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La liberalizzazione degli orari delle attività commerciali

La “Manovra salva Italia”, varata con D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, ha liberalizzato gli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi.

E’ bene precisare che la liberalizzazione, prevista dall’art. 31 del Decreto Legge, scatta “ope legis”, ovvero senza alcun bisogno di provvedimenti di recepimento da parte delle Regioni, visto che l’intervento non comporta ingerenza dello Stato nelle competenze regionali, in quanto trattasi di norma statale rientrante dell’esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza.
Tale orientamento, sancito dalla Corte Costituzionale, con sentenze n. 288/2010 e n. 430/2007, era stato evidenziato qualche mese fa anche dal MISE, nella circolare n. 3644/C del 28/10/2011, nella quale si affermava che la legislazione statale, nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, può intervenire in materie regionali nella misura in cui la sua azione sia “strumentale ad eliminare limiti e barriere all’accesso al mercato e alla esplicazione della capacità imprenditoriale”.

Dal 1° Gennaio 2012, quindi, gli esercizi commerciali di cui al D.Lgs. 114/98 e gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande possono svolgere la propria attività senza alcun vincolo di orario e senza l’obbligo di chiusura domenicale e festiva.

A causa di questa scelta alquanto discutibile del Governo Monti, che elimina ogni regola, per i comuni italiani sono in arrivo tempi duri visto che saranno costretti a fronteggiare ulteriori problematiche e maggiori spese per la sicurezza e la viabilità nelle ore notturne e nelle giornate festive. I problemi principali riguarderanno soprattutto gli orari di apertura degli esercizi pubblici e le inevitabili conseguenze a livello di quiete e ordine pubblico.

Ma cosa accadrà ora?

La liberalizzazione degli orari favorirà sicuramente la grande distribuzione a discapito delle piccole attività commerciali, soprattutto quelle del settore alimentare, che non riusciranno sicuramente a reggere il confronto con i colossi commerciali.
Con la chiusura delle piccole attività commerciali, verranno penalizzati i cittadini in termini di qualità dei prodotti acquistati, visto che, ad eccezione di rari casi, nella grande distribuzione la qualità degli alimenti venduti lascia molto a desiderare.
Si pensi ad esempio al semplice affettato venduto nell’esercizio alimentare “sotto casa” che magari si rifornisce da qualche cooperativa agricola locale e all’affettato venduto in busta sigillata nel centro commerciale.

Il primo alimento avrà una quantità minima di conservanti, nel 90% dei casi naturali, mentre il secondo avrà, come minimo, 3-4 additivi chimici (conservanti, coloranti, etc) che sicuramente non faranno bene alla salute.

Il cittadino potrà sì fare la spesa al Centro commerciale alle 22 di sera, ma a che prezzo?

Nei giorni scorsi autorevoli economisti hanno dichiarato che la liberalizzazione degli orari provocherà inevitabilmente un aumento della disoccupazione e un ulteriore arricchimento dei centri commerciali e delle multinazionali che li gestiscono.

Una scelta del genere fatta da un Governo composto da docenti universitari di economia, chiamato per far crescere l’Italia e per portarci fuori dal “pantano” in cui è finita la nostra amata Nazione… lascia sinceramente seri dubbi sulla competenza professionale di chi per una vita ha tenuto lezioni in università!

Sul fronte delle Regioni e dei comuni, già si sta studiando la contromossa, coinvolgendo la Conferenza Stato-regioni al fine di affrontare il problema in maniera organica.

Dal punto di vista legale, è possibile affermare che il D.L. 201/2011, non intervenendo sull’abrogazione delle Leggi nazionali e regionali del settore, ha lasciato aperta la strada ai ricorsi e – nota più importante – ha lasciato intatto il potere del Sindaco di emanare ordinanze di limitazione per motivi contingibili e urgenti, temporalmente definite e limitate, che dovranno però essere emanate con motivazioni sostenibili e comprovanti gravi e imminenti rischi per la sicurezza e la quiete pubblica, pena i ricorsi e la richiesta di risarcimento danni da parte delle attività che verranno limitate.

Alcune considerazioni
Per chi ha avuto il coraggio (e il tempo) di leggere il testo del decreto “Salva Italia”, che secondo il nostro Governo “degli equi”, rilancerà la nostra economia facendoci guadagnare fino a 10 punti di Pil, sarà rimasto alquanto deluso dei suoi contenuti e avrà sicuramente notato che praticamente ogni articolo è uno “specchio per le allodole”.

Ai titoli altisonanti, infatti, non corrispondono contenuti reali e realizzabili.
L’impressione che si ha è che si è voluto alzare un grande polverone su tutto per non far capire al cittadino medio, agli operai e ai pensionati, che gli unici tartassati sono e saranno loro, visto che con questa manovra il Governo, al di la degli intenti di equità sbandierati in tutte le sedi, ha tassato in ogni modo e in tutti i settori, con tasse dirette e indirette, le classi meno abbienti del nostro Paese, evitando accuratamente di tassare i ricchi e di penalizzare le lobby.
Nulla ad esempio è stato fatto per abbassare il costo della benzina, visto che la proposta di far rifornire i gestori delle pompe di carburante di proprietà delle multinazionali del petrolio, per il 50% nel mercato libero, riguarda solo i proprietari degli impianti, che sono solo una minoranza.

Nulla è stato fatto per i giovani, visto che la possibilità di aprire una srl con solo un euro è considerata da chi è nel commercio come una grande fesseria, perché nessuna ditta seria accetterà mai di lavorare con un’altra che risponderà, in caso di inadempienza, solo con un euro.
Nulla è stato fatto per le famiglie, perchè si è pensato esclusivamente a tutelare gli interessi delle lobby senza fare nulla di realmente utile per limitare i danni causati dall’aumento del costo della vita.
Nulla è stato fatto per ridurre i costi della politica, se non qualche manovra di facciata o una proclamazione di intenti che mai verranno attuati, considerato che, superato il pericolo dell’imminente default, più passa il tempo e più la “casta” sta riacquistando potere.

Il Professor Monti, pensa, bontà sua, che i problemi dell’Italia, dei cittadini che non arrivano più a fine mese, si risolvono liberalizzando i taxi, aumentando le farmacie, i notai o “contrattando” le tariffe dei professionisti; a questo signore “equo”, qualcuno forse dovrebbe dire che i problemi degli italiani sono diversi da quelli delle banche, delle multinazionali farmaceutiche e delle corporazioni che lui rappresenta e tutela…
tuttavia, facendo autocritica, la colpa della situazione che stiamo vivendo è comunque nostra, visto che noi abbiamo votato i politici che negli ultimi decenni ci hanno portato dove siamo arrivati… e toccherà a noi, alle prossime elezioni, tirarci fuori da questa situazione!

Piero Nuciari

 

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