Shrinkflation: come ti vendo meno prodotto facendotelo pagare di più!
Lo shrinkflation è una tecnica di vendita alla quale, purtroppo, dovremo abituarci.
E’ un termine che nasce dalla fusione di “shrinkage” (contrazione) e “inflation” (rincaro).
Si tratta di una strategia ingannevole – ma legale (il consumatore viene ‘beffato’ ma non ‘truffato’) – usata dalle aziende per camuffare l’aumento dei prezzi, contando su un consumatore disattento.
Consiste infatti nel mantenere invariato il prezzo della confezione, riducendone però il contenuto.
Attualmente è diffusa tra grandi aziende, sempre pronte ad inventare stratagemmi per guadagnare di più a discapito dei consumatori.
L’Istat ha individuato quasi 10.000 prodotti interessati dalla shrinkflation.
Dicono che sia una conseguenza dell’aumento dei costi di produzione o una risposta alla concorrenza sul mercato; in realtà è solo un modo per penalizzare i consumatori con un inganno visivo. Ci sono vari modi di applicarla ma spesso il processo di riduzione delle dimensioni riguarda beni di largo consumo e non vede coinvolta la dimensione del prodotto ma le unità di quelli inseriti in una confezione e/o la quantità.
La confezione viene venduta allo stesso prezzo, in modo che il cambiamento abbia minore impatto emotivo sul consumatore: se la variazione è minima, a volte neanche lo nota. I risparmi per l’azienda sono abbastanza evidenti, soprattutto ragionando su scala industriale.
Abbiamo le scatole di biscotti che ne contengono meno ma che continuano ad avere la stessa dimensione e lo stesso prezzo.
Se non si legge attentamente l’etichetta, spesso il consumatore non nota la differenza.
Ma biscotti non sono gli unici prodotti che hanno subito tagli mantenendo stesso formato e prezzo.
Abbiamo ad esempio la riduzione del numero di fazzoletti in un pacco, dei grammi contenuti in un barattolo di cioccolato, nelle confezioni di pasta, nel miele, nella marmellata e nelle bustine di zucchero, la quantità di prodotto presente nelle confezioni di beni per la cura della casa e l’igiene personale, come detersivi, dentifrici, carta igienica e shampoo.
Bottiglie di olio di oliva che un tempo erano tutte da litro e che ora contengono 750 cl, le cui dimensioni, però sono rimaste uguali.
Bottiglie di passata di pomodoro di marca che da 1 litro sono scese a 750 ml e ora (qualcuna) a 620 ml.
Il fenomeno è diventato così importante che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) sta monitorando il fenomeno per verificare eventuali violazioni al Codice del Consumo, in materia di pratiche commerciali scorrette e scarsa trasparenza.
In pratica lo shrinkflation aumenta il costo della vita e chi pagano sono sempre e solo i consumatori.
E’ una pratica che ormai ha preso talmente piede nel nostro Paese che non può essere fermata dall’Autorità perché di fatto si agisce al limite della legge.
Su tutte le confezioni sono presenti comunque le indicazioni del peso reale o delle quantità di prodotto presenti. Purtroppo le industrie contano sul fatto che il consumatore, vedendo le stesse confezioni degli anni precedenti, non ci fa caso e continua a comprare.
Per una famiglia media già vessata dalle speculazioni governative sui carburanti, è l’ennesimo salasso ad opera di altri “furbi” che stanno anche loro approfittando della situazione di sbando del nostro Paese.
Cosa fare allora per tutelare i consumatori?
Data per scontata la buona fede dei commercianti, occorre a mio avviso agire sull’obbligo previsto dall’art. 14 del Codice del Consumo di indicare il prezzo dei prodotti rapportato all’unità di misura.
L’art. 14 del D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo), al punto 1 recita:
“Al fine di migliorare l’informazione del consumatore e di agevolare il raffronto dei prezzi, i prodotti offerti dai commercianti ai consumatori recano, oltre alla indicazione del prezzo di vendita, secondo le disposizioni vigenti, l’indicazione del prezzo per unità di misura. Il prezzo per unità di misura non deve essere indicato quando e’ identico al prezzo di vendita. Per i prodotti commercializzati sfusi e’ indicato soltanto il prezzo per unità di misura. La pubblicità in tutte le sue forme ed i cataloghi recano l’indicazione del prezzo per unità di misura quando e’ indicato il prezzo di vendita. Il codice non si applica ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizi, ivi compresa la somministrazione di alimenti e bevande, ai prodotti offerti nelle vendite all’asta e agli oggetti d’arte e d’antiquariato”.
Conseguentemente, durante i controlli, è importante verificare che oltre al prezzi del prodotto, sia indicato in modo ben visibile il prezzo per unità di misura.
Questo è un obbligo in capo al commerciante previsto dal Codice del Consumo.
Per i contravventori le sanzioni sono previste dall’art. 22 del D.Lgs. n 114/98.
“Chi viola le disposizioni di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 516 ad euro 3.098. L’autorità competente è il Sindaco del comune nel quale le contravvenzioni hanno avuto luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti.”
Piero Nuciari
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