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Le cose che cambieranno con la direttiva Bolkestein

blokstain.jpg Per chi sente per la prima volta questo nome, la direttiva Bolkestein è la proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea relativa ai servizi nel mercato interno, presentata dalla Commissione Europea nel Febbraio 2004 e approvata definitivamente il 12 dicembre 2006 (Direttiva 2006/123/CE).
Lo scopo della direttiva è quello di semplificare le procedure amministrative, eliminare l’eccesso di burocrazia e soprattutto evitare le discriminazioni basate sulla nazionalità per coloro che intendono stabilirsi in un altro paese europeo per prestare dei servizi.
Tali obiettivi dovrebbero essere raggiunti attraverso la creazione di sportelli unici dove i prestatori di servizi potranno portare a termine tutte le formalità necessarie via internet eliminando tutta la burocrazia inutile, le autorizzazioni discriminatorie e discriminazioni basate sulla nazionalità.
Da qualche giorno il Governo italiano ha approvato lo schema di decreto che recepisce tale direttiva e che interessa tutte le attività di servizi, sia commerciali (in particolare bar e ristoranti) che artigianali.

Il Decreto, che dovrebbe entrare in vigore a Marzo 2010 dopo aver avuto il parere della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato, è destinato a rivoluzionare il commercio italiano, per le novità che introduce.
La prima riguarda i Sindaci, che dovranno valutare le domande di apertura di tutte le attività interessate in base a “indici di qualità del servizio” e non più in base a rigidi criteri quantitativi di carattere economico.
Vengono individuati i regimi autorizzatori applicabili alle attività imprenditoriali nei settori regolamentati dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero della Giustizia.
Per le previsioni introdotte dalla modifica del Titolo V della Costituzione, i contenuti del Decreto legislativo, una volta entrato in vigore, si applicheranno con il principio di “cedevolezza” fino a quando le Regioni italiane non avranno adottato la Direttiva 2006/123/CE con normativa propria.
Altra novità introdotta riguarda le società di capitali e le cooperative che per la prima volta potranno esercitare il commercio su aree pubbliche, mentre l’avvio degli esercizi di vicinato, degli spacci interni, delle attività di vendita mediante distributori a utomatici o presso il domicilio dei consumatori, rimarranno ancora soggette a DIA.
Viene introdotta la DIA per l’avvio di un’attività di distribuzione di giornali e di riviste; contestualmente, in occasione della richiesta di apertura di nuove attività, viene vietato l’utilizzo di criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell’esistenza di un bisogno economico e di una domanda di mercato o relativi alla presenza di altri punti vendita di quotidiani e periodici esclusivi e non esclusivi.
Riguardo agli esercizi di somministrazione è da dire che la loro apertura rimarrà soggetta ad autorizzazione mentre è previsto che i Comuni potranno adottare provvedimenti di programmazione delle aperture limitatamente alle zone del territorio da sottoporre a tutela, prevedendo divieti e/o limitazioni nei casi in cui ragioni di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità, rendano difficile consentire ulteriori flussi di pubblico destinati ad incidere sui meccanismi di controllo per un eccessivo consumo di alcoolici ed altro.

Le limitazioni riguarderanno esclusivamente le nuove aperture relativamente alla salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale.

Sarà assoggettato a DIA anche l’avvio delle strutture ricettive (alberghi, campeggi, etc), fermo restando il rispetto delle norme in vigore in materia urbanistica, edilizia, di pubblica sicurezza, etc.

Per le prestazioni di servizi è previsto che l’espletamento di tutte le procedure necessarie per poter svolgere dette attività potrà essere effettuato attraverso lo sportello unico per le attività produttive (SUAP), oppure attraverso soggetti privati appositamente accreditati.

Non è tutto oro quello che luccica: alcune considerazioni sulla Direttiva “Bolkestein”

Per correttezza di informazione, dopo aver elencato gli elementi cardine del decreto, è bene anche dire che non tutti sono d’accordo con i contenuti della Direttiva “Bolkestein”, recepita dal Governo Italiano. (*)
Parecchi esperti infatti sostengono che la direttiva rappresenta l’annientamento dello stato sociale in europa, visto che mette in discussione il potere delle Autorità locali.
La direttiva Bolkenstein infatti non prevede alcuna possibilità di restrizioni nazionali all’accordo.  Configurandosi come una direttiva “orizzontale” e non nominando alcun settore in particolare, si applica dovunque sia possibile l’apertura di un mercato, intendendo l’esistenza di un mercato in “ogni settore di attività economica in cui un servizio può essere fornito da un privato”.
In secondo luogo perché gli ostacoli “burocratici” alla competitività, che si prefigge di eliminare, sono in larga parte le disposizioni prese dai poteri pubblici per la migliore prestazione del servizio in termini di garanzie sociali ed ambientali, di tutela dell’accesso universale, di trasparenza delle procedure, di qualità del servizio, di diritti del lavoro, di contenimento delle tariffe.  In pratica, si rimette radicalmente in discussione il potere discrezionale delle autorità locali.

L’art. 16, il principio del paese di origine
L’ambiguità della Direttiva Bolkenstein risiede nell’art. 16 che tratta del principio del paese d’origine.
Con questo principio, l’UE rinuncia definitivamente alla pratica dell’armonizzazione fra le normative dei singoli Stati, pratica che era finora assurta ad elemento quasi fondativo dell’Unione stessa.
Secondo il nuovo principio, un fornitore di servizi è sottoposto esclusivamente alla legge del paese in cui ha sede l’impresa, e non a quella del paese dove fornisce il servizio.

Per fare un esempio: un’ impresa polacca che distacchi lavoratori polacchi in Francia o in Belgio, non dovrà più chiedere l’autorizzazione alle autorità francesi o belghe se ha già ottenuto l’autorizzazione delle autorità polacche, e a quei lavoratori si applicherà solo la legislazione polacca.
Quindi, un’impresa può assumere i lavoratori e poi trasferirli in un altro stato, mantenendo leggi, contratti, norme di sicurezza e di controllo del paese d’origine.
Si può così realizzare un gigantesco caporalato europeo, perfettamente legalizzato, ove i lavoratori vengono assunti nei paesi a più basso salario e con meno diritti e poi, trasferiti per lavorare nei paesi ove le condizioni di lavoro sono migliori, senza che questo produca nessun mutamento della loro condizione.  È chiaro che per questa via si scardinano i contratti, le norme di legge e di sicurezza, si crea un meccanismo di concorrenza selvaggia tra imprese e lavoratori, che porta allo smantellamento dei diritti sociali europei.

È evidente, in questo principio, la novità introdotta dall’allargamento dell’UE agli ex-paesi dell’Est: poiché entrano nell’UE paesi le cui legislazioni fiscali, sociali e ambientali in questi quindici anni di “transizione” sono divenute quelle proprie dello “Stato minimo”, si abbandona l’armonizzazione e si prepara un processo di vero e proprio dumping sociale.

Il colpo di grazia
Appaiono chiarissimi i segni che la Direttiva Bolkestein è destinata a lasciare:

  • a) apertura alla concorrenza e alla privatizzazione di quasi tutte le attività di servizio, dalle attivitè logistiche di qualunque impresa produttiva ai servizi pubblici come istruzione e sanità
  • b) deregolamentazione totale dell’erogazione dei servizi con drastica riduzione, se non annullamento, delle possibilitè d’intervento degli enti locali e delle organizzazioni sindacali;
  • c) destrutturazione e smantellamento del mercato del lavoro attraverso la precarizzazione e il dumping sociale all’interno dell’Unione Europea(*) Fonte: www.failacosagiusta.it

Conclusione
Anche se il nostro Governo, con la stesura dello schema di decreto, pur vincolato dagli obblighi europei ha tentato di limitare i danni, in realtà si stanno delineando all’orizzonte nuovi problemi per la nostra economia e per la convivenza civile.
La nostra appartenenza all’Unione Europea paga spesso la scarsa presenza ed incisività dei politici italiani che siedono al Parlamento Europeo, troppo occupati a portare avanti i soliti giochetti partitici che tutti conosciamo, ma incuranti di tutto quello che accade quotidianamente all’interno delle aule.
Troppo spesso, infatti, passano regolamenti e/o direttive che danneggiano la nostra economia senza che nessuno dei “nostri” alzi la voce o punti i piedi per far valere le nostre ragioni.
Mentre scrivo queste righe mi vengono in mente personaggi blasonati dei vari schieramenti politici eletti alle ultime europee… belle persone, colte, ricche e alcune donne anche molto carine…
Avrei sinceramente preferito personaggi di altre epoche politiche, forse con meno lauree, sconosciuti ai gossip, magari non di bell’aspetto… ma disposti a lavorare seriamente e a farsi valere per portare avanti gli interessi della nostra nazione!

Piero Nuciari

Lo schema di decreto: schemadlgs.pdf

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