La vendita dei farmaci da banco o di automedicazione nei supermercati
La prima impressione che suscita la lettura dell’art. 5 del Decreto Legge, è la fretta con cui è stato redatto l’articolo e la probabile scarsa conoscenza del settore da parte di chi ha ideato il provvedimento.
Articolo 5(Interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci)1. Gli esercizi commerciali di cui all’articolo 4, lettere d), e) e f) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui all’articolo 9 bis della legge 16 novembre 2001, n.405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, secondo le modalità previste dal presente articolo. E’ abrogata ogni norma incompatibile.2. La vendita di cui al comma 1 è consentita durante l’orario di apertura dell’esercizio commerciale, in una parte della sua superficie ben definita e distinta dagli altri reparti, con l’assistenza di uno o più farmacisti abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine. Sono, comunque, vietati i concorsi, le operazioni a premio e le vendite sotto costo aventi ad oggetto farmaci.3. Lo sconto sul prezzo indicato dal produttore o dal distributore sulla confezione di ogni farmaco può essere liberamente determinato da ciascun distributore al dettaglio, purché sia esposto in modo leggibile e chiaro al consumatore e sia praticato a tutti gli acquirenti. Ogni clausola contrattuale contraria è nulla. Sono abrogati l’articolo 4 del decreto legge 27 maggio 2005, n. 87, convcrtito in legge 26 luglio 2005, n. 149 ed ogni altra norma incompatibile.4. Alla lettera b) dell’articolo 105 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, è aggiunto, infine, il seguente periodo: “L’obbligo di chi commercia all’ingrosso farmaci di detenere almeno il 90% delle specialità in commercio non si applica ai medicinali non ammessi a rimborso da parte del servizio sanitario nazionale, fatta salva la possibilità del rivenditore al dettaglio di rifornirsi presso altro grossista”.5. Al comma 1 dell’articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362 è soppresso il seguente periodo: “che gestiscano farmacie anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge”; al comma 2 del medesimo articolo è soppresso il seguente periodo “della provincia in cui ha sede la società”; al comma 1, della lettera a) dell’articolo 8 della medesima legge è soppressa la parola “distribuzione”.6. Sono abrogati i commi 5,6, 7, 9 e 10 dell’articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362.7. All’articolo 100 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, il comma 2 è sostituito dal seguente:”2. Le attività di distribuzione all’ingrosso di medicinali e quella di fornitura al pubblico di medicinali in farmacia sono tra loro incompatibili se svolte dal medesimo soggetto imprenditoriale”. |
Da studi di settore la vendita di farmaci da banco o di automedicazione incidono nel fatturato di una farmacia solo del 7 – 8%.
Una famiglia media spende ogni anno circa 100-150 euro in farmaci da automedicazione.
Aver previsto la vendita di tali prodotti in reparti speciali dei centri commerciali, procura al consumatore un risparmio irrisorio, e con molta probabilità, anche se ufficialmente il provvedimento è rivolto alla tutela dei consumatori, chi ci guadagnerà realmente non saranno sicuramente questi ultimi.
Se si analizza attentamente la materia, a parte i vari sciroppi per la tosse, i prodotti per il mal di testa e i vari pastigliaggi per il mal di gola e per il raffreddore (che comunque una famiglia non acquista tutti i giorni come il pane o la frutta), oggigiorno sono molto pochi i prodotti di “automedicazione” non reperibili nei supermercati nel reparto dei prodotti “salutistici”; si pensi ai vari integratori vitaminici, ai prodotti per la digestione o per la linea, ai fermenti lattici e ai tanti altri prodotti disponibili al pubblico in questi reparti.
Se il Governo avesse voluto veramente venire incontro ai consumatori, avrebbe dovuto mettere mano al commercio del latte ed ai vari alimenti per l’infanzia che, come dimostrato lo scorso anno dalla multa milionaria inflitta dal Garante della concorrenza e del mercato, alle varie multinazionali che avevano costituito un cartello, influisce in maniera considerevole sul bilancio delle giovani famiglie. Parecchi di questi prodotti (come ad esempio i latti speciali) vengono venduti esclusivamente in farmacia e, per un discorso di marketing, sono attualmente introvabili nei centri commerciali.
Il lettore sicuramente ricorderà dello scandalo del latte in polvere venduto a 6 euro al kg in Germania e a 26 Euro in Italia!
Per i latti speciali tale differenza di prezzo è ancora più elevata.
Aprire un reparto di vendita di prodotti da banco in un centro commerciale, nonostante i vari discorsi del politico di turno, ad avviso di chi scrive non risolve assolutamente il problema, visto che per la politica commerciale adottata dalle multinazionali, tali prodotti continueranno ad essere venduti ancora a prezzi elevati, anche negli scaffali dei supermercati.
Per intenderci, avviene come ora per alcuni alimenti di note ditte, venduti nei grandi supermercati: la ditta produttrice fissa il prezzo di vendita e, per dare l’impressione di una concorrenza commerciale, consente al rivenditore finale, vincolato da un contratto scritto, di variare il prezzo di vendita di pochi centesimi o, dietro consenso, vendere il determinato prodotto “in offerta” per un limitato periodo di tempo.
Il risparmio reale del consumatore è praticamente irrisorio.
Quindi l’articolo 5 del Decreto legge, rivolto quasi esclusivamente a consentire la vendita nei supermercati di prodotti come l’aspirina, sciroppi per la tosse e il mal di gola, blandi antidolorifici, alla stregua della liberalizzazione degli esercizi per la panificazione, potrebbe costituire solo un’ottimistica base di partenza per tentare di venire incontro ai consumatori (se questa è la reale volontà di chi è al Governo), ma non la soluzione alla lievitazione del costo della vita causato dall’avvento dell’euro.
Piero Nuciari
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