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In arrivo novità sul pane fresco e il pane conservato – Definite le denominazioni e le modalità di preparazione

Chi segue la materia ricorderà che l’art. 4,  della Legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 avente come oggetto: “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”), aveva previsto l’abrogazione della legge 31 luglio 1956, n. 1002 e  della lettera b), del comma 2, dell’articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

La norma aveva anche liberalizzato l’attività di panificazione con l’obbligo di indicazione del nominativo del responsabile dell’attività produttiva, che aveva (ha) il compito di assicurare l’utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti.

Per ultimo, aveva previsto  l’emanazione di un decreto interministeriale con l’obiettivo di disciplinare: la denominazione di «panificio», la denominazione di «pane fresco», l’adozione della dicitura «pane conservato» con l’indicazione dello stato o del metodo di conservazione utilizzato, delle specifiche modalità di confezionamento e di vendita, nonché delle eventuali modalità di conservazione e di consumo.

Sono seguiti dodici anni di vuoto normativo durante i quali si è assistito ad una concorrenza sleale tra la grande distribuzione e le P.M.I. artigiane della panificazione, a danno di queste ultime.

Finalmente il confronto impari ha avuto termine con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 269, del 19 novembre 2018, del Decreto interministeriale 1 ottobre 2018, n. 131, recante “Regolamento recante disciplina della denominazione di «panificio», di «pane fresco» e dell’adozione della dicitura «pane conservato»” che entrerà in vigore il 18 Dicembre 2018.

Il Decreto, all’articolo 1,  definisce come Panificiol’impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e svolge l’intero ciclo di produzione, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale“.

L’articolo 2, comma 1, definisce come pane fresco” “il pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o alla surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti che abbiano effetto conservante”.

La norma, inoltre, definisce il “processo di produzione continuo” come un processo per il quale  “non intercorra un intervallo di tempo superiore alle 72  ore  dall’inizio della  lavorazione  fino  al  momento  della  messa  in  vendita  del prodotto” (art. 2, comma 2).

Degno di nota è anche il contenuto dell’articolo 3, che stabilisce la definizione di “Pane conservato o a durabilità prolungata. Per “pane conservato o a durabilità prolungata” si intende il pane per il quale viene utilizzato, durante la sua preparazione o nell’arco del processo produttivo, un metodo di conservazione che ne aumenti la durabilità e che deve essere “posto in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione utilizzato, nonché le eventuali modalità di conservazione e di consumo”.

Sui banchi di vendita, questo prodotto deve essere esposto, secondo quanto previsto nel Decreto, “in scomparti appositamente riservati”.

L’articolo 5 riguarda lo smaltimento delle scorte e prevede una disposizione transitoria relativa ad “incarti o imballi con diciture o denominazioni di vendita non conformi alle disposizioni del presente regolamento”, che possono essere utilizzati “per 90 giorni a decorrere dalla data della sua pubblicazione”.

A CHI COMPETE LA VIGILANZA

L’articolo 4, commi 3 e 4, della Legge 248/2006, elenca le figure alle quali compete la vigilanza in materia, ovvero la Polizia Locale dei comuni e la PG in genere, oltre alle autorità competenti in materia igienico-sanitaria.

SANZIONI

Le violazioni sono punite ai sensi dell’articolo 22, commi 1,2, 5, lettera c) e 7, del D.Lgs. 31/03/98 n. 114.
Sanzioni previste: da euro 2.582,28 a euro 15.493,71.
In caso di particolare gravità o di recidiva (violazione commessa due volte in un anno), il Dirigente dell’Ufficio commercio comunale può disporre la sospensione dell’ attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni.
Nel caso di ulteriore violazione delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria avvenuta dopo la sospensione dell’attività, il sindaco ordina la chiusura di un esercizio.
L’Autorità competente è il Dirigente dell’Ufficio Commercio comunale, mentre i proventi delle sanzioni competono al Comune.

Per scaricare il testo del decreto clicca qui.

Piero Nuciari

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