Nuove regole per la commercializzazione delle uova
Sulla Gazzetta Ufficiale del 14/05/2010 n. 111, è stato pubblicato il Decreto 11 dicembre 2009, che disciplina la commercializzazione delle uova, ai sensi dei regolamenti (CE) n. 1234/2007, del Consiglio e n. 589/2008, della Commissione e del decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267.
La nuova norma riporta al suo interno i contenuti del D.M. 13/11/2007, ora abrogato, ed introduce contestualmente delle interessanti novità volte a tutelare i consumatori.
Innanzi tutto è da dire che la norma prevede che i centri di imballaggio debbono essere autorizzati dalla Regione e dalle province autonome competenti per territorio.
Ad ogni centro di imballaggio viene attribuito dal Mipaaf (Ministero politiche agricole e forestali) un codice identificativo costituito dalla sigla IT seguita dal codice ISTAT della provincia (costituito da tre numeri) e da un numero progressivo per ciascuna provincia, anch’esso di tre cifre.
Il codice viene comunicato alle regioni interessate che, dopo aver effettuato i dovuti accertamenti, trasmetteranno gli esiti al Mipaaf al fine di tenere aggiornata la lista dei centri di imballaggio sul sito nazionale www.politicheagricole.gov.it.
Di particolare interesse per i consumatori e per gli addetti ai controlli commerciali è il contenuto dell’articolo 7.
Viene infatti stabilito che “le uova devono essere ritirate dal commercio sette giorni prima del termine minimo di conservazione indicato sull’imballaggio”.
Il successivo art. 8 stabilisce che l’indicazione della quantità netta del prodotto può essere indistintamente espressa in peso o in numero di uova.
L’articolo 10 prescrive le modalità di indicazione del sistema di allevamento e delle diciture da apporre sugli imballaggi e sulle uova.
Vengono previste diciture obbligatorie sugli imballaggi (Uova da allevamento all’aperto, a terra, in gabbia e biologiche) e la sigla del codice di allevamento stampigliata sulle singole uova (1IT…, 2IT…, 3IT.., 0IT..).
La nuova normativa prevede anche la possibilità di inserire, sulle uova e sugli imballaggi, anche diciture facoltative relative all’origine delle stesse e al tipo di alimentazioene degli animali.
L’art. 14 tratta dell’uso della dicitura “extra”.
Viene previsto che i centri di imballaggio delle uova possono apporre sugli imballaggi la dicitura «Extra» o «Extra fresche», a condizione che sull’imballaggio stesso venga indicata in maniera visibile:
a) la data di deposizione e,
b) il termine di nove giorni dalla predetta data di deposizione.
E’ da evidenziare che la data di deposizione deve essere indicata anche sulle uova e può essere apposta direttamente dal produttore.
In base all’art. 14 del regolamento (CE) n. 589/2008, le diciture “Extra” e/o “Extra fresche” possono comparire sulle confezioni (imballaggi) delle uova di categoria “A” fino al nono giorno successivo alla data di deposizione.
Dopo tale periodo, le uova debbono essere ritirate dagli scaffali di vendita al pubblico oppure deve essere rimossa la dicitura “Extra”.
La vita legislativa delle uova: una vita travagliata!
Relativamente a questo prodotto, è da dire che negli ultimi anni si sono succedute diverse direttive europee e normative italiane al fine di disciplinare il settore.
Nel 2003 viene promulgato il D.Lgs. 29 luglio 2003 n. 267, avente come oggetto “Attuazione delle direttive 1999/74/CE e 2002/4/CE, per la protezione delle galline ovaiole e la registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento”.
Nel 2004 il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ha pubblicato la Circolare 19 gennaio 2004, n.1, avente come oggetto “Regolamento (CEE) n. 1907/90 del Consiglio, del 26 giugno 1990, sulla commercializzazione delle uova e del regolamento (CE) n. 2295/2003 della Commissione, di applicazione”.
Nel 2005 lo stesso Ministero ha emanato il Decreto 4 marzo 2005, avente come oggetto “Modalità per l’applicazione di disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione delle uova, concernenti l’uso di particolari diciture, ai sensi del regolamento (CE) n. 2295/2003 della Commissione del 23 dicembre 2003 e del decreto legislativo del 29 luglio 2003, n. 267”.
Come tutti avranno notato, dal 1° gennaio 2004, sulle uova poste in vendita dalla grande distribuzione negli esercizi commerciali del settore alimentare e, dal 1° luglio 2005, anche su quelle poste in vendita dai piccoli allevatori, sono stampate delle sequenze di lettere e numeri.
Queste “stampigliature” sono il frutto di un obbligo di legge europeo definito “tracciabilità o rintracciabilità” (Regolamento CEE 2295 del 2003).
Anche se d’acchito può sembrare che queste due parole abbiano lo stesso significato, in realtà indicano due concetti molto differenti.
Per tracciabilità si intende il percorso da monte a valle e cioè la possibilità di seguire il processo produttivo delle materie prime fino al prodotto finito.
Rintracciabilità significa, invece, avere la possibilità di ripercorrere il processo produttivo a ritroso, da valle a monte e cioè dal prodotto finito, all’origine della materia prima; nel nostro caso, grazie alle stampigliature, sarà possibile risalire alla storia dell’uovo fino alla gallina che lo ha deposto.
Il significato del codice stampigliato sul guscio
Va sottolineato che, oltre alle indicazioni sul codice stampigliato sull’uovo, debbono essere riportate altre informazioni anche sulle confezioni.
Per legge devono obbligatoriamente apparire la data di consumo preferibile, la categoria di qualità e di peso, il numero di uova confezionate, il nome e la ragione sociale o il marchio commerciale del centro di imballaggio, le modalità di conservazione.
Sulle confezioni, inoltre, le aziende possono inserire anche alcune informazioni facoltative, come evidenziato all’inizio dell’articolo: dalla data di deposizione a quella di imballaggio, dal tipo di allevamento all’alimentazione fornita alle galline.Dal momento che la normativa è valida solo per i Paesi dell’Unione Europea, per quanto riguarda la produzione da parte dei Paesi terzi, la dicitura sugli imballaggi è la seguente: “sistema di allevamento indeterminato”.
Un esempio di rintracciabilità delle uova
Tutte queste indicazioni prescritte dalle normative europee e nazionali hanno di fatto un unico scopo: semplificare la rintracciabilità dei prodotti in caso di emergenza per poter risalire al produttore nel più breve tempo possibile.
A tal proposito riporto un caso pratico, forse l’unico reperibile in internet, pubblicato su “Il Venerdì” di Repubblica del 18/06/2004.
Questo esempio è importante perché permette di capire come funziona la rintracciabilità alla luce delle normative sopra descritte.
L’uovo oggetto dell’operazione di rintracciabilità, era stato comprato a Roma ed aveva stampigliata questa sigla: 2IT059VT673.
”Secondo la COOP che ha fornito i dati, questo è il percorso dall’uovo alla gallina:
allevato a terra, italiano, Comune di Viterbo, Provincia di Viterbo, fattoria di Raffaella Gaggi in Grotte Santo Stefano. Questo dice il codice.
Successivamente la COOP, sempre seguendo la filiera, è riuscita a fornire anche i seguenti dati:
i pulcini del gruppo che ha prodotto l’uovo sono stati acquistati a Coccolato D’asti, sono nati il 16 Gennaio 2003, di razza HY-LINE Brown, sono stati consegnati il 17 gennaio allo svezzatore (Canotti, a Savignano sul Rubicone), sono stati nutriti con mangimi <<senza OGM>> della M.B. Mangimi di Longiamo (Forlì-Cesena).
Hanno subito un esame per salmonellosi il 3 maggio, con esito negativo. Sono stati quindi “accasati” da Raffaella Gaggi a 111 giorni di vita.
Qui sono stati nutriti con mangimi Superstella di Forcole Amelia (Terni), con alimenti esclusivamente vegetali, senza Ogm.
Nel resoconto c’è anche il lotto del mangime, prodotto il 18 maggio alle 9.58, il silos di stoccaggio (n. 47), un nuovo esame per la salmonella. Poi la data di deposizione (2 giugno 2004). L’uovo è stato selezionato a Sant’Angelo di Mescole (PG), imballato il giorno stesso ed inviato all’interporto di Roma, via Collatina (verso le 22.30).
Smistato con automezzo (Tg. CC821CL) fino all’Ipercoop casilina la mattina del 3 giugno. Lì è stato comprato”.
Come è possibile constatare dall’esempio sopra riportato, in caso di emergenze sanitarie, il codice è fondamentale per le aziende strutture sanitarie allo scopo di avere informazioni dettagliatissime.
Nell’ipotesi di salmonellosi, ad esempio, tramite il codice è possibile risalire in tempi brevissimi al produttore dell’uovo, al capannone dal quale è uscito e al gruppo degli animali sospetti che lo ha prodotto.
Il sistema di allevamento
Come scritto precedentemente, il Decreto 11 dicembre 2009 prevede che sulle confezioni delle uova le imprese in possesso dell’autorizzazione a funzionare quali centri d’imballaggio, debbano apporre sugli imballaggi delle uova della categoria “A”, una delle seguenti diciture atte ad individuare il sistema di allevamento: “Uova da allevamento all’aperto”, “Uova da allevamento a terra”, “Uova da allevamento in gabbie”,”Uova da agricoltura biologica”.
Uova vendute sfuse
Nel caso di uova vendute sciolte, non classificate o di uova sfuse originariamente contenute in un grande imballaggio, dovranno essere indicate in modo chiaro e ben visibile, con apposito cartello, le seguenti informazioni:
1) categoria di qualità;
2) categoria di peso;
3) numero distintivo del produttore, con relativa spiegazione del significato;
4) numero di identificazione del centro di imballaggio;
5) data di durata minima;
6) modalità di conservazione dopo l’acquisto;
7) Prezzo.
Queste indicazioni, dal 1° luglio 2005, sono obbligatorie anche per i piccoli produttori
La classificazione delle uova
In base alla Circolare del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 19 gennaio 2004, n.1, avente come oggetto “Regolamento (CEE) n. 1907/90 del Consiglio, del 26 giugno 1990, sulla commercializzazione delle uova e del regolamento (CE) n. 2295/2003 della Commissione, di applicazione”, dal 1° gennaio 2004, le uova sono classificate dai centri d’imballaggio solamente in due categorie di qualita’:
uova «A» (o «uova fresche»), destinate al consumo umano;
uova «B», destinate alle industrie alimentari e non alimentari.
Scompare quindi la categoria «C» che e’ ora ricompresa nella categoria «B».
Un metodo empirico per valutare la freschezza durante l’acquisto
La grande mole di normative che disciplinano la produzione e la vendita di questo prodotto alimentare, testimonia l’importanza che esso riveste nell’alimentazione umana e il pericolo che potrebbe costituire per la salute pubblica nel caso in cui dovessero essere commercializzate senza il rispetto della normativa vigente.
Durante l’acquisto è quindi consigliabile controllare prima di tutto la data di scadenza, tenendo conto, come evidenziato precedentemente, che il Decreto 11 dicembre 2009 ha previsto che le uova debbono essere ritirate dai banchi di vendita sette giorni prima di detta data. Se le uova sono vendute sfuse, è possibile provare a verificarne la freschezza (naturalmente col metodo del campione).
Si suggerisce: di controllare visivamente la superficie del guscio , la quale deve apparire opaca e non lucida; di scuotere l’uovo e fare attenzione a non avvertire alcun movimento all’interno.
Ancora sulle normative succedutesi nel tempo
Altra modifica legislativa da segnalare riguardo a questo prodotto, è che dal 1° luglio 2007 è andato in pensione il regolamento (CEE) n. 1907/90 che disciplinava la commercializzazione delle uova.
Come si ricorderà, il suddetto regolamento, considerato dagli allevatori europei come una delle principali normative di riferimento del settore, disciplinava le modalità di commercializzazione delle uova, fissando precise regole nell’interesse dei produttori, dei commercianti e dei consumatori.
Dall’anno della sua adozione (1990), il regolamento aveva subito ben sei modifiche e/o integrazioni che avevano contribuito a renderlo poco chiaro e di difficile lettura.
Considerato che la semplificazione della normativa comunitaria è un elemento centrale per la politica agricola e la legiferazione in materia, il 28 Febbraio 2006 la Commissione UE, con una proposta di regolamento del Consiglio, aveva dato il via alla discussione del nuovo Regolamento conclusasi con la pubblicazione dello stesso (Regolamento CE n.1028/2006) sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 19 Giugno 2006.
Il nuovo regolamento entrato in vigore il 26 Giugno 2006, per le previsioni contenute nell’articolo 13, ha iniziato a far valere i suoi contenuti il 1° Luglio 2007; nella stessa data è stato abrogato il previgente regolamento (1907/90) che aveva dato vita alla tracciabilità delle uova attraverso le famose stampigliature sui gusci.
Facendo un rapido confronto delle due normative, il nuovo Regolamento CE 1028/2006 appare di fatto come una riscrittura di quello del 1990, con leggere modifiche che consentono un’agile lettura dello stesso evitando potenziali equivoci interpretativi presenti invece nel vecchio testo.
E’ da evidenziare che per maggior chiarezza il legislatore europeo ha anche inserito – alla fine del provvedimento – un allegato contenente una “tavola di concordanza” tra la vecchia e la nuova normativa che consente al lettore di muoversi agevolmente tra gli articoli.
Piero Nuciari
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