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Secondo un articolo apparso il 12 Febbraio scorso su www.infocds.it, i controlli igienico sanitari non competerebbero alla Polizia Municipale… cari colleghi, seguo con stima la vostra testata giornalistica, ma vi siete presi una cantonata! …ora vi spiego perché.

 

Nota
L’articolo del Dott. Lotito pubblicato sul sito www.infocds.it

Premessa
Nell’articolo il Dott. Antonio Lotito cita alcune leggi a conferma di quanto da lui sostenuto… buona parte le conoscevo, tranne una, la n° 441 che nel lontano 1963 ha modificato alcuni articoli della L. 283/62.
Orbene, scorrendo questa normativa, sono rimasto colpito dal contenuto dell’art. 17 che riporto integralmente:
Gli ispettori assegnati alla Direzione generale saranno ripartiti in tre rami di competenza: medico-biologica, chimica e industriale; quelli assegnati agli ispettorati di zona saranno ripartiti in due rami di competenza: medico-biologica e chimica; quelli assegnati agli uffici dei medici provinciali avranno l’unica qualificazione di competenza medico-igienistica. Gli ispettori predetti esercitano la vigilanza sulla preparazione, sulla produzione e sul commercio delle sostanze alimentari e delle bevande allo scopo di prevenire e reprimere le infrazioni alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e ad ogni altra norma in materia di disciplina igienica delle sostanze alimentari e delle bevande. A tal fine essi provvedono ad accertamenti ed ispezioni, in qualunque momento, negli stabilimenti ed esercizi esistenti nella provincia, nonché sui depositi, sugli scali e sui mezzi di trasporto; raccolgono tutte le notizie e le informazioni sulla preparazione e conservazione delle sostanze alimentari e delle bevande, che possono interessare la tutela della salute pubblica; propongono al medico o al veterinario provinciale l’adozione dei provvedimenti di competenza. Gli ispettori sanitari sono coadiuvati da segretari tecnici e guardie di sanità, i quali sono anche autorizzati al prelievo dei campioni; si avvalgono altresì della collaborazione degli ufficiali sanitari e dei veterinari comunali, secondo le rispettive competenze, e dell’opera dei vigili sanitari provinciali e comunali. [omissis]”

Solamente la parte evidenziata dell’art. 17 sopra citata è in grado di mettere in seria discussione l’impianto della relazione del Dott. Lotito!
Nessuno infatti mette in discussione il ruolo principale degli Ispettori di Igiene (ci mancherebbe altro…), ma nella stessa legge viene evidenziato che questi si avvalgono dell’opera dei vigili sanitari comunali (ora questo servizio si chiama in un altro modo, ma siamo sempre noi che per legge svolgiamo servizi di polizia stradale, edilizia, commerciale, campestre,…sanitaria …anche per garantire il rispetto dei regolamenti locali di igiene…!).Quindi non vedo questa “esclusività” tanto evidenziata dal relatore.Se passasse il ragionamento del Dott. Lotito, la polizia municipale non sarebbe neanche competente ad accertare violazioni di polizia metrica (peso netto delle merci, procedure di pesatura truffaldine, etc) perché la legge attribuisce questo controllo agli ispettori metrici.
Non potremmo più accertare violazioni relative alle indicazioni obbligatorie di provenienza, calibro, etc da apporsi obbligatoriamente su frutta e verdura a tutela del consumatore perché riservata dalla legge alle regioni, non potremmo più accertare la mancata indicazione della provenienza del pesce, etc, etc, tutto a discapito dei consumatori.
In pratica, al massimo, potremmo controllare esclusivamente la presenza del cartellino degli ingredienti ma non la data di scadenza degli alimenti (visto che è una problematica igienica)… 

MA SIAMO IMPAZZITI?

Non so da voi, caro Dott. Lotito come funzionano le cose, ma dalle mie parti, le Marche, funzionano diversamente!
Dalle mie parti si collabora con gli Ispettori di igiene e i Nas perché il fine ultimo è la tutela dei cittadini consumatori.
Noi giriamo di pattuglia ed accertiamo violazioni di natura igienica che gli Ispettori di Igiene, stante il loro scarso numero non accerterebbero mai… e poi se la violazione non prevede l’istituto della prescrizione, interveniamo direttamente e contravvenzioniamo o rapportiamo all’Autorità Giudiziaria, altrimenti, per le cose più complesse, richiediamo l’intervento del SIAN, del Servizio veterinario o dei Nas.
Proprio recentemente, grazie alla nostra professionalità, siamo intervenuti a carico di uno stocchista di semi di girasole che li aveva immagazzinati all’aperto, in mezzo all’umidità, con grave pericolo di infezione di aspergillus e quindi di aflatossine…
Ce ne siamo accorti perché conosciamo perfettamente come funziona l’HACCP e come si formano queste infezioni, abbiamo richiesto l’intervento del SIAN che ha elevato una sanzione stratosferica con relativa prescrizione.
Se noi non fossimo intervenuti, il furbo di turno l’avrebbe fatta franca, qualche povero immunosoppresso si sarebbe alimentato dei semi o dell’olio a discapito della propria salute, qualche bambino avrebbe bevuto latte all’aflatossina considerando che i semi potevano potenzialmente essere utilizzati   per alimentare anche le mucche da latte!

Io penso che prima di fare certe affermazioni, caro Dott. Lotito e cari amici di www.infocds.it, bisognerebbe pensarci cento volte, visto che in questo modo, considerato come ragionano i nostri amministratori e l’italica gente, viene trasmesso un messaggio, peraltro non veritiero, che va solo a discapito dei consumatori e della professionalità della Polizia Municipale.

Per fortuna la problematica dei controlli igienici non è come l’avete descritta, ed ora vi fornisco le prove.

L’1 gennaio 2006 è la data in cui nel nostro Paese sono entrati in vigore i regolamenti europei denominati “Pacchetto igiene”, tendenti a disciplinare dal punto di vista igienico tutte le attività imprenditoriali che in qualche modo hanno a che fare con gli alimenti.
E’ inutile dire che successivamente alla loro emanazione, in Italia è iniziato un lungo periodo di incertezza e di attesa circa il regime sanzionatorio applicabile alle violazioni della nuova normativa.
Nonostante che l’art. 55 del Regolamento (CE) n. 882/2004 prevedesse che “gli Stati Membri stabiliscono le regole in materia di sanzioni applicabili in caso di violazione della normativa sui mangimi e sugli alimenti” e il legislatore europeo avesse stabilito che “le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive” e che le disposizioni nazionali devono essere notificate “senza indugio” alla Commissione, l’Italia si è presentata comunque impreparata alle nuove disposizioni ed è inutile nascondere che per mesi il caos e l’improvvisazione hanno regnato sovrani.
La mancanza di tali sanzioni, infatti, ha comportato transitoriamente l’applicazione di quelle previste dalle normative nazionali preesistenti alle norme di derivazione comunitaria – laddove non contrastanti o incompatibili con i regolamenti (es.: Legge n. 283/1962, DPR n. 327/1980) – e delle sanzioni previste da normative nazionali di recepimento di numerose direttive comunitarie.
Il D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 193, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 9 novembre ed entrato in vigore il 21 novembre 2007, recependo la citata Direttiva 2004/41/CE, ha di fatto posto fine ai mille dubbi ed incertezze, abrogando diverse normative nazionali in contrasto con i regolamenti europei del Pacchetto Igiene e stabilendo le sanzioni richieste dall’art. 55 del regolamento (CE) n. 882/2004.La novità dirompente di questo decreto, passato in sordina presso le varie forze di Polizia che in base a leggi dello Stato e/o per il proprio profilo professionale si occupano anche di controlli igienici, può essere riassunta citando il contenuto degli articoli 2 (Autorità competenti), articolo 3 (
Abrogazioni) e art. 6 (Sanzioni).
Ad un’attenta analisi del contenuto dell’articolo 2,  non può sfuggire che d’ora in poi tutti i processi verbali elevati dalla Polizia Municipale, relativi all’accertamento di violazioni alla legge 283/62 e al DPR 327/1980, dovranno essere inviati all’Ufficio preposto della ASL che incamererà anche i proventi delle sanzioni.
Finisce quindi l’annosa diatriba  tra gli Uffici preposti delle ASL – che rivendicavano il diritto di poter decidere sui processi verbali elevati in materia di igiene degli alimenti  con conseguente incameramento dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative – e le Amministrazioni comunali, che d’ ora in poi, specie nelle grandi città, perderanno cospicui introiti.
L’articolo 3 del provvedimento riveste una discreta importanza, visto che abroga diverse disposizioni normative nazionali relative all’igiene dei prodotti alimentari e tutta la serie di normative cosiddette “verticali” relative ai prodotti alimentari di origine animale (carni, prodotti a base di carne, prodotti ittici, latte e derivati, ecc…), di fatto sostituite dai Regolamenti (CE) n. 852/2004 e 853/2004.Delle norme abrogate, si segnalano in particolare  il D.Lgs. 155/97 (normativa nazionale che disciplina l’HACCP), il D.Lgs. 156/97 e l’articolo 2 della L. 30 aprile 1962, n 283 (autorizzazione sanitaria).
Si evidenzia che, ad eccezione dell’art. 2,  gli altri  articoli della  L. 283/1962 e del DPR 327/1980 restano in vigore.L’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 193/2007, riguarda le sanzioni.E’ da evidenziare che nell’articolo non vengono indicati nel dettaglio gli articoli della normativa comunitaria violati, ma solo le fattispecie costituenti violazione e le rispettive sanzioni applicabili. L’elenco delle sanzioni riportate è il seguente:

1. Sanzioni amministrative per mancata registrazione degli stabilimenti (comma 3)

Nota
La sanzione è prevista per l’esecuzione di attività di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti nel campo di applicazione del Reg. 852/2004 senza che sia stata effettuata la notifica all’autorità competente finalizzata alla “registrazione” dello stabilimento, o in presenza di registrazione sospesa o revocata

2. Sanzioni amministrative per la produzione primaria: requisiti (comma 4) 3. Sanzioni amministrative per i livelli diversi dalla produzione primaria: requisiti (comma 5) 4. Sanzioni amministrative per le procedure di autocontrollo (comma 6)

Nota
Negli stabilimenti registrati (Reg. 852/2004) o riconosciuti (Reg. 853/2004), gli operatori devono predisporre, nella propria attività, procedure basate sul sistema HACCP, comprese, ove necessario, le procedure di verifica dei criteri microbiologici (Reg. 2073/2005) e quelle di informazione sulla catena alimentare.

 5. Sanzioni amministrative a seguito di prescrizioni relative a requisiti e procedure di autocontrollo (comma 7)

Nota
Il comma 7 contempla l’istituto della prescrizione,  vale a dire della disposizione ufficiale di rimozione di non conformità, di cui ai commi 4, 5 e 6, entro un congruo termine assegnato.
Tale procedura viene applicata nell’ipotesi in cui le procedure di autocontrollo non siano omesse (in tal caso sarebbe applicata immediatamente la sanzione prevista dal comma 6) ma si rivelino inadeguate, e a quelli in cui i requisiti siano rispettati (in caso contrario la sanzione è immediata secondo i commi 4 e 5) ma inadeguati.
La mancata attuazione della prescrizione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000 (in misura ridotta: euro 2.000).

6. Sanzioni amministrative per inattuazione delle procedure (comma 8)  7. Sanzioni penali per il settore carni (mancato riconoscimento; comma 1)

Nota
Il punto 7 contempla l’unica sanzione penale introdotta, riguardante il settore delle carni.
Viene punita la macellazione di animali, la produzione e la preparazione di carni in luoghi diversi dagli stabilimenti e locali “riconosciuti” ai sensi del Reg. 853/2004 (o con riconoscimento sospeso e/o revocato).

 8. Sanzioni amministrative per mancato riconoscimento degli stabilimenti (comma 2)  9. Sanzioni per mancata apposizione del bollo (commi 9 e 10)

Nota
Il Punto 9 riguarda il caso
in cui sia omessa, nell’etichetta di un prodotto di origine animale, l’indicazione del numero di riconoscimento, compreso nel “marchio di identificazione” dello stabilimento, anche se quest’ultimo è regolarmente riconosciuto

 10. Sanzioni per il settore dei molluschi bivalvi (commi 11, 12, 13 e 14)

Nota:
Le sanzioni riguardano il
trasporto di molluschi bivalvi vivi senza il documento di accompagnamento, l’immissione sul mercato di molluschi bivalvi vivi non transitati da un centro di spedizione, l’immissione sul mercato di molluschi, esclusi i pettinidi, provenienti da zone acquee non classificate, etc

Le competenze della Polizia Municipale
Dopo il “passaggio ufficiale” delle competenze in materia di igiene alimentare agli Uffici preposti delle Asl, per il disposto dell’art. 2 del D.Lgs. 193/2007, da più parti i vari dirigenti e i tecnici delle Aziende Sanitarie Locali  hanno escluso la competenza della Polizia Municipale in materia di controlli igienici, perché a loro dire non avrebbe la preparazione necessaria in questo genere di materie.
Niente è più falso, visto peraltro che la L. n. 283/62 e il DPR n. 327/80 non sono stati abrogati né hanno subito la cosiddetta “abrogazione tacita”. 

Nota
A conferma di quanto sopra, si riporta il parere dell’ANCI ad un preciso quesito formulato di recente (4 Aprile 2008), da un Comando di Polizia Municipale marchigiano.
La domanda posta:
L’art. 3 del D.Lgs. 193/2007 ha abrogato esplicitamente l’art. 2 della L.283/62 (autorizzazione sanitaria) ed ha previsto che ai fini dell’applicazione dei regolamenti (CE) 852/2004, 853/2004, 854/2004 e 882/2004, e successive modificazioni, per le materie disciplinate dalla normativa abrogata di cui all’art. 3 (quindi anche la L. 283/62 e conseguente reg. di Esecuzione), le Autorità competenti sono il Ministero della salute, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le Aziende unità sanitarie locali, nell’ambito delle rispettive competenze.In base a quanto sopra, secondo il parere di alcuni Dirigenti della locale ASL, se una pattuglia di Polizia Municipale rileva durante un controllo di un determinato automezzo che vengono trasportati alimenti in assenza di autorizzazione sanitaria (ora sostituita con la registrazione) non è più possibile elevare alcun processo verbale (visto che a loro dire i Regolamenti del Pacchetto igiene è una loro competenza esclusiva) ma solo procedere alla segnalazione all’Ufficio competente della ASL considerato anche il fatto che ora, per il disposto del succitato articolo, questo ufficio è anche Autorità competente per il ricorso.A questo punto sorgerebbe il dubbio dell’abrogazione tacita operata dal regolamento Europeo n. 852 nei confronti della normativa italiana sopra menzionata.E’ da evidenziare tuttavia che il succitato D.Lgs. 193/2007 ha abrogato solo due articoli della L. 283/62 ed altrettanti del DPR n. 327/80, lasciando inalterati tutti gli altri.

La Cassazione civile, sez. lavoro, con sentenza n.18/02/1995 n. 1760 ha stabilito che l’incompatibilità tra due norme che disciplinano la stessa materia si verifica solo se “fra le leggi considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicchè dall’applicazione ed osservanza della nuova legge deriva necessariamente la disapplicazione o l’inosservanza dell’altra”.

Analizzando il Regolamento Europeo n. 852/2004, è possibile notare che gli argomenti relativi all’igiene vengono trattati in maniera generale, senza scendere nello specifico, rinviando le varie problematiche ai manuali dell’HACCP delle singole attività alimentari.

La L. 283/62 e il DPR n. 327/80 trattano invece le varie problematiche nello specifico e fin dall’entrata in vigore del “Pacchetto Igiene” (pacchetto del quale fa parte il Reg. n. 852/2004), secondo il parere di vari esperti, potevano continuare ad essere applicati gli articoli non in contrasto con la norma europea.

Altro particolare da evidenziare è che il legislatore italiano, nell’emanare il D.Lgs. n. 193/2007 non ha espressamente abrogato tutte le suddette normative, ma solo l’articolo relativo all’autorizzazione sanitaria, manifestando probabilmente la volontà di lasciare inalterati tutti gli altri articoli disciplinanti nello specifico l’igiene alimentare, visto che in caso contrario avrebbe potuto abrogare esplicitamente entrambe.

A tutto questo si aggiunge il contenuto dell’art. 13 della L. 689/81 laddove viene previsto che “All’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora …[omissis]”.

Le domande che si pongono sono le seguenti:
In base a quanto sopra descritto, la L. n. 283/62 e il DPR . n. 327/80 possono essere considerate tacitamente abrogate?
Se sì, la Polizia Municipale commerciale come deve comportarsi nel momento in cui durante un sopralluogo accerti che un commerciante alimentare non indossi il camice, mantenga gli alimenti a temperature errate o altro?
Se invece tali leggi nazionali sono ancora in vigore, può la Polizia Municipale accertare violazioni di natura igienica previste dalla disciplina italiana sopra menzionata (igiene locali, temperature di mantenimento errate, pasticceria posta in vendita senza la protezione di teche, paste farcite con crema pasticcera poste in vendita a temperatura ambiente, etc.) al di fuori di quelle del “pacchetto igiene” nelle quali è prevista la “prescrizione” di stretta competenza dell’Autorità sanitaria?

Nel caso in cui, ad esempio, si contestasse all’alimentarista l’errata temperatura di mantenimento di un determinato prodotto (art. 31 DPR 327/80) farcito con crema pasticcera che dovrebbe essere mantenuto alla temperatura da 0 a 4 gradi, considerato che questo genere di obbligo in capo all’alimentarista è previsto, in via generale, anche dal manuale dell’HACCP, cosa si applica?

Possiamo continuare ad applicare la L. 283/62 e i Regolamento di esecuzione (e le relative sanzioni), oppure l’art. 6, comma 4, del D.Lgs. 193/2007 il quale rinvia all’allegato I, parte A del Reg. CE 852/2004 nella parte in cui viene stabilito che “…3. Fatto salvo l’obbligo generale di cui al punto 2 gli operatori del settore alimentare devono rispettare le pertinenti disposizioni legislative comunitarie e nazionali relative al controllo dei rischi nella produzione primaria e nelle operazioni associate [omissis]”?La risposta:
L’art. 3, comma 1, lett. s) del D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 193, avente per oggetto “Attuazione della direttiva 2004/ 41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comunitari del medesimo settore”, espressamente abroga “l’art. 2 della legge 30 aprile 1962, n. 283”.
L’art. 2 del citato D.Lgs. 193/2007 stabilisce che “ai fini dell’applicazione dei regolamenti (CE) 852/2004, 853/2004, 854/2004 e 882/2004, e successive modificazioni per le materie disciplinate dalla normativa abrogata di cui all’art. 3, le Autorità competenti sono il Ministero della salute, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano e le Aziende sanitarie locali, nell’ambito delle rispettive competenze”.
Da notare che l’abrogato art. 2 della legge n. 283/1962 prevedeva, fra l’altro, che “i contravventori sono puniti con l’ammenda…”.
Al riguardo il quesito presenta due ipotesi interpretative:
a) l’attività di vigilanza, e conseguentemente ogni atto conseguente ad essa, comportano per gli agenti alle dipendenze del Comune unicamente gli adempimenti previsti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, modificata dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40;
b) esisterebbe dubbio esegetico in ordine all’abrogazione tacita del regolamento europeo n. 852 nei confronti della normativa italiana sopra menzionata. La tesi esegetica è motivata in quanto – “strictu iure” – il D.Lgs. 193/2007, interviene, in espressa abrogazione, limitatamente alla legge n. 283/1962 ed al D.P.R. n. 327/1980 così da ritenere che tutto il “resto” delle citate normative sia rimasto in efficacia.
Sulla base di queste motivazioni la ricerca in “diritto”, in particolare riferita allo “status di efficacia” della legge n. 283/1962 e del D.P.R. n. 327/1980, porta a condividere le motivazioni di cui alla suddetta seconda ipotesi esegetica.
In sostanza non si parte dai principi costituzionali sulle rilevanze del diritto internazionale (in particolare nella specie di quello comunitario), ma sulla “volontà del legislatore” (peraltro sic art. 12 della legge in generale di cui al vigente Codice civile), essendo stata, nella fattispecie concreta, espressamente esercitata. Ne consegue, pertanto, che nella specie il limite non può che riguardare solo ed unicamente le norme strettamente abrogate e non le altre che non risultano sostanzialmente incompatibili.

In relazione, poi, al quesito finale se trovano applicazione le normative di cui alla legge n. 283/1962 e regolamento di esecuzione (DPR 327/1980) oppure trovano applicazione le norme di cui al comma 4, art. 6 del D.Lgs. 193/2007 (per cui “salvo che il fatto costituisca reato, l’operatore del settore alimentare operante a livello di produzione primaria e operazioni connesse che non rispetta i requisiti generali in materia di igiene di cui alla parte A dell’allegato I al regolamento (CE) n. 852/ 2004 e gli altri specifici previsti dal regolamento (CE) n. 853/2004, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 3.000”) il riscontro non sembra possa portare ad un parere diverso da quello sostenuto….[omissis]

Le motivazioni storiche per le quali la Polizia Municipale poteva e può continuare ad intervenire nelle materie trattate dalla L. 283/62 e dal DPR 327/80

Analizzando l’evoluzione normativa nazionale degli ultimi 50 anni è possibile stabilire che
già la legge 30 aprile 1962 n. 283, quindi una legge entrata in vigore molto prima della Legge 833/78 (legge che ha istituito il servizio sanitario nazionale), prevedeva, all’articolo 3  che  “Le ispezioni ed i prelievi di campioni, di cui all’art. 1, sono effettuati da personale sanitario o tecnico appositamente incaricato, dipendente dall’autorità sanitaria provinciale o comunale …[omissis]” . Come si ricorderà, all’epoca il “personale sanitario dipendente dall’Autorità Sanitaria Provinciale o Comunale”, transitò, a seguito della Legge 833/78 nelle Aziende Sanitarie Locali mentre il restante personale tecnico (vigili urbani che svolgevano le mansioni di vigile sanitario o vigile veterinario) ebbe l’opportunità di scegliere di rimanere con gli Enti Locali o di passare alle dirette dipendenze delle ASL.
Già a monte, però, la legge diceva che le ispezioni e i prelievi dei campioni potevano essere effettuati dal personale sanitario “o” tecnico appositamente incaricato (Polizia Municipale, Carabinieri, Guardia di Finanza , gli attuali NAS, etc).
Lo stesso DPR 26 Marzo 1980, n. 327 (regolamento di esecuzione della legge 30 Aprile 1962, n. 283), all’art. 3, terzo comma, nell’individuare le autorità sanitarie competenti,  prevede che nei comuni “L’Autorità sanitaria, per l’espletamento dei servizi di vigilanza sull’igiene degli alimenti, si avvale dell’opera del personale all’uopo posto alle proprie dipendenze… .[omissis]”.
Ora, se nel 1978, con la legge 833, i vigili urbani che svolgevano mansioni di vigile sanitario o veterinario sono transitati nelle ASL, l’unico personale tecnico rimasto alle dipendenze dell’Autorità Sanitaria Locale (Sindaco ora Dirigente) è, per forza maggiore, solo la Polizia Municipale.
A conforto di quanto affermato, è da citare, inoltre,  il contenuto dell’articolo 13 della Legge 24/11/81 n. 689, meglio conosciuta come legge di depenalizzazione, che al comma 1 recita: “Gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica”.  E ancora, più avanti, al 4° comma, viene precisato che “All’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, (è da evidenziare “ oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi”: con questa frase  la legge evidenzia in maniera chiara che la PG può fare le stesse identiche cose degli organi specialistici addetti al controllo elencati nel comma 1 dello stesso articolo)  possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell’art. 333 e del primo e secondo comma dell’art. 334 del codice di procedura penale.…[omissis]”.
Quindi, laddove le normative igienico-annonarie non prevedono espressamente l’effettuazione dei controlli da parte della Polizia Municipale, questi possono essere svolti lo stesso per la qualifica di agenti e ufficiali di PG, insita nel nostro profilo professionale.
La stessa, famosa, rivista scientifica “Igiene e Sanità Pubblica”, nel numero 5 del settembre/ottobre 2001 (quindi nel periodo in cui era già in vigore il D.Lgs. n. 155/97), a pagina 479 dell’articolo avente come titolo “Problematiche relative alle verifiche ed alle ispezioni degli esercizi interessati all’autocontrollo”, specifica che le ispezioni di natura igienica, previste dal D.Lgs. 155/97 (la normativa nazionale dell’HACCP abrogata dal D.Lgs. n. 193/2007 e sostituita dal Reg. Europeo n. 852/2004), sono effettuate “ai sensi dell’art. 3 della Legge 283/62, da personale sanitario dipendente dall’Autorità Sanitaria provinciale o Comunale, oggi Azienda sanitaria Locale, …[omissis] …”o da tecnico appositamente incaricato (NAS, Polizia Municipale, carabinieri, Guardia di finanza, etc)”.
Addirittura, secondo questa autorevole rivista specializzata, nel periodo in cui era in vigore il D.Lgs. n. 155/97 i controlli dell’HACCP competevano anche alla Polizia Municipale!
Attualmente, come dicevamo all’inizio, l’art. 2 del D.Lgs. n. 193/2007 ha stabilito in maniera chiara che “Ai fini dell’applicazione dei regolamenti (CE) 852/2004, 853/2004, 854/2004 e 882/2004, e successive modificazioni, per le materie disciplinate dalla normativa abrogata di cui all’art. 3, le Autorità competenti sono il Ministero della salute, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le Aziende unità sanitarie locali, nell’ambito delle rispettive competenze”, evidenziando quali sono le nuove Autorità competenti in materia di igiene alimentare.L’interpretazione degli Uffici preposti delle ASL
Analizzando l’articolo e considerato che la competenza in materia igienico alimentare è stata trasferita agli Uffici preposti della ASL,  sembrerebbe che i controlli di natura igienica, soprattutto quelli per i quali è previsto l’istituto della “prescrizione”, non potrebbero più essere effettuati dalla Polizia Municipale in quanto, secondo il parere costante dei vari dirigenti degli uffici preposti delle ASL, gli operatori della PM non avrebbero le conoscenze  igieniche sufficienti per questo determinato tipo di interventi.
A conferma di questa teoria, si riporta un brano di un articolo pubblicato di recente sul sito www.pubblicitalia.com, a firma del tecnico della prevenzione Marco Cappelli dell’AUSL n. 5 di La Spezia, nel quale, commentando i contenuti dell’art.2 del D.Lgs n. 193/2007, si afferma molto chiaramente la convinzione comune che il controllo igienico non sia una competenza della Polizia Municipale.
“…[omissis]
Inoltre (art. 2) vengono individuate le autorità competenti ai fini dell’applicazione della normativa comunitaria rappresentata dai Regolamenti del “pacchetto igiene” (Reg. 852, 853, 854 e 882 del 2004). Tali Autorità sono rappresentate, per le rispettive competenze, da:

  • Ministero della salute;
  • Regioni e Province autonome;
  • Aziende Unità Sanitarie Locali.

Viene così superata una carenza che ha suscitato non pochi dubbi ed equivoci, dato che sono diversi gli enti titolari di qualche competenza nell’ambito del controllo ufficiale nel settore alimentare (per esempio, in materia amministrativa o di etichettatura) che, negli ultimi anni, avevano scoperto la vocazione dell’igiene e della sicurezza alimentare, certamente sensibili al problema della tutela della salute ma senza averne la competenza tecnico-scientifica. A livello periferico solamente le AUSL, nelle articolazioni dei Dipartimenti di Prevenzione, possono compiere valutazioni del rischio per la sicurezza alimentare e adottare i provvedimenti del caso, fatte salve le prerogative ispettive dei Comandi Carabinieri per la Sanità (NAS) ..[omissis]”.

Nota
Quanto sopra espresso rappresenta, purtroppo, un modo comune di pensare da parte dei dirigenti e dei tecnici delle ASL preposti al controllo igienico degli alimenti, che in alcune situazioni potrebbero anche arrivare ad annullare processi verbali elevati dalla Polizia Municipale, considerato che con le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 193/2007, sono divenuti Autorità competente a ricevere i ricorsi (e ad incamerare i proventi).
 


    

La problematica sulla competenza in materia di controlli igienici vista dalla parte della  Polizia Municipale
Considerato che i contenuti del D.Lgs. n. 155/97 (ora abrogato) e del regolamento Europeo n. 852/2004 (attualmente in vigore) sono pressappoco simili,  dalla parte della polizia municipale, relativamente alle competenze, vi è un parere diametralmente opposto, riferito sia alla normativa abrogata che a quella ora in vigore.Nel 2001,  quattro anni dopo l’entrata in vigore del D.Lgs 155/97, sul notiziario n. 1 (anno di studi 2001) della scuola di polizia municipale del Comune di Roma, a proposito dei controlli in materia di HACCP veniva riportato quanto segue:“ATTIVITA’ di VIGILANZA: preme rilevare come il compito fondamentale di accertamentospetti alle ASL, tuttavia , l’orientamento della Cassazione non esclude che nelle materie di naturagiuridico ambientale i controlli debbano essere effettuati dalle forze di polizia genericamenteconsiderate, fermo restando le specializzazioni che caratterizzano alcuni Corpi più di altri

nell’accertamento delle violazioni inerenti alla tutela della salute pubblica e dell’igiene degli alimenti in particolare. Pertanto non sussiste alcuna ostativa per gli agenti della Polizia Municipale nell’eseguire, in sede di verifica amministrativa dell’esercizio commerciale, l’esibizione della documentazione inerente all’adeguamento da parte dell’esercente responsabile dell’attività alimentare, al D.lgs. 155.

Tipologia dei documenti sottoponibili a verifica:

– Certificato di nomina di responsabile dell’industria alimentare con attestazione di partecipazione al corso di formazione obbligatorio per legge.

– Piano di autocontrollo del sistema H.A.C.C.P. redatto in schede giornaliere conservato in un’unica sede ed aggiornate con gli elementi indicati dalle tipologie dell’attività svolta.

– Indicazione della verifica periodica dello stato igienico dei luoghi, addestramento ciclico del personale dipendente, eventuali provvedimenti adottati nell’ambito del miglioramento della organizzazione dell’attività.”Considerato che sulla problematica delle competenze non esiste alcuna circolare esplicativa e nessun parere ufficiale, si può tentare di dare una risposta al problema analizzando le difficoltà applicative createsi nel periodo compreso tra l’emanazione del D.Lgs. 155/97 (ora abrogato) e la legge 283/62 che hanno rappresentato un serio ostacolo relativamente alla certezza del diritto in questo settore. E’ risaputo che nonostante la vigenza del D.Lgs. n. 155/97, gli operatori addetti ai controlli hanno continuato ad applicare la L. n. 283/62 per le violazioni in materia di igiene degli alimenti.Uno dei punti dolenti, come risaputo, è  rappresentato dal coordinamento tra il d.lgs. n. 155 del 1997 e la legge n. 283 del 1962.
La legge n. 283/62, nel suo disegno originale, si prefiggeva l’obiettivo di garantire la “salubrità” del prodotto alimentare, mentre il d.lgs. n. 155/97 si prefiggeva lo scopo di porre l’accento sul ruolo giocato dalle aziende alimentari attraverso il nuovo strumento dell’autocontrollo.

Nota
L’evoluzione normativa ha quindi seguito una traiettoria che ha trasformato il fine repressivo di una norma sanitaria in una situazione in cui la repressione ha ceduto il campo alla prevenzione attraverso l’autocontrollo.
 Lo scopo finale è stato quello di trasformare il controllore pubblico da mero repressore delle violazioni a collaboratore del controllato, al fine di raggiungere un più elevato livello di sicurezza igienica degli alimenti.


I
l rapporto tra i due sistemi sanzionatori e come sia possibile un loro coordinamento, può essere meglio compreso analizzando le novità introdotte nel 1997 dal D.Lgs. n. 155.Le sanzioni previste in caso di violazione delle norme in materia di autocontrollo, come risaputo venivano trattate dall’articolo 8 del suddetto Decreto Legislativo, ora abrogato.
Tale articolo costituiva  una disposizione assai rilevante, in quanto era un chiaro indice dell’impianto non più solo repressivo dei controlli pubblici.
Il testo era il seguente:
1. Salvo che il fatto costituisca reato il responsabile dell’industria alimentare e’ punito con:
a) la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire dodici milioni per l’inosservanza dell’obbligo di cui all’articolo 3, comma 3;
b) la sanzione amministrativa pecuniaria da lire tre milioni a lire diciotto milioni per la mancata o non corretta attuazione del sistema di autocontrollo di cui all’articolo 3, comma 2, o per l’inosservanza delle disposizioni di cui all’articolo 3, comma 5;
c) la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire sessanta milioni per la violazione degli obblighi di ritiro dal commercio previsti dall’articolo 3, comma 4.
2. L’Autorità incaricata del controllo procede all’applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 1, lettere a) e b), qualora il responsabile dell’industria alimentare non provveda ad eliminare il mancato o non corretto adempimento delle norme di cui all’articolo 3, commi 2 e 3, entro un congruo termine prefissato.3. Il mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 2, ovvero la violazione dell’obbligo di ritiro dal commercio previsto dall’articolo 3, comma 4, e’ punito, se ne deriva pericolo per la salubrita’ e la sicurezza dei prodotti alimentari, con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da lire seicentomila a lire sessanta milioni.Analizzando attentamente l’articolo, si può notare che il primo ed il secondo comma prevedevano solo sanzioni amministrative, con una clausola di salvaguardia per eventuali illeciti penali concorrenti; in pratica il legislatore uscendo dalla tradizionale dicotomia illecito-sanzione, aveva previsto una sanzione sottoposta ad una condizione, come ben evidenziato nel secondo comma.

Nota
La condizione per l’applicabilità delle sanzioni amministrative del primo comma, era che queste venivano irrorate solo nel  caso in cui il responsabile stesso non avesse provveduto ad eliminare il mancato o non corretto adempimento delle norme entro un congruo termine prefissato.
Nel caso in cui il responsabile aziendale avesse invece provveduto in tal senso le sanzioni amministrative pecuniarie sarebbero decadute e non sarebbero più state applicate.

In queste ipotesi veniva in pratica  a determinarsi un procedimento sanzionatorio per gradi successivi.
Prima di tutto l’organo ufficiale di controllo doveva procedere ad una diffida ad adempiere (in caso di inadempimento) o ad adempiere correttamente (in caso di adempimento non corretto), fissando al tempo stesso un termine entro cui farlo; successivamente, nel caso di non ottemperanza alla diffida, procedeva  all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie delle lettere a) e b) del comma 1 dell’ art. 8.

Nota
E’ da evidenziare l
a condizione rappresentata dal non adempimento della diffida prevista dal D.Lgs. 155/97, che operando solo rispetto agli illeciti amministrativi espressamente individuati dal testo del comma 2 dell’articolo 8, escludeva gli altri illeciti amministrativi previsti dal comma 1 dell’articolo 8.
E’ da aggiungere che laddove ricorrevano gli elementi costitutivi di una fattispecie di reato l’organo di controllo non era tenuto ad effettuare alcuna diffida, ma a trasmettere la notizia di reato nei modi di legge, come nel caso in cui si fossero verificati pericoli per la salute pubblica.


I rapporti tra il D.P.R. n. 327 del 26 marzo 1980 ed il D.Lgs. n. 155 del 26 maggio 1997
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 155/97 sembrò in un primo momento che l’impianto sanzionatorio  previsto dal DPR n. 327/80 fosse stato sostituito integralmente.

Nel giro di pochi anni, però,  la prassi applicativa portò a considerare le due norme come complementari, anche se dal loro esame comparativo il nuovo quadro non emergeva in modo limpido.A causa di queste problematiche, nel corso degli anni vennero pubblicate alcune circolari esplicative al fine di coordinare l’applicazione delle due normative.Un primo contributo risale al 14 Novembre 2001, ed è costituito da una nota fornita dal Ministero della Salute, con la quale si rispondeva ad un quesito del comando carabinieri NAS, riguardante l’applicazione del DPR n. 327/80 a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs.. n. 155/97.
Nella nota il Ministero affermava testualmente: “Dall’esame dei due testi normativi emerge chiaramente che il D.Lgs. 155/97 esprime delle indicazioni di carattere generale mentre il DPR 327/80 entra nel dettaglio delle singole situazioni. Sotto questo profilo le due normative non sono alternative ma complementari, né può essere applicata solo una a discapito dell’altra. Ciò che le differenzia in maniera sostanziale è l’approccio all’argomento, l’ottica che sovrintende il regolamento di esecuzione della legge 283/62, che entra minuziosamente nei dettagli perché il controllo avviene a valle della filiera alimentare e l’organo di vigilanza necessita di indicazioni precise per poter effettuare contestazioni e comminare l’eventuale sanzione; il D.Lgs. 155/97 invece introduce il principio innovativo dell’autocontrollo, per effetto del quale il controllo avviene a monte, è lo stesso responsabile dell’industria alimentare che deve individuare nella propria attività i cosiddetti punti critici, anche sulla base dei manuali di corretta prassi igienica elaborati dai vari settori dell’industria alimentare e convalidati dal Ministero della salute. L’autorità incaricata del controllo, tenendo conto di tali manuali, verifica l’attuazione dell’autocontrollo secondo le indicazioni di carattere generale fornite dal D.Lgs, verbalizza le carenze riscontrate e le necessarie prescrizioni di adeguamento da attuare entro un termine prefissato, scaduto il quale viene applicata la sanzione.
A fronte di due diversi procedimenti sanzionatori, il Ministero ritiene che debba prevalere il procedimento introdotto dal D.Lgs. n. 155/97 che prevede il termine prescrittivo di adeguamento anche per le violazioni previste dal DPR n. 327/80. Pertanto restano assoggettate alla disciplina del DPR 327/80 tutte le fattispecie non ricomprese nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 155/97 e la coesistenza delle due diverse discipline deve essere letta alla luce della complementarietà delle due norme, che regolamentano aspetti comuni pur prendendo lo spunto da approcci del tutto diversi. In assenza di esplicita abrogazione della norma preesistente da parte del legislatore il Ministero ritiene che le disposizioni contenute nel DPR n. 327/80 restino permanenti nell’ordinamento e debbano trovare applicazione nei casi concreti.”

Nota
Sul tema si  pronunciò successivamente  anche la Regione Liguria con la deliberazione della giunta regionale n. 613 del 14/06/2002, che fece propri i principi enunciati dal Ministero, auspicando una corretta applicazione delle normative.


Per quanto sopra appare abbastanza evidente e chiaro l’indirizzo generale che a livello nazionale si è voluto dare alla problematica in trattazione.
Altra importante questione  da evidenziare, venutasi a creare con la coesistenza delle due normative,  riguardava le infrazioni alle regole igieniche imposte dall’allegato al D.Lgs. n. 155/97 e prescritte dal comma 5 dell’art. 3, che in non pochi casi si sovrapponevano a quelle previste dal DPR n. 327/80.La Cassazione civile, sez. lavoro, nella sentenza n.18/02/1995 n. 1760, ebbe a stabilire che l’incompatibilità  tra due norme che disciplinano la stessa materia si verifica solo se “fra le leggi considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicchè dall’applicazione ed osservanza della nuova legge deriva necessariamente la disapplicazione o l’inosservanza dell’altra”. In questi casi, quindi, per una regola fondamentale del Diritto, troveranno applicazione le sanzioni dell’art. 8 in virtù del principio che la legge posteriore deroga alla legge anteriore.

Nota
Tuttavia se le norme del DPR n. 327/80 risultano più dettagliate e precise, allora spetta ad esse di trovare applicazione, benché antecedenti, con la conseguenza che il contravventore potrà ottenere un notevole vantaggio sul piano sanzionatorio.


Nonostante l’istituto della prescrizione sopra descritto, è tuttavia da evidenziare  come la repressione non risulti del tutto estranea al disegno originale del D.Lgs. n. 155/97, in quanto il comma 3 dell’articolo 8, prevedeva addirittura una sanzione penale a carattere detentivo, sebbene si trattasse del solo arresto, trasformato peraltro in sanzione amministrativa dal combinato disposto degli articoli 1 e 2 del D.Lgs. n. 507 del 30/12/1999.
Il Regolamento CE n. 852/2004.
Dalla fine del Novembre 2007, nel nostro Paese, come più volte precisato in questo articolo, è in vigore il Reg. Ce n. 852/2004 che ha sostituito il D.Lgs. n. 155/97.
In sintesi il Regolamento 852/2004 si applica:
– alla produzione primaria, comprese le attività di trasporto, magazzinaggio e di manipolazione, intese come operazioni associate ai prodotti primari sul luogo di produzione, purchè tali prodotti non subiscano modificazioni sostanziali;

Nota
L’estensione dell’obbligo di applicare l’autocontrollo alla produzione primaria rappresenta la principale innovazione rispetto alla normativa precedentemente in vigore (Dir. 93/43/CEE, recepita in ambito nazionale con il D.Lgs 155/97), coprendo così l’intera filiera agroalimentare.

– al trasporto di animali vivi, ed al trasporto dal luogo di produzione ad uno stabilimento per i prodotti vegetali e per i prodotti della pesca e della caccia.

Nota
Il Regolamento non si applica alla fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a piccoli dettaglianti in ambito locale, intendendo:
– per “fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari” la cessione occasionale e su richiesta di detti prodotti al consumatore o all’esercente; questa attività di cessione deve essere marginale rispetto all’attività dell’azienda produttrice;
– per “ambito locale” la Provincia in cui ha sede l’azienda e le Province limitrofe.

Per il disposto del Regolamento tutte le attività di produzione, trasformazione, trasporto, magazzinaggio, somministrazione e vendita devono essere registrate, ove non siano riconosciute ai sensi del Regolamento CE 853/2004.

L’Autorità a cui registrarsi, come già detto, è la ASL. La registrazione non necessita dell’obbligo di un’ispezione preventiva da parte della ASL. Le aziende già in possesso di un’Autorizzazione, di un Nulla osta sanitario o di una registrazione ai sensi di una normativa specifica non devono registrarsi. La procedura da seguire è la Denuncia di inizio attività (DIA):

– le aziende non soggette ad Autorizzazione sanitaria ai sensi della precedente normativa nazionale devono registrarsi mediante DIA semplice, a cui può fare seguito l’immediato inizio dell’attività;
– le aziende soggette ad Autorizzazione sanitaria ai sensi della precedente normativa nazionale devono registrarsi mediante DIA differita (l’attività può iniziare entro 45 giorni dalla comunicazione);

Se in un’azienda sono svolte più attività, una sola delle quali soggetta a DIA, tutta l’azienda ne viene considerata soggetta. La ASL può effettuare un sopralluogo, durante i 45 giorni, nelle aziende che presentano DIA differita. Tutte le aziende non ancora registrate o autorizzate secondo la precedente normativa dovranno comunque provvedere entro il 31 dicembre 2009.

Dal 1 gennaio 2006 sono decadute tutte le deroghe concesse in base alla precedente normativa comunitaria. Possono comunque essere richieste deroghe, ad esempio per l’utilizzazione di metodi di produzione tradizionali (si veda il Regolamento (CE) 2074/2005). Gli operatori sono invitati ad adottare i Manuali di corretta prassi igienica previsti dal Regolamento (CE) 852/2004. La richiesta di valutazione di questi Manuali va inviata al Ministero della Salute. Il Ministero trasmette i Manuali all’Istituto Superiore di Sanità, alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, alle Associazioni di categoria e dei consumatori interessate. Detti soggetti possono fare pervenire al Ministero eventuali osservazioni entro 60 giorni dalla data di ricevimento del Manuale. In base al regolamento, gli operatori debbono assicurare un adeguato livello di formazione del personale, la cui documentazione relativa sarà verificata dall’Autorità competente. E’ previsto che le associazioni di categoria possono preparare Manuali di buona prassi igienica e per l’applicazione della normativa alimentare.

Nota
I colleghi che conoscevano il D.Lgs. n 155/2007, avranno sicuramente notato nella breve sintesi del regolamento appena descritta, che i contenuti della normativa abrogata sono molto simili con quelli del regolamento in vigore.


Tuttavia la cosa che maggiormente colpisce sono gli allegati del regolamento che sono praticamente sovrapponibili con quelli della “155”.
A questo punto viene spontaneo chiedersi  come mai, se nel 2001 il Ministero nella risposta al quesito dei NAS prevedeva la possibilità di applicare anche il DPR 327/80 contestualmente al D.Lgs. n. 155/97 ora, con il Reg. CE n. 852/2004, molto simile, secondo i responsabili degli uffici preposti delle ASL, questo non sarebbe più possibile, in considerazione del fatto che a loro dire le nostre normative nazionali sarebbero superate dal regolamento europeo.
Altra domanda, forse più importante, è come mai se fino al 31 Dicembre 2005, nonostante che fosse il vigore il D.Lgs. n. 155/97, la Polizia Municipale poteva intervenire e sanzionare in materia di igiene alimentare, senza che i dirigenti preposti delle ASL in materia di igiene alimentare avessero nulla da eccepire, ora, per il semplice fatto che il D.Lgs. n. 193/2007 ha indicato come Autorità competenti a ricevere i ricorsi e ad incamerare i proventi sanzionatori gli Uffici preposti delle ASL (SIAN e Uff. Veterinario), a loro dire, non avremmo più la competenza professionale in merito?
Si badi bene che analizzando i contenuti dell’art. 2 del D.Lgs. n. 193/2007, si potrebbe sì avere l’impressione che la competenza sia stata effettivamente trasferita alle Autorità elencate; nella realtà, però, occorre invece fare attenzione a come è strutturato il periodo.
Infatti viene detto : “…[omissis] per le materie disciplinate dalla normativa abrogata di cui all’art. 3, le Autorità competenti sono il Ministero della salute, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le Aziende unità sanitarie locali, nell’ambito delle rispettive competenze”.
Tra la normativa abrogata, infatti, vi è l’art. 2 (autorizzazione sanitaria) della L. n. 283/62 e gli articoli collegati del DPR n. 327/80 che disciplinano l’igiene degli alimenti;
i rimanenti articoli sono rimasti in vigore.
Ad avviso di chi scrive, per queste normative, applicabili – lo ricordiamo – solo nel caso in cui non risultino in contrasto con i regolamenti del Pacchetto Igiene, vi è stato solo un mero passaggio di competenze a livello di Autorità competente per il ricorso: dal Comune alle ASL, e null’altro!
Nulla di fatto è cambiato: resta la competenza professionale degli Ispettori delle ASL e quella degli Agenti e Ufficiali di PG, che possono intervenire in base all’art. 13, 4° comma, della L. 689/81 e per il mansionario proprio della Polizia Municipale, previsto da varie leggi dello Stato.Circa la “limitata competenza in materia di igiene degli alimenti” che avrebbero gli operatori della Polizia Municipale,  motivazione sistematicamente addotta dai Dirigenti degli Uffici preposti ai controlli igienici delle ASL, possiamo dire che questa dipende dalla volontà dell’Ente di appartenenza che investe in formazione e dall’operatore che, se crede nella propria professione, cura il proprio aggiornamento professionale.
D’altronde, nelle altre materie del mansionario professionale come edilizia, ambiente, Codice della Strada, attività di PG, etc., l’operatore della PM è sempre e comunque un’autodidatta che studia per migliorare la propria professionalità, ottenendo spesso risultati considerevoli.
Quindi non si capisce per quale motivo, visto che l’igiene degli alimenti è una materia come un’altra, con difficoltà simili a quella ambientale o all’edilizia, l’operatore dovrebbe essere (o rimanere) a loro dire, ignorante!
Chi scrive, nel corso degli anni e in più occasioni ha avuto modo di assistere nelle aule giudiziarie a confronti, spesso accesi, tra avvocati della difesa e agenti/ufficiali della PM che mettevano spesso in difficoltà i primi in materia ambientale, edilizia e, in alcuni casi, di igiene alimentare!
La professionalità dipende, in sintesi, dalla volontà del singolo operatore di essere all’altezza del lavoro che svolge: come in tutte le realtà, comprese quelle della ASL, è possibile trovare persone preparate ed altre no, lo stesso è per chi ha scelto di lavorare nella Polizia Municipale.Ad avviso di chi scrive, una volta chiarito che i controlli igienici sono anche una nostra competenza (magari fino ad un certo livello, ma comunque una nostra competenza!), quello che conta  e fa la differenza è l’etica professionale, il lavoro concepito come servizio per la collettività, per cui, al modo di pensare di parecchi Dirigenti ASL, anziché mettere i paletti a livello di competenze con argomentazioni spesso discutibili, a discapito della tutela dei consumatori , sarebbe meglio anteporre le problematiche della realtà attuale, dove la carenza di personale fa da padrona in tutte le amministrazioni pubbliche, a discapito della prevenzione che si ottiene esclusivamente con frequenti sopralluoghi presso le attività alimentari.
E’ inutile evidenziare che gli uffici preposti delle ASL, a causa della carenza cronica di operatori, non riescono più a garantire la prevenzione, riducendosi, spesso, ad effettuare sopralluoghi in determinate attività alimentari, nella migliore delle ipotesi, una volta ogni 2-3 anni!
Se nel frattempo l’alimentarista disonesto mettesse in atto pratiche alimentari scorrette, dannose addirittura per la salute dei consumatori, avrebbe comunque la certezza di farla franca!
A tal proposito cito un fatto capitato 2 anni fa nella mia cittadina, che conferma quanto sopra descritto circa la carenza dei controlli da parte della ASL a causa della carenza cronica di personale.
In sintesi : durante un sopralluogo commerciale in un esercizio alimentare, un consumatore mi evidenzia che un determinato tipo di pane, venduto nell’esercizio commerciale e prodotto da un noto fornaio locale, da qualche tempo era troppo “appiccicoso”, e questa particolarità poteva essere constatata anche dopo che erano trascorsi 2-3 giorni dall’acquisto.
Avendo letto in alcuni testi tecnici delle aflatossine, e temendo che la farina fosse stata infettata dall’Aspergillus (un fungo che si riproduce se si verificano determinate condizioni di temperatura e di immagazzinamento del prodotto) o da altri miceti, dopo essere riuscito a procurarmi un filoncino integrale prodotto dal forno in questione ed aver constatato che i sospetti potevano essere realtà, ho avvisato il locale ufficio ASL (Sian) che, prontamente intervenuto, dopo aver fatto analizzare alcuni campioni di farina, confermava quanto da me sospettato circa la contaminazione, intervenendo nei confronti del fornaio (*).
Successivamente, considerato che il produttore della farina incriminata riforniva anche altri forni del comprensorio, gli ispettori d’igiene hanno effettuato altri controlli nelle varie attività riscontrando in alcune  gli stessi problemi.

Nota
(*) Nel caso specifico era stata accertata la presenza del bacillo “Mesentericus vulgaris” che causa il cosiddetto “pane filante”. Il “pane filante” è una delle alterazioni del pane, originata dalla lievitazione di alcuni bacilli sporigeni, tra i quali, appunto,  il Mesentericus vulgaris. Tale bacillo deriva dal frumento troppo umido o da lieviti. Le spore prodotte dal bacillo sono resistenti a temperature anche molto elevate (oltre i 100°C) e per questo motivo il pane, soprattutto se non viene cotto sufficientemente, presenta una mollica dall’aspetto viscido e filante. Quando si verifica la produzione di “pane filante”, si è già in presenza di un inquinamento ambientale e delle attrezzature.

Quanto sopra descritto, anche se riportato come  aneddoto, evidenzia quanto sia importante un controllo continuo delle attività alimentari e la presenza capillare sul territorio! 
 
Non si capisce, quindi, come si possa scegliere, da parte delle ASL ma anche della dirigenza regionale della sanità di tutte le regioni italiane, di ignorare questa problematica, di vitale importanza per la salute dei consumatori (e per le casse del sistema sanitario nazionale), facendo finta di non accorgersi che per come sono ridotte le nostre ASL, è ormai materialmente impossibile tutelare i consumatori con l’esiguo personale alle proprie dipendenze, ostacolando, più o meno velatamente, attraverso discutibili interpretazioni della norma, che come spiegato non hanno peraltro alcun fondamento giuridico, chi da decenni ha garantito e garantisce, con una costante presenza sul territorio, la salute e la sicurezza dei consumatori.

Piero Nuciari

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