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Perché è più salutare fare la spesa nel negozio sotto casa anzichè presso la grande distribuzione

Da qualche anno le piccole attività alimentari di quartiere sono state letteralmente messe in ginocchio dai centri commerciali, dove il cittadino si reca quasi quotidianamente, trovando a portata di mano praticamente tutto, convinto anche di risparmiare.

Nel centro commerciale, andando sempre di corsa, il consumatore trova confezioni pronte di affettati, formaggi, pesce, polli cotti, frutta, insalate pronte, etc.
A causa della vita frenetica e/o dell’ignoranza in materia di nutrizione, difficilmente leggerà il contenuto delle etichette che accompagnano i prodotti preconfezionati che acquista, fidandosi del proprio gusto, senza sapere che l’affettato che ha acquistato ha un’altissima quantità di conservanti chimici, che alla lunga potrebbero mettere a repentaglio la sua salute e quella dei suoi cari.

L’antico detto “Noi siamo quello che mangiamo” è purtroppo una realtà: noi viviamo bene, ci ammaliamo o muoriamo a causa di quello che mangiamo.
Mai come in questi ultimi anni sono stati registrati così tanti casi di tumori, allergie e malattie autoimmuni; malattie considerate rare solo 40 anni fa!

A detta degli esperti, la causa di tutto questo è da attribuire all’alimentazione creata su base industriale, dove i tempi naturali di stagionatura, di allevamento e di conservazione, sono stati sostituiti dalla chimica che ha avuto gioco anche grazie alla complicità dei politici che anziché fare gli interessi della popolazione hanno fatto quelli delle multinazionali.

Un esempio per tutti, peraltro abbastanza recente, è quello di un senatore del pesarese che ha presentato un emendamento nella Legge Comunitaria 2008, che prevedeva l’eliminazione della quantità minima del 12% di frutta, prevista dalla legge per le bottiglie di aranciata, lasciando campo libero alla chimica.

Pensate ai nostri bambini, ghiotti di aranciata, che ogni giorno avrebbero sorseggiato un liquido completamente chimico, convinti di bere anche vitamina C!
Per fortuna il tentativo non è andato a buon fine e le aranciate sono rimaste con il loro contenuto minimo del 12% di frutta vera.
Ma torniamo  ai conservanti dei prodotti di salumeria confezionati.

In genere, a pranzo, chi ha solo un’ora per tornare al lavoro, mangia un primo, l’affettato o il formaggio, un pò di insalata e la frutta.

L’affettato in busta, per la comodità di essere sempre pronto, è un prodotto molto ricercato dalle famiglie italiane che, a fine settimana, si riforniscono nei centri commerciali, facendo spesso incetta di questo genere di prodotti.

Leggendo la loro etichetta, è possibile vedere che contengono diversi conservanti, più o meno dannosi per la salute.

Andiamo ad analizzarli:
Tra i più usati troviamo il nitrato di potassio, E252; il nitrato è il sale o estere dell’acido nitrico, un liquido velenoso e corrosivo. Un altro conservante, presente in quantità insolitamente alte, è il nitrato di sodio, E251, che  viene anche usato per la fabbricazione della dinamite!

Il nitrito di sodio, E250, anche questo di impiego comune, ha la caratteristica di avere un processo di produzione inquinante e pericoloso.
È bene sapere che nitrati e nitriti sono considerati dalla legge (DM 13/1/1993) “sostanze contaminanti o indesiderabili”.
Vengono usati dall’industria alimentare per mantenere il colore rosso delle carni e per inibire la crescita del botulino, ma sono sospettati di dar luogo alla formazione di sostanze cancerogene, che possono causare danni ai reni e ai muscoli.

Come se non bastasse, partecipano alla formazione dei composti N-nitrosi, possono  influenzare i processi digestivi nello stomaco, aumentare l’assorbimento di sodio da parte del colon e causargli patologie anche gravi.
Nonostante che già dagli anni ’70 i livelli dei nitrati e nitriti nei cibi siano sotto osservazione, con risultati preoccupanti, ancora oggi vengono impiegati in abbondanza dall’industria alimentare nella produzione del prosciutto cotto, salsicce, salame, prosciutto crudo, mortadella, lonza, pancetta e carne in scatola in genere.

Molto probabilmente la verità è che non sono ancora stati vietati per non colpire gli interessi delle grandi multinazionali della carne, che continuano ad accumulare profitti a discapito della salute di miliardi di esseri umani, in special modo dei ceti più poveri (che come è noto fanno grande uso nell’alimentazione quotidiana di scatolame, salumi e affettati).

In paesi più evoluti del nostro, come la Svizzera, il nitrito di sodio E 250  è vietato per salsicce, prodotti di carne trita, pesci, crostacei e molluschi. Il nitrato di sodio (E 251) e di potassio (E 252) sono permessi nei prodotti salmistrati e negli insaccati crudi, ma con fortissime limitazioni. Il nitrito di potassio (E249) è vietato.

Ma noi siamo italiani e (scusate l’ironia!), dentro salami, prosciutti crudi, coppa, pancetta c’è tutto questo ben di Dio di prodotti chimici.

Addirittura nel prosciutto cotto si trovano anche i polifosfati (fosfati polimerici), indicati in etichetta come “stabilizzanti”, riconoscibili per la sigla E450 a, b, c, oppure E450, E451.
Queste sostanze hanno la proprietà di ostacolare la corretta assimilazione dei minerali (specie il calcio e il ferro) dagli alimenti, possono causare  la calcificazione dei tessuti molli, come i reni e possono creare disturbi muscolari, soprattutto ai bambini.

Occorre diffidare degli insaccati super economici.

Per venderli a prezzi stracciati, la grande distribuzione e gli hard-discount si riforniscono da produttori che riducono drasticamente il tempo di stagionatura,  iniettando nei salami un attivatore batterico  che favorisce il proliferare dei germi e batteri annidati nelle carni, simulando l’effetto della stagionatura!
Se qualche volta avete assaggiato delle fette di prosciutto confezionato che davano l’impressione di essere troppo fresche e mollicce, molto probabilmente avete mangiato un prodotto stagionato artificialmente!
Anche se costano di più, per la tutela della propria salute è bene acquistare affettati prodotti con metodo biologico, da maiali allevati in semi-libertà, senza additivi chimici.

Parliamo ora del prosciutto cotto.
Anche questo è un prodotto che se troppo a buon mercato rischia di avere una provenienza sospetta.
È ormai risaputo che alcuni prosciutti cotti costano meno del crudo perchè la materia prima è costituita da prosciutti ritirati dal mercato.
Questi prodotti ricevono prima un lavaggio che li “depura” da vermi, parassiti o dalle difformità antigieniche; vengono poi cotti in svariati modi e infine, in alcuni casi, vengono trattati chimicamente con sieri (proteine del latte essiccate e manipolate chimicamente con fosfati o, per esempio, idrossido di sodio : “caseinati”, DM 24/2/1988 n.149, allegato VI), polifosfati (come stabilizzanti), E450, E451, e additivi organici e di sintesi: gli stessi conservanti e antiossidanti dei salami e, in più, glutammato monosodico come esaltatore di sapidità.

Per chi vuole avere un minimo di sicurezza nell’acquisto di prosciutto cotto, deve prima di tutto selezionare accuratamente le marche, privilegiando l’assenza di polifosfati e la minore quantità di altre sigle sospette; poi deve scegliere un prodotto di colore grigiastro e non rosato.
Diffidate anche della scritta riportata in etchetta “senza polifosfati aggiunti”, perché non vuol dire che non ve ne siano, visto che  i fosfati polimerici possono formarsi dal riscaldamento (per cottura) di sostanze naturalmente presenti nei tessuti animali.

È da evidenziare che attualmente i polifosfati vengono usati sempre meno nel prosciutto cotto, ma sono invece presenti nella spalla cotta (dall’aspetto e sapore simile al prosciutto cotto) la quale costa meno e viene usata nella preparazione dei toast e dei tramezzini.

Quando la produzione è naturale

I salumi sono stati prodotti per secoli utilizzando solo conservanti naturali: sale, pepe, peperoncino, spezie, fumo.
L’uso dei nitrati si è diffusa nel dopoguerra non per necessità, ma per vantaggio economico.
Attualmente (per fortuna!) si sta tornando ai metodi di produzione naturale, visto che in parecchie regioni italiane si sono create cooperative di piccoli produttori che commercializzano, nel loro punto vendita, salumi senza conservanti, spedendoli anche in tutta Italia e all’estero senza problemi di conservazione.

Formaggi

Il conservante utilizzato per i formaggi è la netamicina (E235), un antibiotico utilizzato sulla superficie dei formaggi, soprattutto dei provoloni, che  provoca problemi intestinali.

Frutta

Gli agrumi, le banane e la frutta in genere sono trattati superficialmente con derivati fenolici e il tiabendazolo (E230, E231, E232, E233), permessi nei paesi dell’Unione Europea, ma vietati in altre nazioni extra-europee come l’Australia.
Per la pericolosità di questi conservanti, si consiglia infatti di utilizzare solo la scorza delle arance non trattate.
Per chi non lo sapesse, il tiabendazolo un fungicida utilizzato per ritardare la maturazione di agrumi e banane.
La nota curiosa è che questa sostanza è vietata dalla normativa italiana, ma consentita da quella europea!
Per questo motivo le banane trattate con l’E233 continuano ad essere vendute nel nostro Paese, a volte con l’indicazione del trattamento subito (l’obbligo è previsto dalle legge!), magari inserito nel cartellino con caratteri piccolissimi, altre volte, nel 90% dei casi, senza nessuna indicazione.

Come limitare i danni

Acquistare nel piccolo negozio sotto casa,  con alimentaristi che si riforniscono prevalentemente da produttori locali, consente di avere prodotti garantiti, che sicuramente portano meno danni all’organismo umano.
Per maggiore sicurezza è un vostro diritto chiedere all’alimentarista di fiducia, prima di ordinare il prodotto al taglio, di poter vedere se nel  cartellino che lo accompagna sono presenti o meno gli additivi chimici sopra descritti.
Molto probabilmente non ne troverete o ne troverete molto pochi!

Acquistando questi prodotti pagherete qualche cosa di più, ma sicuramente avrete investito per la vostra salute e per quella dei vostri cari.

Piero Nuciari

Nota: le informazioni scientifiche riportate nell’articolo provengono da internet

 

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