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Il nuovo disegno di legge del Governo sui farmer’s market

Vendita diretta di frutta e ortaggi di qualità da parte degli imprenditori agricoli del territorio di produzione, con abbattimento dei costi di trasporto delle merci e conseguente diminuzione di traffico e inquinamento.  Questi, in sintesi, gli elementi salienti che caratterizzano i “Farmer’s market”, i mercati agricoli di vendita diretta, a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dell’1 marzo 2010 del disegno di legge (DdL)  recante “norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli provenienti da filiera corta e di qualità”.
Analizzando il provvedimento – che ora dovrà seguire l’iter parlamentare – è possibile affermare che il Governo Berlusconi sta proseguendo il lavoro tracciato a suo tempo dal Governo Prodi, che nell’ormai lontano 2007 diede il via ufficiale ai farmer’s market italiani.

Come gli addetti ai lavori ricorderanno, il via libera del Governo Prodi  arrivò a fine anno 2007, quando sulla Gazzetta ufficiale n. 301, del 29 dicembre 2007,  venne pubblicato il decreto ministeriale 20 novembre 2007, avente come oggetto: “Attuazione dell’articolo 1, comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sui mercati riservati all’esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli”.

Il decreto recepiva l’articolo 1 della finanziaria 2007, che testualmente recitava: “Al fine di promuovere lo sviluppo dei mercati degli imprenditori agricoli a vendita diretta, con decreto del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali di natura non regolamentare (…omissis) da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione di detti mercati, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori agricoli, alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi, nonché le condizioni per poter beneficiare degli interventi previsti dalla legislazione in materia”.

Con questo provvedimento ebbe ufficialmente inizio nel nostro Paese l’esperienza dei mercati contadini,  sulla scia delle positive esperienze nate negli Stati Uniti e in altri Paesi europei, dove già erano attivi  efficaci ed affermati modelli alternativi di approvvigionamento di prodotti agricoli freschi e trasformati, di provenienza locale, a vantaggio dei consumatori.

A distanza di tre anni  possiamo dire che l’iniziativa si è allargata a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale, grazie alle associazioni di categoria degli agricoltori e/o della Amministrazioni comunali, sensibili alle problematiche delle famiglie italiane che non riescono più ad arrivare a fine mese.
Dal punto di vista dei consumatori è da dire che i risparmi sui prodotti acquistati in questi mercati si aggirano attorno al 40-50% e in alcuni casi, laddove le amministrazioni comunali sono riuscite a concludere accordi con i produttori,  addirittura al 70%!

Per chi volesse conoscere il farmer market più vicino alla propria residenza, sul sito http://www.mercatidelcontadino.it/ è possibile visionare l’elenco di tutti i mercati dei contadini presenti in ogni regione italiana.

Cosa c’è di nuovo nel DDL presentato dal Governo in data 1 Marzo 2010

Il provvedimento impone un passo di qualità diverso e si aggiunge alle norme in materia di sicurezza alimentare, definendo principi importanti in materia di mercati agricoli riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori: non solo la modalità di vendita e la trasparenza dei prezzi, ma anche una maggiore verificabilità della qualità dei prodotti: dalla semina, produzione e lavorazione, alla vendita.

Il DDL coinvolge anche le Amministrazioni locali al fine di favorire lo sviluppo di questo genere di mercati.
L’art. 3 del provvedimento, infatti, prevede la riserva degli spazi (almeno il 20% !) per la vendita dei prodotti agricoli “a km 0” provenienti dalla filiera corta e dei prodotti di qualità, nei mercati agricoli al dettaglio situati su aree pubbliche.

Ma la vera novità riguarda le strutture commerciali, che potranno riservare almeno il 30 per cento della superficie totale per la vendita dei prodotti agricoli a “kilometri zero”.

Anche le grandi strutture di vendita vengono coinvolte dal provvedimento e per fare questo il legislatore è ricorso al classico “zuccherino” – previsto dall’articolo 4 – e costituito dalla riduzione  del  50 per cento del contributo per il rilascio del permesso di costruire (o di altri atti autorizzatori o concessori in materia di edilizia o urbanistica) a favore delle grandi strutture di vendita e dei centri commerciali nei quali si sceglierà di esercitare anche la vendita di prodotti agricoli locali.

Questo naturalmente a discrezione della regione e a condizione  che – all’atto della richiesta – le grandi strutture commerciali si impegnino a porre in vendita prodotti agricoli a chilometri zero provenienti da filiera corta e  prodotti di qualità in misura non inferiore, in termini di valore, al 30 per cento delle produzioni agricole complessivamente acquistate su base annua.

Al fine di evitare raggiri da parte di coloro che potrebbero mirare esclusivamente ad ottenere lo sconto, il secondo comma dell’art. 4 prevede una sorta di sanzione a carico delle strutture commerciali che non rispettino – per almeno 5 anni – l’impegno di vendere i prodotti agricoli oggetto dell’accordo.
La sanzione prevista è il pagamento integrale del contributo con un tasso di interesse superiore di due punti a quello legale decorrente dalla data di concessione delle agevolazioni precedentemente concesse.

In conclusione
Anche se l’iniziativa di una legge sui farmer’s market più articolata costituisce l’ennesimo passo in avanti per la tutela dei consumatori, resta difficile nascondere un certo scetticismo circa il fatto che le grandi strutture di vendita possano operare a favore della “spesa a km 0”, visto che è la grande distribuzione  che specula sul lavoro degli agricoltori italiani, pagando i loro prodotti – alla fonte – cifre irrisorie, per poi rivenderli a prezzi quasi proibitivi.

Considerando che la frutta, la verdura, la carne  e i formaggi costituiscono il 70% della spesa mensile della famiglia media e contestualmente una delle principali fonti di entrata dei centri commerciali, va da sé che molto difficilmente grandi realtà come la Coop, la Sidis o la Esselunga – per fare qualche nome – possano scegliere di rinunciare a parte dei loro consistenti introiti per favorire lo sviluppo di questa emergente realtà contadina.

Piero Nuciari

 

Il Testo del Disegno di Legge

 

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