Pratica operativa

Un caso pratico: rinvenimento durante un sopralluogo commerciale presso un esercizio di vicinato cinese del settore alimentare di alcune confezioni di datteri di mare salati

Se vi è mai capitato di effettuare un controllo presso esercizi commerciali alimentari cinesi, sicuramente avrete sperimentato il disorientamento che si prova, soprattutto perché viene spontaneo confrontare la merce, l’ordine e l’igiene, con gli esercizi commerciali alimentari del nostro Paese.
Ad eccezione di qualche attività non si può non notare come il disordine e la sporcizia regnino sovrani.
Parlando con i titolari delle attività, è difficile non chiedersi come abbiano fatto queste persone ad ottenere l’abilitazione professionale prevista dall’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 114/98, visto che chi ha sostenuto l’esame difficilmente parla italiano.
A parte i problemi igienici riscontrabili, la cosa che colpisce è il modo disordinato in cui vengono tenuti i prodotti, l’assenza dei prezzi e, soprattutto, la presenza di confezioni di alimenti, con ovvie scritte cinesi, che riportano una targhetta adesiva, spesso incompleta, con un’approssimativa traduzione in italiano degli ingredienti.
Questa targhetta, in genere, riporta anche la data di scandenza del prodotto, stampato in originale sulla confezione, in caratteri cinesi.
Ultimamente i Nas, gli Ispettori veterinari delle ASL e il Corpo Forestale dello Stato (CITIES), stanno provvedendo a sequestrare le confezioni denominate “datteri di mare”, di provenienza cinese, che altro non sono che molluschi bivalvi in scatola.
Se durante un controllo commerciale dovesse cadere la vostra attenzione su una di queste confezioni, riportiamo l’elenco di  tutte le procedure e sanzioni che è possibile  comminare:

1- molto spesso la targhetta adesiva in lingua italiana non contiene l’indicazione del metodo di produzione del pescato

Violazione: art. 1, comma 2, lettera b) D.M. 27/03/02

2 – oltre all’indicazione del metodo di produzione in genere manca anche la zona di provenienza del pescato

Violazione: art. 1, comma 2, lettera c) D.M. 27/03/02

3 – In base ad accertamenti effettuati  sul medesimo prodotto da laboratori pubblici per conto di altre forze di polizia, è emerso che i suddetti “datteri di mare salati” altro non sono che esemplari della specie “Sinonovacula constricta”, famiglia Pharellidae, Ordine Veneroida, e NON quello che dovrebbero invece essere, e cioè appartenenti alla specie Lithophaga lithophaga, denominato “dattero di mare” dal D.M. 25 Luglio 2005, allegato A, specie peraltro di cui è vietata la pesca, la detenzione, il trasporto e il commercio ai sensi di: Convenzioni Internazionali (CITES o Convenzione di Washington ratificata con la legge 19/12/1975, n. 874 e disciplinata con la Legge 07/02/1992, n. 150, dal DM MIPAF 16/10/1998 e da diverse Direttive e Regolamenti comunitari.
 

Naturalmente quanto affermato al punto 3 può essere accertato solo a seguito di apposita analisi di campioni prelevati dalle confezioni effettuata da laboratori preposti della ASL o convenzionati.
Conviene quindi chiamare l’Ufficio veterinario della ASL per il prelievo e le analisi di un campione di prodotto.
Nel caso fosse accertato quanto sopra, è possibile procedere nei confronti dei commercianti e degli obbligati in solido in base all’art. 56 e 515 del Codice penale.

Nota
L’art. 56 c.p. disciplina il tentativo di commettere un delitto (reato), nel senso che l’autore risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica. L’art. 515 c.p. disciplina la frode nell’esercizio del commercio che si realizza da parte di chi, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita. Per tale reato, è prevista la reclusione fino a due anni o la multa fino a lire quattromilioni.
La condanna per l’art. 515 c.p., come risaputo, intacca i cosiddetti “requisiti morali” prescritti dall’art. 5, comma 2, D.Lgs 114/1998 che di seguito si riportano:
Requisiti morali

  1. Dichiarazione di fallimento
  2. condanna per delitto non colposo, accertata con sentenza passata in giudicato, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata in concreto una pena superiore al minimo edittale
  3. condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti contro la pubblica amministrazione (da art. 314 a art. 360 c.p.: Tit. II Lb. II c. p; per uno dei delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio (da art. 499 a art. 518 c.p.; Tit. VIII Lb. II c.p.); per ricettazione (art. 648 c.p.), riciclaggio (art. 648bis c.p.), emissione di assegni a vuoto (Legge 386/1990; D. Lgs. 507/1999), insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.), bancarotta fraudolenta (art. 216, 223, 227 L. Fall.), usura (art. 644 c.p.), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.), rapina (art. 628 c.p.)
  4. due o più condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria riportate nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, accertate con sentenza passata in giudicato, per commercio di sostanze contraffatte o adulterate (art. 442 c.p.), commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.), turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 c.p.), illecita concorrenza in attività commerciale con minaccia o violenza (art. 513bis c.p.) frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.) vendita di sostanze alimentari non genuine (art. 516 c.p.), vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.) o per frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi speciali
  5. applicazione di:
    • una delle misure di prevenzione di cui alla L. 27/12/1956 n. 1423
    • una delle misure di prevenzione di cui alla L. 31/05/1965, n. 575

 

  1. dichiarazione di delinquenza abituale (artt. 102 e 103 c.p.), professionale (art. 105 c.p.) o per tendenza (art. 108 c.p.).

Il divieto di esercizio permane per cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è scontata o si sia in altro modo estinta o, qualora vi sia stata la sospensione condizionale della pena, da quando si è avuto il passaggio in giudicato della relativa sentenza.

La riabilitazione in ambito civile o penale fa venir meno il divieto all’esercizio dell’attività

 

4 – rinvenimento di materiale vegetale all’interno delle confezioni, non elencato tra gli ingredienti

 

Se durante le analisi fatte da laboratori della propria ASL dovesse essere riscontrata all’interno delle confezioni la (probabile à perché già accertata da altre Forze di Polizia) presenza di materiale vegetale, non dichiarato in etichetta, è possibile elevare una sanzione per la violazione dell’art. 5 del D.Lg.. 109/92

 

5 – periodo di validità del prodotto (1 anno) e dicitura riportata in etichetta che l’alimento può essere conservato in un ampio intervallo di temperature “a 10° C da -18°C ”

Questa dicitura lascia ipotizzare la possibile presenza di conservanti non riportati in etichetta.
Considerato che questo intervallo di temperature (da + 10 ° C a – 18 °C) è alquanto anomalo, e che le confezioni vengono lasciate sugli scaffali a temperatura ambiente (circa 20 ° C nel periodo invernale e 30 °C nel periodo estivo) è possibile contestare la violazione dell’art. 5/b della L. 283/62 (merce in cattivo stato di conservazione).
Inoltre, ma solo a seguito di accertamento mediante esami chimici del prodotto, occorrere verificare la presenza di probabili conservanti non dichiarati.

Nota
Il dubbio è che vengano utilizzati conservanti tossici (in grandi quantità) per conserve ittiche.
Esistono infatti conservanti antimuffe (E 214 – E 215 – E 216 – E 217 – E218 – E 219) che se assunti in forti dosi presentano un potenziale rischio per la salute umana.
Nelle persone predisposte (asmatici, ipersensibili all’aspirina, sofferenti di orticaria e bambini piccoli), possono scatenare reazioni allergiche e possono indurre addirittura disturbi neurologici.

Se dovesse essere accertata la presenza di questi additivi o di sostanze diverse, elencate nel D.Lgs. n. 114/2006 (disciplinante le modalità di etichettatura dei prodotti allergeni) è possibile sanzionare l’alimentarista per la violazione dell’art. 5, in riferimento all’art. 18, del D.Lgs. 109/92.
 

Nota
Il D.lgs. 114/2006, come si ricorderà,  introduce l’obbligo di indicare in etichetta gli allergeni presenti in un prodotto alimentare
E’ da evidenziare che la  “regola del 25%”, in ragione della quale era consentito astenersi dall’enumerazione dei singoli ingredienti che compongono i cosiddetti “ingredienti composti”, quando essi non superassero il 25% del prodotto finito (es. ingrediente composto “cioccolato” nel prodotto finito “biscotto al cioccolato”) è stata abolita dal suddetto Decreto. 

Conclusione
Negli ultimi tempi, a causa della grande immigrazione che sta subendo il nostro Paese, si sta registrando una vera e propria invasione dei nostri mercati di prodotti di qualità scadente, provenienti soprattutto dalla Cina, che oltre a danneggiare pesantemente il commercio nazionale, costituiscono un concreto pericolo anche per la salute dei consumatori.
Purtroppo, dalla clonazione delle autovetture, dei prodotti griffati e dei macchinari, si sta passando alla “clonazione” della frutta, degli ortaggi e degli alimenti in genere, realizzata utilizzando spesso sostanze tossiche, bandite in Europa  da decenni.
La commercializzazione di questi prodotti, peraltro, avviene omettendo di rispettare le normative in vigore emanate a tutela dei consumatori.
Il compito della polizia municipale in queste circostanze è fondamentale, perché attraverso i controlli commerciali è in grado di ostacolare  e contrastare – applicando esclusivamente la normativa igienico/annonaria – questi nuovi commercianti senza scrupoli che lentamente e in maniera semiclandestina stanno invadendo il nostro Paese.
                                                                                                           Piero Nuciari

 

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