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L’importanza dei controlli igienici nelle attività alimentari

Non so voi, ma quando mi capita di passare in una città diversa dalla mia, quando sono in vacanza o per altri motivi, recandomi in un bar per prendere un caffè o al ristorante, in base alla pulizia delle attrezzature che trovo riesco a rendermi conto se in quella località la Polizia Municipale o l’Asl effettuano i controlli igienici degli alimenti.

Può capitare, infatti, di vedere un bar che pone in vendita le paste con crema pasticcera a temperatura ambiente, senza teche di protezione, che addirittura le riscalda con l’apposito fornellino prima di somministrarle, che offre l’happy hours ai clienti senza proteggere minimamente gli alimenti esposti dalla contaminazione; oppure un ristorante che offre il buffet senza schermi di protezione, con le posate unte che passano di mano in mano e che finiscono spesso dentro il piatto di insalata o dentro le zuppe.
Se vi capita di vedere queste cose vuol dire che in quella località non funzionano né la Polizia Municipale e nè i tecnici della prevenzione della ASL.

Molto spesso i controlli di natura igienica non vengono svolti dalla Polizia Municipale perché si pensa, erroneamente, che siano un’esclusiva competenza della ASL; dall’altro versante, quello della ASL, si pensa invece che vista la carenza cronica di personale, questo genere di controlli non deve essere effettuato in maniera preventiva ma solamente una volta ogni tot numero di anni.

In mezzo a questo palleggiare di responsabilità troviamo il consumatore, ignaro e disinformato, che ogni tanto finisce al pronto soccorso per salmonella o epatite A, quando gli va bene.

Al pronto soccorso, poi, considerato come funzionano il 90% degli ospedali italiani, il personale sanitario, oberato anch’esso di lavoro, si guarda bene di indagare sulla causa della malattia del paziente, come ad esempio sapere in quale pubblico esercizio aveva mangiato, di cosa si era alimentato, etc. al fine di comunicare successivamente l’informazione al personale preposto della ASL per un sopralluogo ispettivo presso  l’attività alimentare.
Queste cose avvenivano anni fa ed ora non più; attualmente si interviene solo in casi molto gravi. Per il resto il paziente viene ricoverato agli infettivi per essere curato e peggio per lui se deve trascorrere del tempo in ospedale.

Davanti a questi fatti (purtroppo reali), viene spontaneo chiedersi dove nasca questo disservizio e perché nessuno interviene.

La risposta è semplice: il disservizio nasce per l’ignoranza e la scarsa preparazione degli operatori alimentari che molto spesso non sono coscienti dei pericoli che un consumatore corre nutrendosi di alimenti igienicamente contaminati, pericoli che non sono la semplice salmonella o l’epatite ma che comprendono anche blocchi renali, cirrosi epatica, etc. fino ad arrivare al cancro.

A monte, invece, la responsabilità è da attribuire a chi comanda, a cominciare dai nostri governanti eternamente presi dalle loro liti da pollaio, al Ministero della Salute, spesso gestito da persone incompetenti, che negli ultimi anni, anziché unire le forze vista la carenza di personale ispettivo, hanno tentato in più occasione di tarpare le ali riguardo ai controlli di igiene alimentare alla Polizia Giudiziaria, ben sapendo che non sarebbero comunque stati capaci di garantire il reale controllo preventivo delle attività alimentari italiane a causa della carenza del loro personale ispettivo.

Davanti a tutto questo, chi paga è sempre e solo il consumatore.

E’ infatti difficile capire la superfiacialità con la quale vengono ignorati determinati controlli igienici, molto spesso elementari, come le teche di protezione della pasticceria nei bar o nei banconi degli esercizi alimentari, la presenza di schermi anti contaminazione per i servizi a buffet nei ristoranti, la pulizia dei teli nelle camere di fermalievitazione dei forni, etc.

A prima vista potranno sembrare controlli inutili, ma se si pensa  che gli alimenti potrebbero essere contaminati dalla saliva (colpi di tosse, starnuti, etc) o dalle mani degli avventori, la cosa cambia.
E’ ormai assodato che il 60/70 % degli uomini, quando va in bagno non si lava le mani; pochi evidenziano che i manici dei carrelli del supermercato hanno una carica batterica addirittura superiore di quella presente sulle tavolette del wc, senza poi parlare del maneggio dei cellulari o delle monete di carta.

L’antica Scuola Medica Salernitana sosteneva che “Noi siamo quello che mangiamo”, ovvero che le malattie sono causate dai cibi che ingeriamo.
Anche se questo aforisma è passato di moda, resta comunque una verità indiscussa.
Se il lettore si prendesse la briga di cercare in internet le cause delle varie malattie  più comuni che affliggono la nostra epoca, scoprirebbe che sono causate da virus, funghi e batteri.
Ma andiamo a vedere cosa possono causare nell’organismo umano alcuni tipi di batteri e di muffe più comuni, che possiamo trovare negli alimenti malcustoditi serviti nei bar e nei ristoranti.

Escherichia Coli
Escherichia Coli è il nome di un batterio che vive nel tratto digestivo di noi umani ma anche di diversi animali.
Esistono diversi tipi di batteri Escherichia Coli, molti dei quali sono innocui.
Quelli pericolosi, invece, come l’ Escherichia Coli O157:H7, possono causare insufficienza renale e anemia portando l’individuo addirittura fino alla morte. Possono infatti invadere e distruggere i reni di un malcapitato e questi se ne accorgerà solo quando questi organi non funzioneranno più!

Le infezioni da Escherichia Coli possono essere contratte entrando in contatto con le feci sia di umani che di animali. Può accadere per esempio bevendo acqua o mangiando cibo contaminato dalle feci stesse (si pensi alla cattiva abitudine dei bar di offrire gli stuzzichini nella stessa ciotola durante gli happy hours!).
L’ E. coli può insediarsi anche nella carne durante la sua lavorazione. Se la carne infetta non viene cotta a 71°C, il batterio sopravvive e noi possiamo infettarci semplicemente ingerendo la carne stessa. Questo appena descritto è il modo più comune attraverso il quale le persone vengono infettate da Escherichia Coli.

Qualsiasi cibo che entra in contatto con la carne cruda può infettarsi e a sua volta infettare noi.

Fra gli altri cibi che possono essere infetti da Escherichia Coli troviamo il latte non pastorizzato e prodotti caseari. I batteri possono diffondersi dalle mammelle della mucca al suo latte. Bisogna quindi verificare che le etichette sui prodotti caseari al fine di assicurarsi che sia presente la parola “pastorizzato”. Ciò significa che l’alimento è stato riscaldato per distruggere i batteri.
(Si pensi al pericolo costituito dalla vendita del latte crudo nell’ipotesi in cui il consumatore ignaro lo consumi senza portarlo ad ebollizione!).

Non è immune da infezione anche la frutta e verdura cruda, come lattuga, germogli di erba medica o sidro di mele non pastorizzato o altri succhi non pastorizzati che sono entrati in contatto con feci di animali infetti.

Il batterio può essere trasmesso anche da una persona all’altra, di solito quando una persona infetta non si lava le mani dopo essere stata in bagno.

L’Escherichia Coli può passare dalle mani di una persona all’altra o agli stessi oggetti che tocca.
(Il motivo per cui le paste nei bar debbono essere servite mediante l’uso delle pinze e gli stuzzichini debbono essere serviti con ciotole singole!)

Stafilococco Aureo
E’ il più virulento dei batteri appartenenti al genere degli stafilococchi.
Questo staffilococco è definito aureo perché la colonia presenta un colore dorato, è presente principalmente nel mondo animale e nell’uomo, nelle vie respiratorie, nella forfora e nel pus (infezioni di ferite, occhi, orecchi, brufoli).

La sua presenza su alimenti è indice di cattiva igiene nella manipolazione dell’alimento.
La contaminazione avviene tramite la dispersione nell’area di goccioline infette emesse attraverso la tosse o gli starnuti, ma anche per contatto diretto, ad esempio attraverso le mani di un individuo infetto che tocca un alimento.

Per questo è importante l’uso delle teche di protezione degli alimenti consumati crudi come i prodotti di pasticceria!

Lo Stafilococco Aureo produce una endotossina (o enterotossina) durante la riproduzione che avviene ad una temperatura ottimale di 30°-37° gradi. L’endotossina è termostabile, quindi resiste fino a 100° mentre il batterio muore a temperature intorno i 60°, quindi l’opposto del batterio del botulino.

La diffusione del batterio è dovuta al fatto che, essendo l’uomo un possibile portatore, la contaminazione è possibile sia prima che dopo la cottura.

Il batterio si riproduce bene in alimenti proteici contaminati, quindi uova, formaggi, pesce ma soprattutto in quelli maggiomente manipolati dall’uomo. Non si riproduce in ambienti a PH acido. Risulta resistente alla salatura.
Lo Stafilococco Aureo è responsabile di infezioni che possono essere dislocate in diversi distretti dell’organismo come pelle, apparatro scheletrico, apparato respiratorio, apparato urinario (uretriti) e sistema nervoso centrale.
In particolare si evidenziano alcune forme di gastroenterite (intossicazione alimentare), ma anche patologie più gravi, come osteomielite, artrite settica, borsite, sindrome da shock tossico, necrolisi epidermica tossica, polmonite, meningite ed endocardite
.

Listeria monocytogenes
Questo batterio che si trova nel terreno e dal terreno può infettare gli animali, quindi si ritrova nel latte crudo e nei derivati non pastorizzati.
E’ importante, quindi, che il latte crudo venga bollito e che per questo vengano avvisati i consumatori tramite le indicazioni, obbligatorie per legge,  da apporre sui contenitori.

E’ sensibile ai comuni disinfettanti (quali l’amuchina), ha una temperatura ottimale di 30°-37° ed è pericolosa soprattutto in caso di gravidanza perché può portare ad aborto e malformazioni del feto.

Muffe
Sono pericolose in particolare per le spore che, se inalate, possono provocare allergie (le muffe sono spore leggere volatili) e in alcune fattispecie possono produrre tossine nocive.

Nel settore alimentare tuttavia la muffa è segnale di cibo avariato, mal conservato, errata igiene, dal momento che ha bisogno di un ambiente umido e con aria non circolante. Aderisce sia ai cibi che alle superfici porose quali gli intonaci ed è particolarmente frequente dopo ad esempio fenomeni alluvionari.
Possono svilupparsi ad esempio con l’utilizzo di asciugamani non monouso di stoffa o spugna che trattiene l’umidità, da qui il divieto di utilizzo nelle attività alimentari, siano esse di vendita che di somministrazione.

Aflatossine
Le aflatossine sono tossine prodotte principalmente da due tipi di muffe: Aspergillus flavus (solo alcuni ceppi) e Aspergillus parasiticus (quasi tutti i ceppi). Per questo appartengono alla più vasta categoria delle micotossine. Le muffe del genere Aspergillus vengono classificate alla famiglia delle Trichocomaceae, dell’ordine Eurotiales, tra i pezizomiceti. Oltre a queste due specie principali, micotossine vengono prodotte a anche da Aspergillus nomius ed Aspergillus niger.

Il nome aflatossina deriva proprio da quello di A. flavus, responsabile della prima epidemia da micotossine descritta, riscontrata nel 1961. Queste muffe producono almeno 13 diversi tipi di aflatossine. Le B1, B2, G1 e G2 sono considerate tra le più pericolose, di cui la B1 è la più tossica e anche la più diffusa.

Le aflatossine sono tossine potenti, cancerogene, mutagene e immunosoppressive

Per questo è importante il controllo delle camere di fermalievitazione dei fornai per verificare lo stato igienico e il colore dei teli dove vengono messi a lievitare i filoncini di pane.

Se il colore è giallo-verdino, è in atto una contaminazione da Aspergillus Flavus;
se il colore riscontrato si avvicina al nero siamo di fronte ad un altro fungo della famiglia Aspergillus (in natura ne esistono circa 200 tipi differenti).

È quasi inutile aggiungere che entrambe le contaminazioni risultano essere molto pericolose per la salute umana.

Se rinvenite il telo di questi due colori, è bene non sottovalutare il problema perché è stato dimostrato che un immunosoppresso (un anziano, un trapiantato, una persona affetta da altre malattie, etc.) che si ciba per alcuni mesi di questo pane infetto, ha buone probabilità di ammalarsi di cancro.
Il colore rosa tendente al rossiccio testimonia invece la presenza della poco pericolosa neurospora crassa, meglio conosciuta come “muffa del pane”.

Se la macchia è invece di colore verde con formazioni azzurrine, ci troveremo di fronte al fungo Penicillium, decisamente poco pericoloso.

Questi appena descritti sono solo alcuni dei funghi e batteri che possono causare serie malattie nell’uomo, ma ce ne sono molti altri.

Durante i corsi per l’abilitazione allo svolgimento delle attività alimentari, raramente vengono trattate queste problematiche e il mancato rispetto delle più elementari norme igieniche da parte degli operatori del settore alimentare, che si riscontra quotidianamente durante i controlli,   è spesso da attribuire alla superficialità  dovuta alla scarsa preparazione ricevuta nei suddetti corsi.

E’ quindi importante, per chi effettua i controlli igienici, rendersi conto del motivo ultimo per cui queste accertamenti devono essere effettuati, bandendo ogni superficialità o tolleranza, visto che è in gioco la salute delle persone.

Piero Nuciari

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