Nuova normativa europea sui residui di pesticidi nel cibo
I pesticidi sono utilizzati per proteggere le colture, prima e dopo il raccolto, da infestazione da parassiti e malattie delle piante. La conseguenza del loro uso è la presenza di residui di antiparassitari nei prodotti trattati. L’1 settembre 2008 è entrato in vigore il regolamento (CE) n. 839/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai livelli massimi di residui (LMR s) di pesticidi in prodotti come cereali, frutta e verdura e prodotti a base di carne.
Dopo pochi giorni dal suo ingresso, già è polemica con gli ambientalisti di tutta Europa.
Anche se la Commissione europea ha compiuto un passo avanti importante nel suo impegno per garantire la sicurezza alimentare nell’Unione europea, l’entrata in vigore di una regolamentazione che rivede e semplifica le norme riguardanti i residui di pesticidi e che armonizza a livello europeo i livelli massimi di residui (Maximum Residue Levels, Mrl) per i pesticidi, ha tuttavia suscitato critiche perché, secondo i leader delle principali organizzazioni ambientaliste europee, non si è voluto risolvere alla radice il problema.
Elliot Cannell, coordinatore di PAN Europa, ha infatti dichiarato – sui principali media europei – che la Commissione non è riuscita a realizzare il suo obbligo di fissare i limiti di legge al livello più basso ottenibile come stabilito nel regolamento 396/2005. “Per ciascuno degli antiparassitari, la Commissione ha individuato il paese con il peggior limite di sicurezza e poi ha cercato di adottare questo livello, come il nuovo livello di Unione europea standard”.
Il portavoce di Natuur et Milieu, Hans Muilerman, in diverse interviste ha affermato che non sono stati neanche presi in considerazione gli effetti cumulativi che i pesticidi hanno sulla salute umana.
Greenpeace e Global 2000 hanno invece pubblicato una analisi congiunta dei limiti di residui sotto la nuova legislazione e hanno fatto presente che diverse centinaia di nuovi LMR siano a rischio, in particolare per il consumo di mele, pere, uva, pomodori e peperoni da parte di bambini.
Dal versante del legislatore europeo, il nuovo regolamento è invece descritto come un successo della politica.
Il commissario europeo alla salute, Androulla Vassiliou, ha infatti dichiarato che : «È una pietra miliare per il nostro impegno per garantire che il cibo in Europa sia sicuro. Le nuove norme mettono in pratica il principio che il cibo prodotto o importato in uno degli Stati membri deve essere sicuro anche per tutti gli altri, e assicurano che i residui di pesticidi nel cibo siano i più bassi possibile e non abbiano effetti dannosi sulla salute dei cittadini».
Nota La nuova regolamentazione riguarda circa 1100 pesticidi usati attualmente o in precedenza in agricoltura, nell’Unione Europea e fuori, e stabilisce i Mrl per 315 prodotti agricoli. Questi Mrl si applicano anche ai prodotti lavorati, con un adattamento che tiene conto della diluizione o della concentrazione durante la lavorazione.
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Facendo un raffronto con la previgente normativa europea, è da dire che il vecchio regime di Mrl era troppo complesso, perché combinava norme armonizzate a livello europeo e norme diverse a livello nazionale.
Spesso questa situazione intricata generava una confusione tale da rendere difficile addirittura capire quale norma era da applicare; rendeva difficile la vita ai commercianti e agli importatori e sollevava domande da parte dei consumatori, soprattutto nei casi in cui un cibo superava i Mrl di uno Stato ma era invece accettato in altri.
Da questo punto di vista, nonostante tutti i limiti, è fuori discussione che si sia fatto un grande passo in avanti, anche se è innegabile la fondatezza dei dubbi sollevati dagli ambientalisti.
Dal punto di vista dei controlli relativi alla sicurezza dei consumatori, il nuovo regolamento ha previsto che i produttori, i commercianti e gli importatori sono responsabili per la sicurezza dei cibi (quindi anche del rispetto dei Mrl), e che le autorità degli Stati membri sono responsabili per il controllo e l’applicazione degli stessi.
Alla sommità di questa piramide gerarchica di controllo è stato infine previsto che la Commissione possa effettuare ispezioni negli Stati membri per valutare e verificare le attività di controllo.
Tutto sommato possiamo dire che, almeno dal punto di vista teorico, il meccanismo previsto nel nuovo regolamento dovrebbe funzionare. Ad avviso di chi scrive, resta il problema degli alimenti importati dalla Cina (si pensi solamente al problema dei pomodori utilizzati dalla nostra industria conserviera), che ormai sono divenuti il nostro “pane quotidiano”.
Anche con tutta la buona volontà resta comunque difficile pensare che quelli importati in Europa siano perfettamente in regola con la nuova normativa!
Nota A tal proposito, per chi volesse approfondire l’argomento, un buon punto di partenza è il libro “La sicurezza alimentare in Cina” di Zhou Quing – Spirali edizioni. Lo spaccato che viene fuori è impressionante! Tra le questioni documentate dal volume: contraffazione di alcolici, uso di sostanze cancerogene, produzione di cibi geneticamente modificati fuori norma, inadeguatezza igienica, presenza di sostanze velenose (pesticidi, steroidi anabolizzanti, antibiotici metabolizzati, fluoro, iodio, ecc.) e illegali, commercio di alimenti deteriorati. Qing denuncia poi che “mentre vige il mito della Cina come grande paese moderno, l’80% delle sue tubature acquedottifere utilizza stabilizzanti al piombo, vietati da anni negli Usa. |
Anche se è innegabile che a livello europeo sia stato fatto un grande passo in avanti nei confronti della sicurezza alimentare, alla luce degli enormi interessi economici in atto tra Europa e Cina, appare alquanto difficile credere che per i prodotti alimentari cinesi importati (il 60-70% di quelli circolanti in Europa), il nuovo regolamento europeo sui pesticidi possa veramente tutelare i consumatori.
Nota E’ appena il caso di evidenziare che l’Unione europea ha bocciato la legge italiana che obbligava l’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima del prodotto alimentare. L’obbligo di “etichetta trasparente”, secondo l’Ue contrasta con le regole della concorrenza in quanto “incita il consumatore a preferire gli alimenti prodotti nel proprio Paese”, la provenienza della materia prima può essere indicata ma solo “qualora il consumatore possa essere indotto in errore circa l’origine del prodotto”. Attualmente nel nostro Paese è obbligatoria l’indicazione dell’origine solo per carni bovine e di pollame, pesce, prodotti ortofrutticoli, miele, latte fresco. |
Si pensi a tal proposito ai pomodori importati dalle grandi industrie conserviere italiane (il 60-70% è cinese!); guardando l’etichetta, mentre è scritto chiaramente l’indicazione della sede italiana di produzione, non compare da nessuna parte l’informazione che le materie prime sono importate dalla Cina!
Resta quindi difficile immaginare che le tonnellate di prodotti importati (pomodori ed altri ortaggi) prima di essere messe in produzione, vengano tutte analizzate al fine di verificare la presenza e la quantità dei vari pesticidi utilizzati.
Ancora una volta, nonostante le “buone intenzioni” del legislatore europeo, è triste constatare che gli interessi economici primeggiano rispetto alla tutela della salute dei cittadini!
Piero Nuciari
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