La lotta alle frodi alimentari in Italia negli anni del “Boom economico”.
Questo approfondimento non è stato scritto da me, ma dal Dr. Giovanni Rossi, Coordinatore Aziendale Tecnici della Prevenzione Asl di Parma.
Il Dr. Rossi è un collega con il quale sono in contatto che condivide con me la passione per l’igiene alimentare; gestisce il sito www.ispettorimicologi.it e, recentemente, ha pubblicato un libro molto interessante intitolato: “Un secolo di vigilanza sugli alimenti”.
L’articolo che segue è uno studio sull’origine storica delle frodi alimentari, che consente di capire come è nato e si è sviluppato il fenomeno che quotidianamente tutti noi cerchiamo di contrastare.
La lotta alle frodi alimentari in Italia negli anni del “Boom economico”.
A cura del Dr. Giovanni Rossi
Le frodi alimentari sono una piaga sociale, il frutto dell’imperante egoismo umano di potersi arricchire a danno del prossimo. Questo crimine odioso colpisce con l’inganno le categorie più deboli dei consumatori e perciò deve essere combattuto con decisione e coraggio da parte di tutti gli organi ispettivi locali e nazionali.
Le frodi alimentari sono vecchie come il mondo, Plinio il Vecchio (23-79 d.c.) descrisse nelle sue opere la sofisticazione delle farine con grani meno pregiati, nonché delle spezie. Nel Medioevo la frode più comune era quella di utilizzare per la produzione del pane farine mescolate con granaglie ammuffite. Questo crimine con il passare del tempo e con l’utilizzo del progresso tecnologico si è enormemente incrementato soprattutto nei periodi di crisi economiche e durante i conflitti bellici.
In Italia invece il fenomeno delle frodi alimentari ebbe il suo apice nel periodo del cosiddetto “Boom economico”, tra gli anni ’50 e ’60; periodo che permise all’Italia di entrare nel club dei paesi più industrializzati al mondo.Un miglioramento del tenore di vita degli italiani che provocò anche nuove abitudini alimentari degli italiani, prima degli anni ’50, infatti, metà del reddito di una famiglia era utilizzata per la spesa alimentare.
Nel passato la dieta media dell’italiano era costituita da pasti semplici, il consumo di carne e di dolciumi era confinato ad eventi eccezionali come feste e matrimoni, solo i ricchi si potevano permettere il consumo di carne e di altre prelibatezze che diventavano anche simbolo di opulenza e del suo status sociale.Nel primo dopoguerra l’industria agroalimentare grazie anche all’applicazione di nuovi macchinari e del know-how americani riuscì a produrre nuovi prodotti a largo consumo e a basso costo, una miriade di prodotti come merendine per l’infanzia, patatine, crackers, margarina, bibite e gelati, carne in scatola, dadi per il brodo ecc. .
La chimica diede un grande contributo all’industria alimentare ad esempio venne utilizzato in modo massiccio il glutammato monosodico come esaltatore di sapidità addizionandolo ad altri aromi per migliorare il sapore e rendere appetibile carne e vegetali di scarsa qualità, oppure l’utilizzo di coloranti per coprire il colore imbrunente di alcuni cibi o l’utilizzo di solfiti per rendere la carne di un bel colore rosso permettendo anche di allungare i tempi di conservazione.
L’utilizzo di processi chimici industriali quali l’“esterificazione” consentiva di ottenere olio da glicerina e acidi grassi. Al fine di soddisfare il fabbisogno esponenziale di carne da parte dei consumatori agli animali vengono somministrati ormoni e antibiotici per farli crescere sempre più rapidamente.Un ruolo decisivo per il cambio dell’alimentazione degli italiani lo ebbe la radio e la televisione; ricordiamo il “carosello” che permise di entrare in ogni famiglia e reclamizzare questi nuovi prodotti, inoltre l’utilizzo dei primi frigoriferi permise di conservare gli alimenti freschi per più giorni.
La crescita della domanda avvenne, però, senza il rispetto dei requisiti igienico-sanitari e nutrizionali. La prima inchiesta giornalistica che portò alla cronaca il fenomeno diffuso delle frodi alimentari fu quella del settimanale L’Espresso[1]. Nell’articolo si citavano le indagini delle prime associazioni di consumatori che denunciavano l’olio di oliva prodotto con gli scarti ossei dei macelli (anche degli asini) al quale venivano aggiunti sottoprodotti degli idrocarburi, attraverso un processo di esterificazione. La denuncia dell’Espresso fece molto scalpore nell’opinione pubblica dell’epoca e portò alla ribalta, per la prima volta, il problema delle frodi nel campo alimentare.
Queste frodi dimostrarono la debolezza del controllo pubblico in Italia dovuto alla mancanza di una normativa adeguata ai tempi e che risaliva ai primi anni del Novecento. I Laboratori Provinciali di Igiene e Profilassi non disponevano di metodiche d’analisi tali da consentire di scoprire le nuove frodi alimentari; inoltre il personale ispettivo impiegato nel campo della vigilanza, ossia i Vigili Sanitari Comunali e Provinciali, era numericamente carente sull’intero territorio nazionale e contava solo un migliaio di persone.
A seguito di questo scandalo il Ministro della Salute on. Luigi Mariotti decise di intensificare i controlli e i campionamenti dei generi alimentari, dando così un grosso impulso ai controlli.Al fine di rafforzare i controlli il 15 Ottobre 1962 vennero istituiti i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell’Arma dei Carabinieri.
I frutti non tardarono ad arrivare: durante il quadriennio 1959 – 1963 i Laboratori Provinciali di Igiene e Profilassi esaminarono ben 2 milioni di campioni di sostanze alimentari, in grande maggioranza prelevati dai Vigili Sanitari Provinciali. La media annua si aggirava su 424.000 campioni, di cui l’11% con giudizi sfavorevoli. I dati dimostrano il notevole lavoro e l’impegno dei Vigili Sanitari nel contrastare le frodi alimentari durante gli anni ‘60.
Per il lavoro svolto nell’opera di contrasto alle frodi alimentari, nel 1966 la categoria dei Vigili Sanitari fu insignita dal Presidente della Repubblica on. Giuseppe Saragat della medaglia d’oro al Merito della Sanità.Un ulteriore e decisivo passo fu compiuto con l’emanazione della Legge n.283 del 1962 “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”. La cui applicazione contribuì a migliorare la situazione igienico sanitaria delle produzioni alimentari e a tutt’oggi è considerata un fondamento della legislazione alimentare, anche se in parte superata dai nuovi regolamenti comunitari.
Tuttavia, nonostante l’importanza di tale normativa, riconosciuta a livello europeo come una delle migliori, trascorsero ben venti anni prima che fosse emanato il suo regolamento di attuazione: il DPR 327/1980. Le ragioni di tale ritardo furono, quasi esclusivamente, di ordine politico ed economico, in quanto tale legge imponeva alle aziende alimentari numerosi obblighi sia di ordine tecnico che strutturale.
Fino al 1978, in Italia, la vigilanza sugli alimenti era espletata dai Medici e Veterinari Provinciali e Comunali i quali, coadiuvati dai Vigili Sanitari, dipendevano direttamente dal Ministero della Salute. Con l’istituzione del Sistema Sanitario Nazionale ad opera della Legge n. 833/78 si procede allo smantellamento degli organismi sopra citati, mentre funzioni e personale sono trasferite alle USL, che dipendevano dagli enti locali.
Questo comportò grosse difficoltà organizzative per i nuovi Servizi di Prevenzione delle USL che si dovevano occupare di tutti gli ambiti della prevenzione (ambientale, medicina del lavoro, veterinaria, igiene pubblica e alimenti) con poche risorse a disposizione, mancato adeguamento normativo e con un politico che influenzava le attività, in quanto componente importante all’interno dei Comitati di Gestione.
Nonostante queste difficoltà numerosi furono gli interventi effettuati dal personale di vigilanza nel corso dei primi anni ’80, ma le criticità organizzative dei servizi comportò un allentamento dei controlli e una recrudescenza delle frodi. Ma un ulteriore scandalo doveva svegliare il Paese: nel 1986 alcune aziende vitivinicole fecero ricorso al metanolo come metodo truffaldino per alzare la gradazione alcolica di vini di scarsa qualità, causando la morte di 19 persone e la cecità di altre 15.
Lo scandalo mostrò la scarsa efficacia dei controlli ufficiali effettuati sugli alimenti in relazione al nuovo assetto dei Servizi Ispettivi delle USL. I dati sono eloquenti: dai 450 mila controlli ed ispezioni effettuate solo nel 1979 dagli Uffici dei Medici Provinciali ai circa 80 mila eseguiti nel periodo 1980-1985 dalle USL Nazionali).
Lo scandalo sconvolse la nazione, i politici dell’epoca addossarono la responsabilità all’allora Ministro della Sanità, Costante Degan, per gli omessi controlli. Questa seconda emergenza nel settore alimentare portò all’emanazione di alcune normative atte a contrastare le frodi alimentari; in particolare, il Decreto Legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito nella Legge 7 agosto 1986, n. 462, concernente le misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari, oltre a disporre una serie di misure di controllo a tutela della salute pubblica che rafforzano la normativa già esistente, istituisce presso il Ministero della Salute “l’elenco pubblico delle ditte commerciali e dei produttori che abbiano riportato condanne con sentenza passata in giudicato per reati di frode e di sofisticazione alimentare”. Come accadde negli anni ‘60, a seguito del clamore suscitato ci fu una maggiore sensibilizzazione nell’opinione pubblica e dei politici circa le problematiche riguardanti la sicurezza alimentare, s’inizio quindi a riorganizzare meglio i servizi ispettivi a livello locale (USL) e a potenziare il controllo attraverso i Nuclei antisofisticazione dei Carabinieri su tutto il territorio nazionale.
Attualmente anche grazie all’applicazione della nuova normativa comunitaria sulla sicurezza alimentare, le Autorità Competenti (Ministero della Sanità, Regioni e ASL) sono impegnate a un maggiore contrasto alle frodi alimentari sia a livello locale che nazionale, ma intanto le sofisticazioni sono diventate più insidiose e difficili da individuare, mentre è in aumento l’industria del falso e dell’agro pirateria a scapito dei nostri prodotti tipici. In definitiva le frodi degli anni ’60 – ’70 furono la conseguenza di un progresso in parte distorto che si inserisce in un quadro di radicali cambiamenti della società e dei costumi. A tutto ciò le istituzioni seppero reagire, ma solo con ritardo e come purtroppo spesso avviene nel nostro Paese solo sull’onda dello scandalo.
Bibliografia:
G. Rossi “Un secolo di vigilanza sugli alimenti. Dal Vigile Sanitario al Tecnico della Prevenzione”, 2011, Edizione Photocity;
G. Nebbia ,”La Società dei rifiuti”, 1990, edizione Edipuglia srl ;
G. Nebbia e G. Menozzi Nebbia, ‘Breve storia delle frodi alimentari”, Convegno internazionale sul tema: “Cultura e storia dell’alimentazione”, Imperia, 8 – 12 marzo 1983;
S. Casillo,“Il falso è servito. Le falsificazioni del nostro cibo quotidiano”, 2001, Liguori Editore;M. Dona, “La spesa alimentare tra sicurezza, qualità e convenienza” Atti del Premio Vincenzo Dona, voce dei consumatori 2009, 2010, edizione Francoangeli;
“La truffa dell’olio”, L’Espresso, n. 27, 6 luglio 1958;G. Corbi e L. Zanetti, “Il romanzo giallo del burro: la balena spalmata sul pane”, L’Espresso, n. 26, 29 giugno 1958;G. Corbi e L. Zanetti, “L’asino nella bottiglia: romanzo giallo dell’olio di oliva”, L’Espresso, n. 25, 22 giugno 1958;
R. Nader, “Il cibo che uccide”, traduzione di G. Menozzi Nebbia, introduzione e conclusione di G. Nebbia, Milano, Bompiani, 1974.
[1] G. Corbi – L. Zanetti, quotidiano “Espresso”, 1957, articolo “L’asino in bottiglia”
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