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La somministrazione di alimenti precotti nei bar

Una problematica che assilla i baristi è quella relativa alla somministrazione di alimenti surgelati precotti.
E’ un’attività consentita o no?

Navigando in internet è possibile trovare diversi articoli, anche datati, nei quali si descrivono le proteste dei ristoratori e le sanzioni elevate dalla Polizia Municipale a carico di baristi intenti a servire primi piatti precotti e riscaldati con il microonde, agli avventori seduti sui tavoli dei bar.

Relativamente a questa tematica è possibile affermare che, fino a una decina di anni fa, ogni comune gestiva autonomamente detto genere di somministrazioni, mediante un proprio regolamento comunale, basandosi su un’interpretazione peraltro non omogenea dei contenuti  dell’articolo 5, della legge 25 Agosto 1991, n. 287, che prevedeva 4 tipologie di Pubblico esercizio:  solo la tipologia “A” poteva somministrare pasti e bevande, mentre la tipologia “B”, quella dei bar,  poteva somministrare esclusivamente bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché latte, dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria e “prodotti di gastronomia”.

La norma  non specificava dettagliatamente gli alimenti rientranti nella dicitura “prodotti di gastronomia” e, quindi, alcune amministrazioni la intesero come “panini, tramezzini, affettati, etc”, mentre altre, come il Comune di Roma, emisero (addirittura nel 1996!) un’Ordinanza con la quale si consentiva, ai bar e agli esercizi assimilabili, di servire pietanze già pronte da riscaldare.

Con questa iniziativa il Comune di Roma pose fine a un contenzioso amministrativo lunghissimo, e nello stesso tempo stabilì che i cibi precotti, messi in vendita nei bar, dovevano provenire esclusivamente da laboratori o industrie alimentari in possesso dell’ autorizzazione sanitaria per la loro preparazione ed essere conservati in monoporzioni ad una temperatura stabilita.
La stessa Ordinanza prevedeva che ogni esercizio doveva dotarsi di un frigorifero adatto alla conservazione dei precotti e di un forno a microonde o a termoconvenzione con cui riscaldarli.
Al cliente doveva inoltre essere consegnata una ricevuta attestante la provenienza del cibo e una confezione di posate di plastica.

In seguito, sulla problematica si pronunciò anche la magistratura che emise diverse sentenze, tra le quali le più significative furono quelle del TAR Veneto (n.510, del 19 dicembre 1997) e della Cassazione Civile (sez. I, 5 maggio 2006, n. 10393 ) .
Il TAR Veneto evidenziò quanto segue: “l’elemento che distingue un alimento somministrabile in un esercizio di tipo “B” rispetto a quello non somministrabile è “ la tipologia della cottura del cibo servito”.
Secondo il Giudice amministrativo, gli esercizi di tipologia “A” e di “B” hanno la facoltà di somministrare anche gli stessi prodotti alimentari, con la sola distinzione che nei primi si possono cucinare i cibi solidi che si somministrano, mentre nei secondi, si possono solo riscaldare quelli precotti o surgelati.

Anche la Cassazione Civile, che si pronunciò in merito, stabilì che: “Ai fini del rilascio dell’autorizzazione comunale all’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, l’art. 5, comma 1, della legge n. 287 del 1991 distingue due principali tipologie, quella sub A, propria della ristorazione, e quella sub B, nella quale confluiscono bar, caffè, pasticcerie e simili, e che annovera tra le categorie di prodotti offerti per il consumo quelli di gastronomia, categoria che ricomprende anche i cibi precotti, purché la cottura sia avvenuta in un diverso esercizio – essendo la presenza di una organizzazione per la preparazione dei pasti peculiare degli esercizi di ristorazione di cui all’art. 5, comma 1, lett. A – e semplicemente sottoposti ad operazione di riscaldamento nel locale autorizzato ai sensi della lettera B del citato art. 5, comma 1. Ne consegue che non è soggetto a sanzione amministrativa per violazione dell’art. 3 della legge n. 287 del 1991 l’esercente che, essendo munito di licenza di cui all’art. 5, comma 1, lett. B, della stessa legge, abilitante alla somministrazione di prodotti di gastronomia, abbia offerto al consumo cibi precotti, preparati mediante cottura altrove e somministrati al cliente previa sola eventuale operazione di riscaldamento.”

Come è possibile notare, il Comune di Roma anticipò di parecchio l’evoluzione che su questa tematica si verificò in tutte le Regioni italiane, a seguito dell’entrata in vigore della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che modificò il Titolo V della Costituzione Italiana, trasferendo la potestà legislativa in materia di commercio alle Regioni.

Allo stato attuale, il 90% delle regioni italiane hanno previsto una sola tipologia di pubblici esercizi ed ora la somministrazione di determinati alimenti dipende esclusivamente dalle caratteristiche igienico-sanitarie del locale cucina.

Un bar che vuole preparare piatti deve innanzitutto presentare una SCIA sanitaria o NIA ( in alcune regioni viene chiamata in questo modo) alla ASL e al Comune.

Nella SCIA (o NIA) l’esercente dovrà specificare, nel dettaglio, le tipologie di alimenti che intende somministrare e il genere di servizio previsto per la clientela.
L’attività potrà iniziare immediatamente a condizione che il gestore sia in regola con le norme in vigore e con le attrezzature.
E’ da evidenziare che la ASL, nell’ipotesi in cui la dichiarazione non risultasse in regola, potrà intervenire vietando l’attività.

Attrezzature necessarie
Se si vogliono preparare veri e propri piatti, compatibilmente con le dimensioni della cucina,  sarà necessario possedere una dotazione da ristorante con fornelli, lavastoviglie, arredi in acciaio, frigoriferi professionali,  pareti piastrellate, ventilazione forzata, altezze a norma, lavello a pedale, asciugoni monouso, etc.

Bar privi di cucina

Nell’ipotesi in cui si voglia solamente riscaldare alimenti surgelati già pronti, prodotti da ditte autorizzate e non in proprio, la dotazione minimale sarà costituita da un forno a microonde o a termoconvenzione, alimentati elettricamente e dotati di sistema di smaltimento di vapori e odori, un freezer dove stoccare gli alimenti surgelati e una lavastoviglie per lavare eventuali piatti o bicchieri, a meno che non si usino posate e piatti usa e getta.
A tutela dei consumatori, dovrà inoltre essere presente un cartello con la dicitura: “I prodotti di gastronomia somministrati in questo esercizio sono precotti surgelati o refrigerati”.

Ad avviso di chi scrive,  per questo genere di attività (semplice riscaldamento e somministrazione di un alimento precotto fornito da una ditta autorizzata) non occorre alcuna comunicazione alla ASL, visto che la somministrazione di questa tipologia di alimenti è ricompresa nei “prodotti di gastronomia”, originariamente previsti nella Legge 287/91.
Di fatto, riscaldare un panino e servirlo, come viene fatto ogni giorno in tutti i bar d’Italia, equivale a  riscaldare un primo monoporzione e somministrarlo al cliente.

In conclusione è possibile affermare che, in base alla giurisprudenza consolidata, già dal 1991 era consentito ai Pubblici esercizi di tipologia “B” (bar, caffe’, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari) la somministrazione di primi precotti e surgelati, prodotti da ditte autorizzate, a condizione che venissero solo riscaldati mediante un forno a microonde o a termoconvenzione.
Con l’evoluzione prodotta dalla modifica del Titolo V della Costituzione e con le nuove leggi regionali, tutti i nuovi bar, compresi i vecchi in regola con le norme igieniche richieste dalla normativa vigente, sono divenuti dei mini-ristoranti il cui unico limite è dato dalle dimensioni della cucina e dei locali.

Per una volta tanto, l’Italia può vantarsi di essersi avvicinata all’Europa!

Piero Nuciari

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