Somministrazione e vendita di alcool ai minori di anni 16: il parere del Ministero dell’Interno
E’ stato recentemente reso noto il parere del Ministero dell’Interno, rilasciato alla Prefettura di Milano il 24 Marzo 2009, con il quale viene precisato che il Prefetto, ai sensi dell’articolo 2 del TULPS, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha la facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili di divieto di vendita di alcolici ai minori di anni 16 per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Leggendo attentamente il parere, non si può non notare la contraddizione presente in premessa, laddove le varie associazioni che hanno chiesto un parere sulla possibilità e/o divieto di vendita e somministrazione di bevande alcoliche ai minori di anni 18, hanno ricevuto una risposta riguardante esclusivamente il divieto di vendita e/o somministrazione ai minori di anni 16, divieto peraltro già previsto dall’articolo 689 del Codice Penale.
In questo parere il Ministero non ha fatto altro che riprecisare la normativa e la giurisprudenza che attualmente vietano la vendita e/o la somministrazione ai minori degli anni 16, senza aggiungere nulla di nuovo che già gli addetti ai lavori non conoscessero.
Non si comprende quindi l’entusiasmo che traspare negli articoli pubblicati sull’argomento dai media, visto che “non c’è nulla di nuovo sotto il sole”!
Attualmente il fenomeno dell’alcolismo giovanile può essere arginato solamente con le ordinanze, (come quella di Milano del 2009), che negli ultimi due anni sono state adottate da molti comuni a livello nazionale, forzando palesemente la legge.
In pratica, a causa di un vuoto normativo, i primi cittadini, per tutelare i giovani e la collettività in genere, sono stati costretti a violare la legge emanando atti palesemente viziati che non rispettano il principio della gerarchia delle fonti del diritto.
Anche se l’iniziativa è encomiabile, resta difficile capire come queste ordinanze possano essere applicate, visto che il divieto di somministrazione di bevande alcoliche ai minori è già previsto dall’art. 689 del Codice Penale.
Tale articolo, come si ricorderà, vieta la somministrazione di bevande alcoliche a:
– minori degli anni 16;
– persona che appaia affetta da malattia mentale;
– persona che si trovi in condizioni di manifesta deficienza psichica a causa di altre infermità.
Per i contravventori lo stesso articolo prevede la sanzione dell’arresto fino a un anno.
Il “Principio di specialità” previsto dall’art. 9, della L. 24/11/81 n. 689, stabilisce che “quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale” .
Alla luce di quanto sopra, prevedendo entrambe le norme, quella amministrativa del Comune (Ordinanza) e quella penale (Art. 689 C.P.), lo stesso divieto (pur con sanzioni differenti), in base alla legge sulla depenalizzazione (Legge n. 689/81) e il principio della gerarchia delle Fonti del Diritto, la sanzione per chi somministra bevande alcoliche ai minori è senz’altro quella penale (arresto fino ad un anno).
A una lettura attenta dell’Ordinanza del Comune di Milano, per citare quella che ha fatto più notizia, nonostante che in premessa venga comunque citato l’art. 689 del Codice Penale, appare evidente la contraddizione che potrebbe rendere questa e tutte quelle emanate in campo nazionale, inapplicabili al primo ricorso davanti al Giudice competente.
Nella stesura dell’atto, esiste di fatto una forzatura del Diritto, rilevata peraltro anche dalla FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), nella circolare n. 44 del 15 Luglio 2009.
Nella circolare viene infatti evidenziato che : “[omissis]… non si ritiene legittimo il provvedimento amministrativo con il quale si arriva a prevedere una sanzione pecuniaria per una condotta già colpita con sanzione penale e che, comunque, viene ad incidere su una fattispecie disciplinata da norma penale …[omissis]”.
D’altronde l’applicazione del Codice Penale avrebbe avuto sicuramente effetti dirompenti nei confronti dell’opinione pubblica, dei consumatori e, soprattutto, dei commercianti.
Nel caso di condanna, per il disposto dell’articolo 71, comma 2, del D.Lgs. 59/2010, perderebbero i requisiti morali subendo la sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio per cinque anni!
A questo punto viene spontaneo chiedersi il perché Milano e gli altri comuni che hanno adottato simili ordinanze non abbiano applicato la norma penale.
Conclusione
Comuni che emanano ordinanze in contrasto con la legge, un Ministero che “ricorda” ai Prefetti che “è loro facoltà” (notare: “è loro facoltà” e non “debbono”!) adottare provvedimenti già previsti dal Codice Penale, Giudici che condannano persone senza prove e/o per il solo sospetto… stiamo di fatto assistendo a un collasso del nostro Stato di Diritto, senza che nessuno intervenga in suo soccorso.
Nel secolo scorso i francesi dicevano che l’Italia non era un “Paese povero”, ma un “Povero Paese”…
A conti fatti, considerato lo sfascio al quale stiamo assistendo, forse avevano ragione!
Piero Nuciari
Allegato:
Il parere del Ministero dell’Interno
(Documento proveniente dal sito: www.marilisabombi.it)
Views: 444