesse ad esempio porre in vendita/somministrare bevande e alimenti sfusi, come tranci di torta, biscotti, etc, dovrà presentare al Comune la D.I.A. (ora SCIA) per la somministrazione temporanea di alimenti e bevande; inoltre dovrà rispettare quanto previsto dalla propria normativa regionale di recepimento del Regolamento (CE) n. 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari e del Regolamento (CE) n. 853/2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale.
Alla pari degli altri ambulanti del settore alimentare, dovrà inoltre garantire il rispetto di quanto previsto dall’Ordinanza del Ministero della Salute del 3 Aprile 2002, avente come oggetto: “Requisiti igienico-sanitari per il commercio dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche”; in particolare dovrà proteggere gli alimenti dalla contaminazione tramite appositi schermi, gli addetti alla vendita dovranno indossare un camice di colore chiaro con adeguato copricapo, il banco di vendita dovrà essre posto a una determinata distanza dal suolo, etc.
I prodotti alimentari posti in vendita o somministrati, dovranno essere muniti di apposito cartellino degli ingredienti con evidenziati gli eventuali allergeni utilizzati, conformemente a quanto disposto dal D.Lgs. n. 109/92 e dal D.Lgs. 114/2006.
Nell’ipotesi in cui l’Associazione ONLUS dovesse somministrare pasti, dovrà indicare nel menù gli eventuali ingredienti allergenici utilizzati, nel rispetto dell’Ordinanza 29 gennaio 2010 del Ministero della Salute, avente come oggetto “ Misure urgenti in merito alla tutela della salute del consumatore con riguardo al settore della ristorazione”, con la quale vengono imposti nuovi obblighi ai ristoratori e a tutti coloro che somministrano alimenti.
Piero Nuciari
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