Somministrazione di alcolici ai maggiori di anni 16 nei Pubblici Esercizi: la legge dice si, i ministeri dicono no
Negli ultimi anni i cittadini italiani che seguono con una certa attenzione l’evoluzione normativa del nostro Paese, hanno notato che in parecchie occasioni, dopo l’uscita di leggi di una certa importanza, i ministeri competenti hanno successivamente diramato circolari o, addirittura, pareri, con i quali hanno spesso cambiato il senso della norma tentando di ufficializzare una determinata “indicazione interpretativa”, tesa a rimediare a qualche “svista” del legislatore, come se fosse prevista dalla legge, violando il principio della gerarchia delle fonti del diritto il quale prevede che una norma di grado inferiore non può modificare o abrogare una norma giuridica di grado superiore.
Questo malcostume, tutto italiano, si è ripresentato l’ennesima volta con la risoluzione n. 18512, del 4 febbraio 2013, diffusa dal Ministero dell’Interno con la quale viene confermato e ulteriormente chiarito quanto sostenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico con la nota n. 4563, dell’11 gennaio 2013, in materia di divieto di vendita di bevande alcoliche ai minori (D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito con legge 8 novembre 2012, n. 189 – Art. 7, comma 3-bis ).
Come si ricorderà, l’articolo 7, del DL 13/09/2012, n. 158, con il comma 3-bis, aveva introdotto l’articolo 14-ter nella legge 30 marzo 2001, n. 125, prevedendo il divieto di vendita di alcolici ai minori di anni 18.
Sempre con l’articolo 7, ma al comma 3-ter, era stato introdotto un secondo comma all’articolo n. 689 del CP, con il quale il legislatore aveva previsto che :
“La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi pone in essere una delle condotte di cui al medesimo comma, attraverso distributori automatici che non consentano la rilevazione dei dati anagrafici dell’utilizzatore mediante sistemi di lettura ottica dei documenti. La pena di cui al periodo precedente non si applica qualora sia presente sul posto personale incaricato di effettuare il controllo dei dati anagrafici.
Se il fatto di cui al primo comma e’ commesso più di una volta si applica anche la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 25.000 euro con la sospensione dell’attività per tre mesi“.
E’ da evidenziare che il legislatore – pur potendolo fare – non ha assolutamente modificato il contenuto del primo comma dell’articolo 689 CP (portare a 18 anni il divieto previsto per i minori di anni 16), nonostante che alcuni disegni di legge depositati in Senato negli ultimi tempi (atto n. 3466, a firma dei sen. Poli Bortone e Castiglione, disegno di legge 1444, etc.) prevedessero la modifica dell’articolo per portare il divieto di somministrazione ai minori degli anni 18.
Il I° comma dell’articolo 689 CP, attualmente in vigore, recita:
“L’esercente un’osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o di bevande, il quale somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcooliche a un minore degli anni sedici, o a persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un’altra infermità, è punito con …. [omissis]”
Più che una “svista”, ad avviso di chi scrive vi è forse stata una precisa volontà politica di non modificare il suddetto comma, lasciando la possibilità di somministrazione di bevande alcoliche ai maggiori di anni16, per non danneggiare ulteriormente le attività dei Pubblici esercizi, ben sapendo che in capo ai gestori vige comunque l’obbligo previsto dalla legge (art. 691 CP) di non somministrare alcolici ad avventori in stato di manifesta ubriachezza.
Diverso il discorso di vendita per asporto dove, se effettuata al minore, non vi sarebbe alcuna possibilità di controllo, da qui l’obbligo della maggiore età previsto dall’ articolo 7, del DL 13/09/2012, n. 158.
Quanto riportato resta comunque un’opinione, visto che per risalire alla volontà del legislatore occorrerebbe consultare gli atti preparatori della legge che allo stato attuale sono quasi irrintracciabili.
Se andiamo ad analizzare i pareri espressi sull’argomento dal Ministero dell’Interno e da quello dello Sviluppo economico, possiamo vedere che la loro interpretazione si basa sul significato della parola “vendita” e sull’evoluzione che questa, a loro dire, ha avuto nel corso degli anni.
Secondo la risoluzione del Mise del 4 Febbraio scorso, il legislatore con il termine “vende” voleva sicuramente intendere “fornire” bevande a soggetti minori degli anni 18, “senza distinguere tra vendita somministrazione o consumazione; ovvero che non può esserci alcuna differenza tra il mettere a disposizione del cliente minore di età la bevanda alcolica in bar o nel negozio e quindi tra somministrazione e vendita”.
Davanti a questa affermazione, la domanda che sorge spontanea è la seguente: considerato che la vendita e la somministrazione configurano due fattispecie distinte e separate anche sotto i profili fiscali, essendo la prima una cessione di beni e la seconda una prestazione di servizi, perché il legislatore non ha usato esplicitamente il termine “ fornire”?
Leggere una norma pensando che ogni verbo che pronunciamo potrebbe essere stato inserito erroneamente perché, forse, se ne voleva inserire qualche altro, non dà sicuramente certezza al diritto!
Possibile che con tanti dirigenti plurilaureati e super pagati che lavorano nel Ministero, nessuno si sia accorto, durante la fase di creazione della legge, dell’errato inserimento nel testo del verbo “vendere” anziché del verbo “fornire”?
Forse in pochi si sono resi conto che…
Davanti a questa presa di posizione ufficiale da parte dei due Ministeri competenti, le cose si complicano enormemente per tutti: Forze dell’Ordine da una parte e gestori dei pubblici esercizi dall’altra.
Le Forze dell’Ordine, chiamate a garantire il rispetto della Legge, dovranno applicare i contenuti del DL 13/09/2012, n. 158, convertito nella legge 8 novembre 2012, n. 189, che, come già evidenziato, non ha ufficialmente modificato il divieto di somministrazione di alcolici ai minori degli anni 16 previsto dall’art. 689 del Codice Penale.
Per impedire che un barista somministri birra ad un diciassettenne, per quanto descritto fino ad ora, potranno basarsi non su una legge, né su una giurisprudenza consolidata, ma su un semplice parere di due Ministeri!
Decisamente poco come supporto normativo!
Ma vediamo cosa potrebbe accadere nell’ipotesi in cui sanzionassero il barista di prima.
Visto l’importo della sanzione, questi ricorrerà sicuramente al Giudice di Pace e a questo punto l’Amministrazione dalla quale dipendono gli Agenti dovrà sperare che il Giudice la pensi come il Ministero, perché, altrimenti, applicando alla lettera la legge, il barista vincerà la causa e l’Amministrazione sarà condannata al pagamento delle spese processuali!
Conoscendo come lavorano i Giudici di pace, l’ipotesi appena descritta potrebbe essere alquanto realistica!
Quanto sopra descritto evidenzia ancora una volta la distanza abissale che esiste tra chi fa le leggi nel nostro Paese e chi le applica nel quotidiano.
Nel caso appena analizzato sarebbe stato molto più saggio prevedere la modifica del I° comma dell’art. 689 CP in una delle leggi di prossima uscita, anziché scrivere pareri destinati solo a creare scompiglio e confusione tra gli operatori commerciali e il personale addetto al controllo.
In questo modo si sarebbe risparmiato tempo, denaro e, soprattutto, lo Stato avrebbe riguadagnato un pizzico di credibilità da parte delle Forze dell’Ordine.
Piero Nuciari
Le risoluzioni Ministeriali
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