Quando scade la carne?
Ho avuto modo di vedere un video di “Le Iene” del 2018 che avevano sorpreso un grosso supermercato mentre riciclava carne in vaschetta scaduta.
Non solo carne: come i supermercati riciclano ogni merce scaduta – Le Iene (mediaset.it)
Anni fa capitò anche a me di notare in un supermercato delle vaschette (preincartati) con dentro della carne con un colore strano.
Naturalmente il macellaio negò tutto, ma dai sopralluoghi successivi notammo che le carni avevano sempre un bel colore.
Della serie: quanto è importante la prevenzione!
Non occorre reprimere ma solo effettuare periodicamente sopralluoghi ispettivi! Essere costantemente presenti. Si ottiene lo stesso risultato ( la tutela dei consumatori) senza colpo ferire.
Tutto il problema ruota sull’obbligo o meno di indicazione della data di scadenza per i prodotti preincartati, per capirci, quelli che troviamo nei frigoriferi esterni dentro confezioni di polistirolo.
Riguardo a questo è da dire che per diversi alimenti, comprese le carni, vi è un vuoto normativo.
Il d.lgs. 231/17, recante applicazione in Italia del reg. UE 1169/11, si limita a prescrivere che in relazione agli alimenti venduti sfusi e/o preincartati vengano fornite le seguenti informazioni:
denominazione dell’alimento, lista ingredienti, allergeni, data di scadenza per le sole paste fresche e paste fresche con ripieno, titolo alcolometrico per le bevande con alcol > 1,2% vol., % di glassatura (tara) dei prodotti congelati glassati, ‘decongelato’, nei casi prescritti.
Purtroppo, in base all’art. 44 del Reg. UE 1169/2011, il legislatore europeo ha rimesso agli Stati membri la potestà legislativa sulla disciplina d’informazione al consumatore relativa agli alimenti venduti sfusi e preincartati, nonché ai cibi somministrati dalle collettività.
In Italia questo problema, che definisco serio, è rimasta lettera morta.
Nel nostro Paese occorre valutare la vita utile del prodotto esposto, ovvero deve essere descritto nel manuale HACCP dopo quanto tempo occorre ritirare dalla vendita un prodotto esposto poichè ha superato la “scadenza” interna. Questo attraverso gli studi di Shelf-Life!
Cosa sono i prodotti preincartati
Come tutti sapranno, il supermercato o il piccolo esercizio alimentare possono rifornirsi di prodotti interi (per esempio salumi), per poi tagliarli, confezionare le porzioni e venderle al consumatore.
In questo caso le confezioni vengono definite “preincartati” e, per legge, debbono riportare la denominazione di vendita e l’elenco degli ingredienti (se necessario*), mentre la data di confezionamento e/o quella di scadenza sono facoltative. **
È da evidenziare che il preincarto può essere realizzato solo dal venditore nel suo esercizio e non può essere realizzato da aziende commerciali che hanno più punti di vendita, se non nel punto di vendita specifico.
Gli obblighi di etichettatura che gravano sui prodotti preincartati sono quelli previsti dall’articolo 9 del Reg. UE n. 1169/2011.
Nulla vieta tuttavia all’esercente di indicare tutte le menzioni obbligatorie sui propri prodotti.
* N.B. (1)
Qualora sia realizzato alla presenza dell’acquirente, il preincartato può anche non riportare alcuna indicazione, in quanto l’acquirente riceve le informazioni prescritte direttamente attraverso il cartello e, per quanto riguarda la quantità, dalla lettura della bilancia.
Se poi lo stesso è esposto per vendita a libero servizio, in quanto realizzato in assenza dell’acquirente, sull’involucro devono figurare le indicazioni prescritte dall’articolo 9, qualora non riportate sul cartello. Infatti, se sul cartello figurano già la denominazione di vendita del prodotto, l’elenco degli ingredienti dove previsto, il prezzo unitario, nonché eventuali altre indicazioni previste per casi specifici , non rimane che riportare sul preincarto la quantità netta ed il prezzo di vendita.
**N.B. (2)
Per tentare di fare chiarezza a proposito dell’annoso problema del preincartato, si riporta una interessante nota dell’Unione Nazionale Consumatori, del 14 Gennaio 2003. E’ una nota datata, che tuttavia consente di inquadrare bene il problema.
” Con il termine “preincartato” si intende un alimento confezionato nel punto di vendita (in pratica nei supermercati); secondo il decreto legislativo n. 109/1992 (ora abrogato dal D.Lgs. n. 231/2017 e sostituito dal Reg. UE n. 1169/2011 ndr) questi prodotti non devono riportare sull’etichetta la data di scadenza, obbligatoria invece per i prodotti “preconfezionati” dal produttore. L’Unione Nazionale Consumatori sottolinea che il prodotto “preincartato” non è previsto dalle norme comunitarie; nella circolare del ministero dell’Industria n. 165/2000 si legge che la definizione è stata introdotta in Italia “allo scopo di precisare gli adempimenti di etichettatura conseguenti all’attività di confezionamento negli esercizi di vendita per la consegna diretta all’acquirente o per la vendita a libero servizio”. Dalla stessa circolare – che anticipa alcune novità contenute nel decreto legislativo che introdurrà il “testo unico” sull’etichettatura alimentare, in attuazione della Direttiva 2000/13/CE – non emerge alcuna modifica della disciplina del prodotto “preincartato”, anzi si ribadisce che non viene considerato prodotto “preconfezionato” anche se è ermeticamente chiuso e sigillato, quindi non deve riportare la data di scadenza in quanto non prevista dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 109/1992.
L’Unione Nazionale Consumatori considera quella del prodotto “preincartato” una “stranezza normativa” e cita la sentenza n. 13412/2002 della Corte di Cassazione, con cui è stata confermata la sanzione che l’UPICA di Lodi aveva inflitto ad un ipermercato che vendeva carne macinata confezionata presso lo stesso punto di vendita in vassoi ricoperti da pellicola trasparente. Si trattava quindi di un prodotto “preincartato” e non riportava la data di scadenza, ma l’UPICA aveva inflitto ugualmente la multa. La sanzione era stata impugnata dall’ipermercato ed è arrivata fino alla Corte di cassazione, che l’ha confermata, sostenendo che la differenza tra prodotto alimentare preconfezionato e preincartato, ai fini dei conseguenti obblighi di etichettatura, va individuata in relazione alle caratteristiche dell’imballaggio e non in ragione del luogo (punto di vendita) nel quale avviene il confezionamento. Ora, secondo l’Unione Nazionale Consumatori, l’emanando “testo unico” sull’etichettatura alimentare non potrà ignorare la sentenza, ma la definizione di prodotto “preincartato” si è complicata.”
A conferma di ciò vi è la sentenza della Corte di Cassazione n. 24379 del 29 aprile 2021 che ha stabilito che l’indicazione della data di scadenza o del termine minimo di conservazione non è obbligatoria nell’etichettatura dei prodotti alimentari c.d. “preincartati”, cioè preconfezionati per la vendita diretta.
Dal punto di vista normativo è da evidenziare che l’articolo 44 del Reg. UE n. 1169/2011 così stabilisce al riguardo: “Ove gli alimenti siano offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza preimballaggio, oppure siano imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore, o preimballati per la vendita diretta: 1) è obbligo segnalare la presenza di allergeni; 2) la fornitura di altre indicazioni non è obbligatoria, a meno che gli Stati membri adottino disposizioni nazionali che richiedono la fornitura, parziale o totale di tali indicazioni o loro elementi. Gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali concernenti i mezzi con i quali le indicazioni o loro elementi devono essere forniti, ed eventualmente, la loro forma di espressione e presentazione.”
Nota: L’unico alimento venduto sfuso che ha l’obbligo di riportare in etichetta la di scadenza è la pasta fresca.
Chiarita la problematica possiamo dire che in italia tutta la responsabilità relativa alla salubrità e sicurezza delle carni vendute sotto forma di preincartati è a carico degli operatori del settore alimentare.
In sintesi il consumatore deve “sperare” nell’onestà del commerciante e che i tecnici della prevenzione della ASL e la Polizia Locale di quella cittadina facciano il proprio dovere ispettivo.
Ma andiamo a vedere i tempi di conservazione delle varie carni poste in vendita.
Carne macinata
E’ molto deperibile, per questo motivo è il caso di scegliete sempre di farla macinare al momento dal macellaio e consumatela subito.
Evita carni che presentano una patina asciutta e colore un po’ “smunti”. Il taglio fresco sarà umido e ben intenso.
Se invece per comodità si sceglie di comprare una vaschetta sottovuoto di carne macinata può essere conservata per qualche giorno e consumata, al massimo, due giorni dalla data di scadenza.
La carne macinata o già lavorata deve essere consumata entro 24 ore.
Carne di pollo e di tacchino
E’ un tipo di carne altamente deperibile. Se è avariata la si riconosce dallo sgradevole odore, colore tendente al grigio. Risulta essere viscida al tatto. Se preconfezionata, può essere consumata al massimo tre giorni dopo la data di scadenza.
Se acquistata come preincartato, deve essere consumata entro 48 ore dall’acquisto.
Carne rossa
Se i tagli di carne sono grandi (tagliata , arrosto, etc) ha tempi di conservazione più lunghi che tuttavia non superano mai i 5 gg.
Occorre far caso all’odore e al colore, visto che con il passare dei giorni tende a scurirsi e ad avere venature verdastre.
Insaccati
Se affettati al momento al banco della salumeria possono essere conservati in frigorifero per 4-5 giorni.
Se invece vengono acquistati già confezionati i tempi di conservazione si allungano.
Visto che sono preconfezionati, la data di scadenza vale fino a quando la confezione resta integra, dopo, il tempo di conservazione si accorcia velocemente.
Cosa si rischia mangiando carne avariata?
La carne avariata è contaminata da batteri, virus o altri microrganismi che possono causare malattie e disturbi gastrointestinali. Alcuni dei batteri più comuni che si trovano nella carne avariata sono la salmonella, l’E. coli e la listeria. I sintomi di un’intossicazione alimentare da carne avariata possono includere diarrea, nausea, vomito, febbre e dolore addominale. In alcuni casi, le conseguenze possono essere anche gravi, come insufficienza renale, meningite, sepsi, aborto o morte fetale.
Ho elencato le conseguenze dell’intossicazione alimentare per evidenziare quanto siano importanti i controlli da parte delle forze dell’Ordine e delle ASL.
E’ il caso di evidenziare che questo genere di controlli possono essere effettuati dalla PG in base all’articolo 13, comma 4, della Legge n. 689/81 e dell’art. 2, comma 12, del D.Lgs. n. 27/2021.
“12. Il personale e le forze di polizia afferenti ad altre Istituzioni che, nell’ambito dello svolgimento dei controlli condotti per la propria attività istituzionale, sospettino la presenza di non conformità nei settori di cui al comma 1(*), ne danno tempestiva segnalazione alle Autorità competenti.”
Queste sono le materie elencate nel comma 1:
(*) “1 [omissis]
a) alimenti, inclusi i nuovi alimenti, e la sicurezza alimentare, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione di alimenti comprese le norme relative alle indicazioni nutrizionali e il loro coinvolgimento nel mantenimento dello stato di salute fornite sui prodotti alimentari, anche con riferimento ad alimenti contenenti allergeni e alimenti costituiti, contenenti o derivati da OGM, nonchè la fabbricazione e l’uso di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti;
b) mangimi e sicurezza dei mangimi in qualsiasi fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione e dell’uso, anche con riferimento a mangimi costituiti, contenenti o derivati da OGM;
c) salute animale;
d) sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati ai fini della prevenzione e della riduzione al minimo dei rischi sanitari per l’uomo e per gli animali;
e) benessere degli animali;
f) prescrizioni per l’immissione in commercio e l’uso di prodotti fitosanitari, dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi, ad eccezione dell’attrezzatura per l’applicazione dei pesticidi.”
Piero Nuciari
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