Vendita del miele: le potenziali frodi commerciali
Forse Pitagora esagerava a considerarlo l’elisir di lunga vita, ma di certo il miele è un ottimo alleato per la salute e per la nostra economia.
I 50 mila apicoltori registrati in Italia, nel 2013 hanno dato vita ad un giro d’affari legato alla produzione di miele, cera, polline e altri prodotti apistici che si aggira intorno ai 65 milioni di euro; nonostante questo, il nostro Paese, per sopperire alle esigenze del mercato interno, deve importare circa il 50% di questo alimento.A livello internazionale il miele italiano è considerato di qualità, ma la carenza produttiva interna, in diversi casi scoperti dai NAS, ha dato vita negli ultimi anni a consistenti frodi commerciali.
I commercianti disonesti sfruttano il nome, la provenienza o una determinata località per vendere miele letteralmente “allungato” con acqua o altre sostanze, in contrasto con quanto previsto dall’art. 4, del D.Lgs. 179/2004, che vieta di aggiungere al miele, immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano, qualsiasi ingrediente alimentare, ivi compresi gli additivi, ed effettuare qualsiasi altra aggiunta se non di miele.
Dal punto di vista normativo, la materia è disciplinata dal Decreto Legislativo 21 maggio 2004 n. 179, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 168, del 20 luglio 2004, che ha dato attuazione alla direttiva 2001/110/CE, concernente a produzione e commercializzazione di questo prodotto.
Il succitato decreto legislativo ha abrogato la precedente normativa nazionale costituita dalla legge 12 ottobre 1982 n. 753 e successive modifiche ed integrazioni.
La circolare del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali n. 1, dell’8 Marzo 2005, emanata per chiarire alcune problematiche emerse con l’entrata in vigore di questa nuova normativa, ha stabilito che è consentita la dicitura “millefiori”, la quale in un primo tempo sembrava vietata, mentre ha confermato il divieto di utilizzo dei termini «miele di montagna», «miele di prato» e «miele di bosco», poiché i termini «montagna», «prato» e «bosco», come tali sono contrari allo spirito della normativa, visto che non si riferiscono nè a specifiche origini floreali o vegetali, nè a regioni o territori o luoghi precisamente individuati.
Altre indicazioni consentite sono:
miele di nettare, miele di fiori, miele di acacia, miele di castagno, miele dell’Appennino tosco-emiliano, miele delle montagne liguri, miele scolato, miele centrifugato.
E’ da evidenziare che le denominazioni riguardanti l’esaltazione della qualità, come “miele puro di api”, “miele vergine integrale”, “miele naturale”, “miele purissimo”, “miele extra” e simili non sono ammesse.
La normativa in vigore disciplina anche l’etichettatura.
Sull’etichetta la cifra del peso netto va seguita dal simbolo g senza il punto. Per le confezioni superiori ad un chilo va invece indicata in Kg senza il punto; l’indicazione “ peso netto” non è obbligatoria ma nemmeno vietata.
Riguardo al peso la tolleranza di errore ammessa è del 3% per le confezioni fino a 250 g, del 2% fino a 1000 g e dell’1% da 1000 a 5000 g.
Le gamme CE di peso per il miele non sono prescritte.
Esempi di indicazioni corrette sono: 500 g, 1000 g, 5 Kg .
La rintracciabilità del miele
La normativa in vigore prevede che non è obbligatorio indicare il numero di lotto se nella confezione viene indicata una data espressa con giorno, mese ed anno.
Il lotto, che può essere indicato con una sigla di sole lettere o soli numeri o lettere e numeri (alfanumerico), deve essere preceduto dalla lettera “L”.
Esempio: “L 150/06”, “L ag 302” ,“L caDs”.
Cosa deve contenere l’etichetta
In base alla direttiva 2001/110/CE e al D.Lgs. 179/2004, la confezione di miele deve riportare in etichetta l’indicazione del paese d’origine o, in alternativa, se è frutto di una miscela di mieli.
Se il miele è originario di più Stati membri o Paesi terzi l’indicazione può essere sostituita, a seconda del caso, da una delle seguenti:
1) «miscela di mieli originari della CE»;
2) «miscela di mieli non originari della CE»;
3) «miscela di mieli originari e non originari della CE»;
Le denominazioni possono essere completate da indicazioni che fanno riferimento:
1) all’origine floreale o vegetale, se il prodotto è interamente o principalmente ottenuto dalla pianta indicata e ne possiede le caratteristiche organolettiche, fisico-chimiche e microscopiche;
2) all’origine regionale, territoriale o topografica, se il prodotto proviene interamente dall’origine indicata;
3) a criteri di qualità specifici previsti dalla normativa comunitaria;
4) la data di consumo preferenziale (anche il miele, infatti e contrariamente ad un radicato pregiudizio popolare, invecchia e degrada, come peraltro tutti i prodotti naturali).
Le principali frodi commerciali
Senza passare attraverso il laboratorio chimico, con dei semplici stratagemmi è possibile verificare se il miele che acquistate è puro, è stato adulterato in qualche modo oppure presenta un alto livello di umidità.
Vediamo come:
1) prova dell’acqua
Mettere un cucchiaino di miele in un bicchiere d’acqua.
Una volta nell’acqua, il miele puro deve rimanere solido e non si deve sciogliere
2) prova dell’aceto
La prova consiste nel mescolare del miele con un po’ d’acqua e 4-5 gocce di aceto.
Se la miscela produce schiuma, il prodotto potrebbe essere alterato con del gesso.
3) prova del fiammifero
Con un fiammifero cercate di bruciare il miele. Se prende fuoco e brucia è puro, altrimenti vuol dire che contiene acqua e, quindi, è di scarsa qualità.
4) prova dello iodio
La prova consiste nel mescolare del miele con un po’ d’acqua e alcune gocce di iodio.
Se la soluzione diventa di colore blu, il miele è stato adulterato con farina o amido.
5) verifica adulterazione con acqua
Per verificare se il miele è stato allungato con acqua, provate ad immergere un pezzo di pane vecchio e duro in un bicchiere dove avete versato del miele.
Se dopo 10 minuti il pane continua ad essere duro il miele è puro, altrimenti, se si ammorbidisce, vorrà dire che è stato allungato con acqua.
Queste appena descritte sono “prove casalinghe” (fonte: http://viverepiusani.com) che hanno una valenza scientifica ma non legale.
Non possono quindi essere utilizzate per sanzionare ma costituiscono solo l’input per analisi chimiche più approfondite del prodotto.
Esistono tuttavia altre frodi più sofisticate, nei confronti delle quali il cittadino o l’agente di PG possono fare ben poco per la loro individuazione.
Le principali sono la vendita di miele straniero spacciato per miele italiano e la vendita dei mieli monoflora non corrispondenti in tutto o in parte al dichiarato.
L’unico modo per scoprirle è l’analisi melissopalinologica, che rappresenta l’unica soluzione oggettiva che permetta di avere informazioni relative all’origine botanica e geografica di un miele.
Anche la contraffazione con dolcificanti è difficilmente rintracciabile.
Questa contraffazione consiste nell’alimentare le api con sciroppo di zucchero, melasso, zucchero di canna ecc. durante il periodo di flusso del nettare o estraendo covata contenente api alimentate con miele alterato.
E’ da evidenziare che il miele alterato con dolcificanti può essere individuato solo mediante microscopio, risonanza magnetica nucleare o con spettroscopi a infrarossi.
Inutile dire che, vista la difficoltà delle analisi, i produttori disonesti sono destinati a farla franca!
Un altro tipo di adulterazione, anche questa difficilmente accertabile se non mediante analisi chimiche del prodotto, è l’aggiunta di sciroppi di produzione industriale.
L’industria agro-alimentare moderna, infatti, produce oggi sciroppi con composizione zuccherina che può anche essere praticamente identica a quella del miele. Questi sciroppi vengono largamente utilizzati nell’industria alimentare e delle bevande. Vengono prodotti a partire dall’amido del mais o di altri cereali per mezzo di una trasformazione chimica ed enzimatica (idrolisi), che ne trasforma gli zuccheri in modo da ottenere un elevato contenuto di fruttosio; successivamente vengono purificati e decolorati.
E’ inutile dire che più andiamo avanti e più le frodi commerciali alimentari aumentano.
Ogni giorno sui media compaiono articoli di frodi, truffe e adulterazioni alimentari scoperte dalle Forze dell’Ordine ai danni dei consumatori.
Per il vile denaro (e solo per quello), commercianti disonesti, approfittando di una normativa antiquata e di una giustizia che non funziona, attentano quotidianamente alla salute dei cittadini, con la complicità dei politici eternamente impegnati nei loro giochi di potere.
Davanti a questo, eccetto qualche caso isolato, anche le Forze dell’Ordine appaiono impotenti.
Per la miopia del Ministero della Sanità, infatti, manca in Italia un coordinamento di interventi tra Forze di Polizia (Carabinieri, Polizia Municipale, etc.) e le ASL.
Ad eccezione di qualche comune romagnolo dove questa realtà esiste e dove viene fatta realmente prevenzione con controlli periodici, per il resto dell’Italia, dal punto di vista dei controlli igienico-annonari, si registra una vera e propria latitanza della Pubblica Amministrazione.
Dato che la Speranza è l’ultima a morire, l’unica cosa che il cittadino può fare è sperare che nelle prossime elezioni amministrative ed europee, i nuovi eletti capiscano l’importanza della tutela della salute dei cittadini e decidano di intervenire con leggi appropriate.
…Per adesso, in Italia, sperare è ancora lecito…
Piero Nuciari
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